La rivoluzione digitale in medicina sta aprendo la strada a nuove
opportunità e miglioramenti significativi nei livelli di assistenza,
permettendo risparmi e ottimizzando il lavoro di medici e infermieri.
C’è però il rovescio della medaglia, secondo l’Ufficio europeo
dell’Oms, milioni di persone rischiano di rimanere escluse dalle
tecnologie. In occasione del Symposium on the Future of Health
Systems in a Digital Era in the European Region, tenutosi a Porto, è
stato lanciato l’allarme riguardo alla necessità di superare il cosiddetto
digital divide, per garantire il diritto alla salute.
Hans Henri Kluge, direttore dell’Ufficio europeo dell’Organizzazione
mondiale della sanità, ha sollevato interrogativi cruciali sul futuro
digitale della sanità: saranno realmente inclusivi, aperti a tutti, i
benefici derivanti dall’innovazione? Saranno i nostri dati al sicuro e
protetti dalle incursioni degli hacker che già oggi stanno
saccheggiando i database di mezzo mondo? Qual sarà l’impatto
sull’organizzazione del personale sanitario? I politici, i burocrati e gli
amministrativi saranno pronti al cambio di mentalità offerto dalla
tecnologia, che richiede flessibilità e pragmatismo, o continueranno a
prevalere le impostazioni ideologiche che finora hanno di fatto
ingessato i tentativi di resettare il sistema?
Un rapporto presentato durante l’evento, intitolato ‘Digital health: the
ongoing journey to commitment and transformation’, evidenzia che
l’emergenza pandemica ha accelerato la transizione verso la sanità
digitale, ma già si avvertono tentativi di fare retromarcia e tornare alle
origini anziché fare tesoro degli insegnamenti dettati dall’esperienza.
Attualmente, l’83% dei Paesi della Regione europea dell’Oms ha un
programma per la digitalizzazione della sanità e il 77% dispone di
un’agenzia dedicata. Inoltre, tutti gli Stati hanno stanziato risorse per
la digitalizzazione, promuovendo pratiche come la telemedicina, il
monitoraggio da remoto dei pazienti, la prescrizione elettronica e l’uso
di sistemi di valutazione a distanza degli esami, come la
teleradiologia.
Tuttavia, il problema principale rimane l’accesso alle nuove
tecnologie. Solo il 52% degli Stati ha sviluppato politiche per favorire
l’alfabetizzazione digitale sanitaria, mentre solo il 56% ha piani per
garantire l’inclusione digitale. Questo divario produce un’improvvida
ironia, poiché spesso le persone con competenze digitali limitate o
assenti sono quelle che potrebbero trarre il massimo beneficio dagli
strumenti e dagli interventi sanitari digitali, come gli anziani, i disabili
o le comunità rurali.
Kluge sottolinea l’importanza di affrontare questo squilibrio per
permettere una trasformazione digitale equa nel settore sanitario. Il
superamento del digital divide diventa quindi una priorità,
permettendo a tutti di poter beneficiare delle innovazioni e delle
opportunità offerte dalla rivoluzione digitale in campo medico.
Per garantire l’inclusione digitale, è necessario che i governi
sviluppino politiche volte all’alfabetizzazione digitale sanitaria,
affrontando le barriere sociali, culturali ed economiche che
impediscono l’accesso alle nuove tecnologie. Inoltre, è fondamentale
garantire la sicurezza e la protezione dei dati personali nell’ambito
della sanità digitale.
La rivoluzione digitale in medicina, insomma, offre possibilità
straordinarie, ma riusciremo a cogliere al volo le opportunità che nel
Nord Europa stanno già cavalcando? L’innovazione funziona se
accompagnata dalla volontà di superare il digital divide garantendo a
tutti l’opportunità di usufruire dei benefici derivanti dalle tecnologie e
dall’intelligenza artificiale. Solo attraverso un approccio inclusivo ed
equo, insomma, potremo veramente sfruttare il potenziale di questa
rivoluzione digitale nel settore della sanità, questo il take home
message conclusivo dell’assise europea dell’Oms sulle tecnologie
emergenti in sanità.