Individuare le migliori pratiche, ma anche le criticità nei modelli organizzativi e gestionali, per superare l’attuale frammentazione dell’approccio alle malattie rare a livello nazionale. È questo l’obiettivo degli Stati Generali sulle Malattie Rare organizzati da Motore Sanità presso l’IRCCS Azienda Ospedaliera-Universitaria Policlinico di Sant’Orsola di Bologna. Un evento che ha visto esperti, rappresentanti delle istituzioni e professionisti sanitari mettere a confronto esperienze e strategie con l’obiettivo di costruire un sistema più coeso ed efficace.
Negli ultimi vent’anni, sia a livello nazionale che europeo, sono stati introdotti interventi normativi e strategie mirate per migliorare l’assistenza ai pazienti con malattie rare. Tra i provvedimenti più significativi in Italia, spicca il Decreto Legge 10 novembre 2021 n. 175, che disciplina la cura delle malattie rare e il sostegno alla ricerca sui farmaci orfani, insieme al recente Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2026 e al documento di riordino della rete nazionale. A livello europeo, invece, un ruolo di primo piano è svolto dai 24 European Reference Networks (ERN), avviati tra il 2017 e il 2019, e dalla più recente Joint Action Jardin, partita nel febbraio 2024, con l’obiettivo di integrare gli ERN nei sistemi sanitari dei Paesi membri. Tuttavia, nonostante questi progressi normativi e organizzativi, l’applicazione delle misure resta disomogenea sul territorio italiano.
Gli Stati Generali delle Malattie Rare, nati inizialmente a Padova su impulso dell’Azienda Ospedale-Università locale, hanno assunto un carattere itinerante per favorire un confronto più ampio e costruttivo. La tappa bolognese, realizzata con il contributo incondizionato di Novartis, Biogen e Chiesi, ha visto esperti, amministratori e professionisti sanitari mettere a confronto esperienze e strategie con l’obiettivo di costruire un sistema più coeso ed efficace.

Dalla diagnosi genetico-molecolare alla telemedicina
Nel corso dei lavori, è stata sottolineata l’importanza di una diagnosi genetico-molecolare di precisione dal valore prognostico in famiglie con malattie rare e ultra rare e per l’eventuale eleggibilità a terapie innovative. Si è parlato di modelli di interazione tra genetisti e clinici per i pazienti senza diagnosi e di Malattie Rare Senza Diagnosi (MRSD), con un focus sull’ambulatorio dedicato e la rete nazionale, analizzando l’esperienza del Bambino Gesù. Il confronto è proseguito con una sessione dedicata a genoma e multiomica per la diagnosi e per la terapia. Sono stati presentati modelli di collaborazione tra specialisti per rendere più efficiente il percorso diagnostico e terapeutico. Altro tema centrale, l’organizzazione delle cure intraospedaliere, con particolare attenzione ai percorsi multispecialistici per garantire una presa in carico globale ed efficace dei pazienti con malattie rare e complesse.
È stata inoltre approfondita la delicata fase di transizione dall’età evolutiva all’età adulta, con l’obiettivo di assicurare continuità assistenziale e personalizzazione delle cure. Le nuove tecnologie hanno avuto un ruolo di primo piano, con un focus su televisita, telemonitoraggio e teleriabilitazione, strumenti sempre più essenziali per migliorare l’accesso alle cure. Altro tema fondamentale, il coordinamento tra ospedale e territorio, analizzando modelli di integrazione sanitaria e i risultati raggiunti a livello regionale e nazionale per garantire una continuità dell’assistenza sempre più efficace e capillare.
Il caso dell’Emilia-Romagna e il progetto Paradigm
Le malattie rare colpiscono meno di una persona su duemila, ma rappresentano una sfida significativa per pazienti, famiglie e caregiver. In Emilia-Romagna, al 31 dicembre 2024, risultano in carico al servizio sanitario regionale oltre 59mila pazienti, esattamente 59.546. Il 17,5%, proviene da altre Regioni e arriva in Emilia Romagna per farsi curare nei 18 Centri di riferimento presenti sul territorio. Questo dato, da un lato, conferma l’elevata attrattività della Regione, con un aumento significativo rispetto ai 51.495 pazienti in carico nel 2023, anche grazie ai progressi nelle diagnosi. Ma, dall’altro, conferma l’esistenza di importanti disparità a livello nazionale.
Un esempio dell’eccellenza bolognese nella ricerca sulle malattie rare è il progetto Paradigm, coordinato dall’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola. Questo studio, finanziato con un milione di euro dai fondi del PNRR, mira a individuare variazioni genomiche sconosciute e ad aumentare del 10% il tasso diagnostico di alcune patologie rare dell’occhio. Paradigm si basa sull’analisi di quel 98% di DNA finora considerato “spazzatura” e trascurato dalle indagini genetiche tradizionali. L’obiettivo è sviluppare terapie personalizzate per ridurre l’impatto delle malattie rare degenerative, con strategie come il genome editing o la creazione di mini-organi in vitro per testare i trattamenti. Attualmente, per il 95% delle malattie genetiche rare non esiste una cura definitiva, ma in alcuni casi si stanno sviluppando terapie in grado di rallentarne la progressione e migliorare la qualità della vita. Il Policlinico di Sant’Orsola segue più di 11mila pazienti per circa 225 patologie, confermando il ruolo di Bologna come punto di riferimento nazionale nella ricerca scientifica e nella presa in carico delle persone con malattie rare.