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Virus respiratorio sinciziale, epidemia subdola che attacca i più deboli: il valore dell’informazione

Ogni anno in Italia migliaia di ricoveri e centinaia di decessi sono causati da un virus pericoloso per anziani, bambini e immunocompromessi. La prevenzione esiste, ma è ancora poco praticata.

Il virus respiratorio sinciziale (VRS) è un patogeno che si manifesta con sintomi comuni e spesso sottovalutati, ma che può avere conseguenze gravi, soprattutto nei soggetti fragili. In Italia, si stimano circa 290.000 casi di infezione respiratoria acuta negli adulti e 1.800 decessi all’anno riconducibili al VRS. Numeri che, da soli, basterebbero a giustificare una maggiore attenzione da parte delle istituzioni sanitarie e dell’opinione pubblica. Eppure, la malattia infettiva da VRS resta largamente sottostimata, soprattutto nella popolazione adulta e anziana, dove la diagnosi corretta è spesso mancata o tardiva.

La sintomatologia del VRS è simile a quella di altre infezioni respiratorie: tosse, starnuti, naso che cola, respiro sibilante. Proprio per questo, la diagnosi eziologica viene spesso trascurata, anche se oggi sono disponibili test specifici. La mancanza di un trattamento mirato contribuisce a rendere meno urgente l’identificazione del virus, con il risultato che i dati epidemiologici non riflettono il reale impatto della malattia.

Il peso del VRS sulla salute pubblica è tutt’altro che trascurabile. Ogni anno, in Italia, si registrano circa 25.000 ospedalizzazioni di bambini sotto i cinque anni per complicanze come bronchiolite e polmonite, e circa 26.000 ricoveri tra gli over 60. Il virus colpisce in modo diverso le varie fasce d’età, ma con sintomi iniziali comuni che possono evolvere in quadri clinici severi. Nei neonati e nei bambini piccoli, ad esempio, la difficoltà respiratoria può manifestarsi con respiri brevi e rumorosi, dilatazione delle narici, pause nella respirazione e rientramento della parete toracica: segnali che richiedono un intervento medico urgente.

«Il VRS è un virus ubiquitario che colpisce praticamente tutti i bambini entro i 2 anni di vita, con possibili reinfezioni anche in età adulta – spiega il professor Paolo Manzoni, Associato di Pediatria e Neonatologia all’Università di Torino – nei soggetti oltre i due anni, il virus causa spesso sintomi simil-influenzali, ma nei più piccoli può coinvolgere le basse vie aeree e sfociare in bronchiolite, con complicanze immediate e a lungo termine».

Anche gli adulti non sono immuni. Le persone immunocompromesse, gli over 60 e chi soffre di patologie croniche come diabete, malattie cardiache e polmonari sono particolarmente vulnerabili. In questi casi, il virus può scendere alle vie respiratorie inferiori e causare polmonite, con un impatto significativo sulla qualità della vita e sull’autonomia.

«La maggior parte dei virus respiratori ha una spiccata tendenza stagionale – sottolinea il professor Pier Luigi Lopalco, ordinario di Igiene all’Università del Salento – nell’emisfero Nord, i picchi si verificano nei mesi invernali, quando circolano simultaneamente influenza, VRS, SARS-CoV-2, metapneumovirus, rhinovirus e adenovirus. Questa combinazione rende la stagione invernale particolarmente critica per il sistema sanitario».

La pandemia da COVID-19 ha lasciato in eredità un sistema di sorveglianza più ampio: Influnet è diventato RespiVirNet, con l’obiettivo di monitorare anche virus come SARS-CoV-2 e VRS. Tuttavia, la sorveglianza resta incompleta e non sempre efficace nel rilevare tutti i casi.

«La sorveglianza consente di misurare il reale carico di malattia, supporta la programmazione sanitaria e guida le strategie preventive – dichiara la professoressa Caterina Rizzo, ordinario di Igiene e Medicina Preventiva all’Università di Pisa – comprendere e comunicare il peso dell’RSV è essenziale per rafforzare la prevenzione e tutelare le fasce più vulnerabili».

Sul fronte della prevenzione, esistono strumenti sicuri ed efficaci. Dal 2023, l’Unione Europea ha autorizzato vaccini contro il VRS, indicati per proteggere i neonati fino ai sei mesi attraverso la vaccinazione materna (tra la 24a e la 36a settimana di gestazione), e per adulti e anziani. Le società scientifiche raccomandano la vaccinazione per i soggetti a rischio tra i 60 e i 74 anni e per tutti gli over 75.

Una recente esperienza real world, pubblicata sul New England Journal of Medicine, ha evidenziato l’efficacia del vaccino bivalente nel ridurre le ospedalizzazioni: da 0.66 a 0.11 eventi per 1000 persone/anno, con un’efficacia dell’83.3%. Per le forme più gravi, l’efficacia è salita al 91.7%, superando ampiamente il criterio di successo prespecificato.

«Numerosi Paesi hanno già emanato raccomandazioni per la vaccinazione contro l’RSV – osserva la professoressa Sara Boccalini, associata di Igiene all’Università di Firenze – in Italia, il Board del Calendario Vaccinale per la Vita raccomanda il vaccino per tutti i soggetti ≥75 anni e per quelli con patologie croniche ≥60 anni. Tuttavia, il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2023-2025 non include ancora questa vaccinazione. La speranza è che le istituzioni sanitarie italiane integrino quanto prima l’offerta vaccinale per le popolazioni a rischio».

La comunicazione scientifica ha un ruolo cruciale in questo contesto. Da questa consapevolezza ha preso le mosse il Media Tutorial promosso dal Master SGP – La Scienza nella Pratica Giornalistica – della Sapienza, Università di Roma, con il contributo non condizionante di Pfizer. L’incontro ha messo a confronto comunicatori e specialisti in igiene, medicina preventiva e pediatria, con l’obiettivo di promuovere un’informazione corretta e responsabile.

Da un lato si tratta di rafforzare la raccolta di dati epidemiologici solidi per comprendere con precisione la diffusione e l’impatto del VRS; dall’altro, integrare in modo equilibrato le strategie di prevenzione disponibili, tenendo conto di tutte le popolazioni fragili. Solo un approccio basato sulle evidenze scientifiche potrà sostenere scelte consapevoli e mirate nella tutela della salute collettiva.

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