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Premio Nobel per la Medicina a tre big della moderna immunologia. Linfociti senza segreti

Scoperte sulle cellule T regolatrici e il fenomeno della tolleranza aprono la strada alla comprensione delle malattie autoimmuni, dei tumori, e del rigetto nei trapianti



Il sistema immunitario, da sempre al centro della ricerca biomedica per la sua complessità e il suo ruolo cruciale nella difesa dell’organismo, è il protagonista assoluto del Premio Nobel per la Medicina 2025. In un’epoca in cui le malattie autoimmuni e i tumori rappresentano sfide sanitarie globali, la giuria del Nobel – composta da esperti del Karolinska Institutet e dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze – ha scelto di premiare tre immunologi che hanno rivoluzionato la comprensione della tolleranza immunitaria periferica: Mary E. Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Sakaguchi.

La selezione dei vincitori, come da tradizione, è frutto di un lungo processo di valutazione scientifica condotto dal Comitato Nobel del Karolinska Institutet, che raccoglie e analizza le candidature provenienti da tutto il mondo. Il verdetto finale spetta all’Accademia Reale Svedese delle Scienze, che assegna il premio sulla base del valore scientifico e dell’impatto clinico delle scoperte. Quest’anno, il riconoscimento è andato a tre ricercatori che hanno gettato le basi per una nuova comprensione del sistema immunitario e delle sue disfunzioni.

Al centro della loro scoperta c’è il meccanismo che impedisce al sistema immunitario di attaccare l’organismo cui appartiene: la cosiddetta tolleranza immunitaria periferica. In particolare, i tre scienziati hanno identificato le cellule T regolatrici, una popolazione di linfociti che agisce come sentinella, controllando l’attività delle altre cellule immunitarie e prevenendo reazioni autoaggressive. “Le loro scoperte sono state decisive per comprendere il funzionamento del sistema immunitario”, ha dichiarato Nonel Olle Kämpe, presidente del Comitato Nobel. “Permettono di capire perché non tutti sviluppiamo gravi malattie autoimmuni”.

La storia di questa scoperta affonda le radici negli anni ’90, quando l’immunologo giapponese Shimon Sakaguchi, oggi 74enne e ricercatore presso l’Università di Osaka, mise in discussione il paradigma dominante della tolleranza centrale. All’epoca si riteneva che le cellule immunitarie potenzialmente pericolose venissero eliminate nel timo, ma Sakaguchi ipotizzò l’esistenza di un meccanismo complementare, basato su cellule ancora sconosciute. Nonostante lo scetticismo della comunità scientifica, nel 1995 lo scienziato riuscì a dimostrare l’esistenza delle cellule T regolatorie (capaci di modulare la risposta immunitaria e di evitare l’attacco ai tessuti dell’organismo) identificandole con i marcatori CD4+ e CD25+. Queste cellule (Treg) agiscono come freni del sistema immunitario, sopprimendo le risposte eccessive o inappropriate contro il self.

Sulla scia di questa intuizione, nel 2001 gli immunologi americani Mary E. Brunkow e Fred Ramsdell completarono il quadro, identificando il gene Foxp3, fondamentale per lo sviluppo e la funzione delle cellule T regolatrici. Studiando un ceppo murino predisposto a malattie autoimmuni, scoprirono che la mutazione di Foxp3 era responsabile di una grave disfunzione immunitaria. La correlazione con l’uomo fu immediata: la stessa mutazione è alla base della sindrome IPEX (disfunzione del sistema immunitario, poliendocrinopatia ed enteropatia legata al cromosoma X), una rara malattia autoimmune pediatrica.

Due anni dopo, Sakaguchi tornò alla ribalta della cronaca collegando la sua scoperta alle ricerche dei colleghi americani: dimostrò che Foxp3 è il gene maestro che regola lo sviluppo delle cellule T regolatorie. Da quel momento, la tolleranza immunitaria periferica è diventata un campo di ricerca autonomo, con implicazioni cliniche che spaziano dalla cura delle malattie autoimmuni alla lotta contro i tumori, fino alla prevenzione del rigetto nei trapianti.

I tre premiati hanno battuto sentieri diversi ma complementari o paralleli. Mary E. Brunkow, 64 anni, ha conseguito il dottorato a Princeton e oggi è responsabile senior dei programmi presso l’Istituto per la Biologia dei Sistemi di Seattle (ISB), un centro di ricerca no-profit che promuove l’approccio interdisciplinare allo studio dei sistemi biologici. Fred Ramsdell, 65 anni a dicembre, è direttore di ricerca al Parker Institute for Cancer Immunotherapy e consulente scientifico per Sonoma Biotherapeutics, una casa farmaceutica di San Francisco. La sua presenza tra i Nobel segna il secondo anno consecutivo in cui un ricercatore legato al settore industriale riceve il prestigioso riconoscimento. Infine, Shimon Sakaguchi, il decano del trio, ha dedicato la sua carriera allo studio delle cellule T regolatorie, contribuendo in modo decisivo alla comprensione del sistema immunitario.

La scoperta premiata con il Nobel per la Medicina 2025 è il frutto di trent’anni di ricerca controcorrente, che ha sfidato dogmi consolidati e aperto nuove prospettive terapeutiche. Le cellule T regolatorie, un tempo ignorate, sono oggi al centro di studi clinici per trattare patologie autoimmuni, modulare la risposta immunitaria nei trapianti e potenziare l’immunoterapia oncologica. Un riconoscimento che celebra non solo il rigore scientifico, ma anche il coraggio di esplorare campi totalmente nuovi.

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