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Biogem coordina un progetto europeo per curare il deficit cognitivo nell’insufficienza renale cronica

Il programma di ricerca, denominato Nutribrain e finalizzato a verificare gli effetti prodotti dagli stili di vita sul declino cognitivo riscontrato in una percentuale rilevante dei pazienti renali cronici, sarà presentato giovedì 8 maggio presso la sede di Biogem, ad Ariano Irpino. Il meeting scientifico sarà introdotto dal presidente dell’Istituto Ortensio Zecchino e impegnerà, lungo tutta la giornata, ricercatori provenienti da diversi centri europei (Polonia, Lituania, Olanda, Svizzera, Francia e Italia) a partire dal professore Carmine Zoccali (Biogem), capofila del progetto.
“Questo programma di ricerca – precisa il professore Giovambattista Capasso, direttore scientifico del centro arianese – è stato approvato e finanziato nell’ambito del programma Horizon Europe 2020-2026, ed è il naturale prosieguo del pioneristico progetto internazionale quadriennale CONNECT, sull’interazione rene-cervello (con Biogem in prima linea)”. “L’obiettivo di questo studio – aggiunge Capasso, anche nella veste di fondatore dell’area di ricerca nefrologica di Biogem – è colmare una grave lacuna clinica. Ad oggi, infatti, non esiste un intervento validato per contrastare il deterioramento cognitivo dei pazienti affetti da insufficienza renale cronica. Lo studio proposto, della durata di tre anni, a partire da questo mese, consisterà in un trial clinico randomizzato di 26 settimane, con un’osservazione post-esperimento di 78 settimane”.

Il decadimento cognitivo nell’insufficienza renale cronica (IRC) è un problema comune e complesso che può avere conseguenze significative sulla qualità della vita dei pazienti.

Cause del decadimento cognitivo nell’IRC

Le cause del decadimento cognitivo nell’IRC sono multifattoriali e possono includere:

  1. Accumulo di tossine: l’insufficienza renale può portare all’accumulo di tossine nel sangue, come l’urea e la creatinina, che possono danneggiare il cervello e influire sulla funzione cognitiva.
  2. Alterazioni del metabolismo: l’IRC può alterare il metabolismo del cervello, influendo sulla produzione di neurotrasmettitori e sulla funzione sinaptica.
  3. Infiammazione cronica: l’IRC può causare infiammazione cronica, che può danneggiare il cervello e influire sulla funzione cognitiva.
  4. Alterazioni della barriera emato-encefalica: l’IRC può alterare la barriera emato-encefalica, permettendo alle tossine di entrare nel cervello e danneggiare la funzione cognitiva.

I sintomi del decadimento cognitivo nell’Insufficienza renale cronica possono includere difficoltà di concentrazione e attenzione, problemi di memoria, dfficoltà di apprendimento e nella risoluzione di problemi, cambiamenti di umore e di personalità, difficoltà di linguaggio e di comunicazione.
il trattamento dell’IRC può aiutare a ridurre l’accumulo di tossine e a migliorare la funzione renale. Parliamo di terapia cognitiva, dell’uso di alcuni farmaci, come gli inibitori della colinesterasi, della correzione dello stile di vita basato su una dieta sana ed equilibrata e sul regolare esercizio fisico per aiutare a ridurre il rischio di decadimento cognitivo. Fondamentale la diagnosi precoce per intervenire tempestivamente e ridurre il rischio di ulteriori danni cognitivi. I pazienti con IRC dovrebbero essere sottoposti a regolari valutazioni cognitive per monitorare la loro funzione cognitiva e identificare eventuali problemi.
“Nel corso del trial – aggiunge Zoccali – sarà valutata l’efficacia di un programma strutturato di esercizi fisici aerobici e di resistenza sui livelli di funzionalità cognitiva in pazienti con insufficienza renale cronica avanzata e in dializzati con decadimento cognitivo”. “Lo studio clinico – sottolinea lo stesso Zoccali – sarà completato dall’analisi dei biomarcatori circolanti e genetici sui campioni raccolti nei pazienti partecipanti, conservati nella neonata biobanca di Biogem, diretta da Antonello Calcutta e dotata di tutte le più moderne attrezzature del settore. Alcuni pazienti verranno, inoltre, sottoposti a risonanze magnetiche funzionali cerebrali, analizzate presso il Dipartimento di Neurologia dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli”.
“Questa ricerca – sottolinea Capasso – punta ad aprire finalmente la strada al trattamento non farmacologico per un disturbo quale la riduzione della capacità cognitiva, attualmente privo di cure e gravemente impattante sulla qualità della vita dei pazienti affetti”. “E i risultati ottenuti – scommette infine lo stesso Capasso – potrebbero essere traslati in patologie ancora più invalidanti, come la demenza”.

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