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Welfare aziendale, indagine conoscitiva sui fondi integrativi

Benefit deducibili, quali prospettive per la sostenibilità del sistema?

Benefit deducibili, quali prospettive per la sostenibilità del sistema? Nel welfare aziendale rientrano prestazioni sanitarie che contribuiscono alla sostenibilità del sistema e vengono per questo sgravate dalla defiscalizzazione. Aziende e dipendenti, attraverso un meccanismo di intermediazione assicurativo-finanziaria, possono ottenere vantaggi, ma anche la pubblica amministrazione viene alleggerita da un carico considerevole. Nella selva delle concessioni tuttavia oggi c’è da perdersi. Anche per questo Fondazione Gimbe invoca trasparenza. Durante un’audizione presso la Commissione Affari sociali del Senato, nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sulle risorse integrative dell’assistenza sanitaria in Italia, il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta ha sottolineato come negli anni la deregulation abbia contribuito a trasformare i fondi in strumenti di privatizzazione della sanità.

La Fondazione Gimbe sostiene quindi l’opportunità di un riordino normativo, preferibilmente tramite un testo unico che mette paletti alla sanità integrativa, riconoscendole come compito principale quello di rimborsare prestazioni che esulano dai Livelli essenziali di assistenza, al fine di ristabilire, attraverso l’applicazione puntuale dei Lea, la funzione di supporto al Servizio Sanitario Nazionale. I sostenitori del welfare aziendale, imprenditori e beneficiari, spingono invece sulla flessibilità per superare un sistema socioassistenziale che per certi versi appare ingessato.

Secondo Cartabellotta, le potenzialità dei fondi sanitari nel fornire prestazioni aggiuntive e ridurre la spesa a carico dei cittadini sono sempre più compromesse da una normativa frammentata, incompleta, che ha permesso ai fondi di diventare prevalentemente sostitutivi di prestazioni già incluse nei livelli essenziali di assistenza, mentre usufruiscono delle agevolazioni fiscali.

Le stime di Itinerari Previdenziali indicano che nel 2021 erano attivi 321 fondi sanitari e casse con oltre 15,6 milioni di iscritti. Nel 2022, la spesa sanitaria intermediata da fondi e assicurazioni ammonta a quasi 4,7 miliardi di euro, ma i dati disponibili sono frammentati. Cartabellotta ha pure sottolineato che l’Anagrafe dei Fondi Sanitari Integrativi istituita presso il ministero della Salute è inaccessibile alla consultazione dall’esterno, e il report del ministro si basa su un dataset relativamente limitato. Ecco perché la Fondazione Gimbe invoca un’azione normativa di riordino della sanità integrativa, allo scopo di garantire accessibilità a servizi sanitari di qualità a tutti indistintamente.

Benefit deducibili, quali prospettive per la sostenibilità del sistema? Nel welfare aziendale rientrano prestazioni sanitarie che contribuiscono alla sostenibilità del sistema e vengono per questo sgravate dalla defiscalizzazione. Aziende e dipendenti, attraverso un meccanismo di intermediazione assicurativo-finanziaria, possono ottenere vantaggi, ma anche la pubblica amministrazione viene alleggerita da un carico considerevole. Nella selva delle concessioni tuttavia oggi c’è da perdersi. Anche per questo Fondazione Gimbe invoca trasparenza. Durante un’audizione presso la Commissione Affari sociali del Senato, nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sulle risorse integrative dell’assistenza sanitaria in Italia, il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta ha sottolineato come negli anni la deregulation abbia contribuito a trasformare i fondi in strumenti di privatizzazione della sanità.

La Fondazione Gimbe sostiene quindi l’opportunità di un riordino normativo, preferibilmente tramite un testo unico che mette paletti alla sanità integrativa, riconoscendole come compito principale quello di rimborsare prestazioni che esulano dai Livelli essenziali di assistenza, al fine di ristabilire, attraverso l’applicazione puntuale dei Lea, la funzione di supporto al Servizio Sanitario Nazionale. I sostenitori del welfare aziendale, imprenditori e beneficiari, spingono invece sulla flessibilità per superare un sistema socioassistenziale che per certi versi appare ingessato.

Secondo Cartabellotta, le potenzialità dei fondi sanitari nel fornire prestazioni aggiuntive e ridurre la spesa a carico dei cittadini sono sempre più compromesse da una normativa frammentata, incompleta, che ha permesso ai fondi di diventare prevalentemente sostitutivi di prestazioni già incluse nei livelli essenziali di assistenza, mentre usufruiscono delle agevolazioni fiscali.

Le stime di Itinerari Previdenziali indicano che nel 2021 erano attivi 321 fondi sanitari e casse con oltre 15,6 milioni di iscritti. Nel 2022, la spesa sanitaria intermediata da fondi e assicurazioni ammonta a quasi 4,7 miliardi di euro, ma i dati disponibili sono frammentati. Cartabellotta ha pure sottolineato che l’Anagrafe dei Fondi Sanitari Integrativi istituita presso il ministero della Salute è inaccessibile alla consultazione dall’esterno, e il report del ministro si basa su un dataset relativamente limitato. Ecco perché la Fondazione Gimbe invoca un’azione normativa di riordino della sanità integrativa, allo scopo di garantire accessibilità a servizi sanitari di qualità a tutti indistintamente.

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