Le donne colpite da carcinoma mammario metastatico dovrebbero essere sottoposte a biopsia liquida, esame ormai in grado di svelare mutazioni caratteristiche utili ai fini prognostici e terapeutici, e vanno identificati subito i laboratori per l’esecuzione del test nell’ambito della Rete oncologica regionale. È questa l’indicazione formulata da un panel di esperti che hanno partecipato al progetto Biopsia liquida nel carcinoma della mammella metastatico Er+ / Her2, per la personalizzazione delle cure anticancro.
I progressi nella ricerca clinica e traslazionale hanno consentito di identificare nel sangue delle pazienti affette da cancro della mammella metastatico delle alterazioni genomiche, che sono, da un lato, fattori di resistenza ai trattamenti anti-ormonali convenzionali e, dall’altro, fattori predittivi di risposta a farmaci innovativi. Pertanto, le donne, colpite da carcinoma mammario metastatico, dovrebbero essere sottoposte a biopsia liquida. E’ un esame poco invasivo, in grado di scoprire le mutazioni del DNA di un tumore attraverso le quali è possibile verificare l’efficacia di specifiche terapie innovative. La priorità, secondo un panel di esperti che hanno partecipato al tavolo multidisciplinare laziale del progetto, consiste nell’identificare al più presto i laboratori per l’esecuzione del test.
“La medicina di precisione è una realtà che si sta consolidando in oncologia – sostiene il prof. Paolo Marchetti, Direttore Scientifico IDI-IRCCS -. Abbiamo nuovi strumenti a nostra disposizione che consentono una più accurata scelta dei trattamenti in base alle caratteristiche specifiche del paziente. Esempio emblematico è quello del tumore del seno, una delle neoplasie più diffuse in Italia e in molti altri Stati Occidentali. Oltre il 70% dei casi è positivo ai recettori ormonali e negativo per il recettore HER2 e, all’interno di questo sottogruppo, alcuni carcinomi sviluppano la mutazione ESR1. Questa mutazione può rispondere positivamente ad elacestrant, un degradatore selettivo del recettore degli estrogeni (Serd), che è in grado di migliorare la sopravvivenza libera da progressione. Il nuovo farmaco presenta una scarsa tossicità e può migliorare la qualità della vita del paziente, anche ritardando il ricorso alla chemioterapia; ha inoltre il vantaggio di essere una terapia orale e quindi è una cura “maneggevole” sia per i professionisti sanitari che soprattutto per le donne con tumore”.
“L’eventuale somministrazione della cura dipende dalla biopsia liquida – ricorda Giuseppe Perrone (Direttore UOC Anatomia Patologica – Policlinico Campus Biomedico) -. Il test evidenzia la presenza di mutazioni a carico del gene ESR1 che conferiscono resistenza alle terapie finora utilizzate nei tumori ER+ HER2- e identifica le pazienti che potrebbero rispondere a questa nuova terapia. Perciò il test diagnostico sarà sempre più importante nella gestione clinica di una neoplasia che risulta in crescita in tutta Italia. Per la paziente la biopsia liquida è un semplice prelievo del sangue, come quelli svolti per analisi di routine, ma la tecnologia di analisi diagnostica deve essere effettuata da Anatomie Patologiche e/o Servizi Diagnostici con esperienza specifica e capacità tecnologica, per assicurare ai clinici tutte le informazioni di cui hanno bisogno. La Regione dovrà definire la rete di Anatomie Patologiche e/o Servizi Diagnostici con organizzazione, competenze e strutture opportune per la refertazione di test genomici in oncologia”.
“Ad oggi la Regione non ha ancora identificato un modello organizzativo per lo svolgimento della biopsia liquida nel tumore mammario metastatico – conclude Sara Farchi, rappresentante della Regione Lazio-. La revisione del Percorso Diagnostico Terapeutico del Carcinoma della Mammella, che comprenderà anche la gestione della fase metastatica, dovrà essere lo strumento di programmazione di tale attività in accordo con la normativa vigente”.