Autobiografia affettiva e professionale di un medico napoletano
Medico, ricercatore, docente universitario, pioniere, uomo e infine paziente, ovvero dall’altra parte. “Immagini e vita” per la Mondadori, Marco Salvatore si racconta senza filtri grazie alla penna fine, arguta e allo stesso tempo discreta ma profonda di Maro Demarco, scrittore e giornalista, editorialista del Corriere della Sera e fondatore del Corriere del Mezzogiorno ma soprattutto amico del protagonista. Un uomo, Marco Salvatore, che tutti hanno finora conosciuto come ricercatore noto ma di cui pochi sanno riguardo alla vita privata.
Una carriera brillante, culminata con la creazione di un polo di eccellenza come l’Irccs Synlab Sdn (Società di diagnostica nucleare). E anche le sconfitte, le censure, la diagnosi di cancro che ha cambiato tutto. Sul filo dei ricordi, tra i ritratti di una famiglia straordinaria e la cronaca di una Napoli fucina di talenti e contraddizioni emerge la storia di una vita dedicata alla scienza. Una ricerca continua dove ogni risposta è una nuova domanda.
Perché la medicina non è una scienza esatta e il confine tra medico e malato è più sottile di quanto immaginiamo. in un titolo: Immagini e Vita. Quella di Marco Salvatore, docente emerito della Federico II di Napoli, già direttore scientifico dell’Istituto tumori Pascale di Napoli e tra i fondatori dell’istituto di biostrutture e bioimmnagini del Cnr, che toglie l’abito pubblico dello scienziato e si racconta.
Un’autobiografia affettiva e professionale di un medico napoletano dedicata ai suoi figli, Giuliana, Elena, Domenico, ai suoi nipoti, Ugo, Matilde (il nome di sua moglie), Marco e alla piccola Matilde ( perché conoscano “le mie origine il mio vissuto umano e professionale. Una storia che va avanti intanto e che nel racconto inizia con la caduta, quasi un prologo per poi dare pennati nei ritratti di famiglia. Il ricordo del padre, Domenico, il ragazzo del ’99, medico di famiglia poi luminare e primario che quando torna nella nativa Accadia cura tutti gratuitamente ma senza rinunciare alla presenza del medico condotto che conosce vita, morte e miracoli di ogni famiglia. Poi il fratello carismatico, “super Nino”, scienziato visionario, che scompare precocemente nel 1997. Uno spartiacque: a spiegare l’esigenza di raccontarsi, non senza resistenze poi vinte da Marco Demarco, è proprio il protagonista: “Nel 1997, quando morì improvvisamente mio fratello Nino – racconta – feci una serie di esami e controlli molto approfonditi”. Indagini da cui emerse un timoma, un tumore del timo, una piccola ghiandola retrosternale che può essere definita la sede della maturazione delle cellule del sistema immunitario. “Iniziai le cure – continua Salvatore, – dalla chemio alla radioterapia fino a quelle più innovative a cui seguivano sempre, nel corso degli anni, una serie di controlli con apparecchiature diagnostiche sempre più sofisticate per cercare di capire a che punto ero. I referti parlavano sempre di progressione. Ma le cure, giunte fino a quelle biologiche di ultima generazione, erano debilitanti per me e ad un certo punto, dieci anni fa, decisi di interromperle. Mi aspettavo il peggio e invece non è accaduto nulla. La malattia forse si era fermata già prima, oppure quei referti erano errati”.
Ecco dunque la sorgente che dà vita al racconto, attorno alla malattia la linfa raggiunge gli aspetti di una vicenda personale e familiare, in cui si staglia la figura della moglie Matilde (Ilde) ma che tra un aneddoto e l’altro punteggia mezzo secolo di storia accademica, scientifica, sociale e anche politica di Napoli e non solo.
Il racconto di una vita si snoda in 24 capitoli ognuno da leggere perché sorprendenti nella prosa e nei contenuti. Perché non te li aspetti quegli spaccati di vita umana e professionale. Al quinto passo racconta quando con i raggi X si misuravano le scarpe. Dopo Roma e Parigi si parte per Bethesda. E poi gli anni del Pascale, la Napoli degli anni Ottanta. La nomina d direttore scientifico del Pascale e l’incontro con Veronesi. Quindi la Sanità pubblica e la sanità privata. Il suo Sdn fondato nel 1977 che cresce e diventa Synlab network internazionale della salute di prossimità. L’invecchiamento? Non è un destino promette suo fratello Franco, fondatore del Ceinge, centro di eccellenza della biologia molecolare e centro di ricerca. Una storia che continua in sala operatoria dove “io sono il paziente e il medico sbaglia”. Ma c’è anche “il malato immaginario e la lezione di Molière. Si passa per Beniamino Placido “quando gli rovinai il pasto” e per l’autopalpazione testicolare, un altro “scandalo”. Poi le 4 “P” della medicina futura, tra cui prevenzione e predittività e ancora la sua idea di diagnostica integrata e la censura corporativa. C’è spazio nel libro di Salvatore e Demarco per la ricerca su microbiota e Alzheimer, se è l’intestino a lanciare l’allarme. Poi l’aspirazione ad un altro Policlinico e il pronto soccorso che non c’è stato e non c’è ancora. Una proposta scomoda che è ancora un insoluto nonostante sia nelle “carte” della Regione dell’intesa che la lega i due enti per le attività assistenziali. Salvatore si racconta anche nella cultura e nel Sabato delle Idee orfano di Milone Milone, che dirigeva la Tgr della Rai. Si prosegue nel racconto della scommessa delle capre e le vescicole come droni biologici. E poi l’estate in barca le parole al vento. Accadia il ritorno alle origini, dove il tempo non si disperde. I suoi appunti, quasi una conclusione. “La medicina non è una scienza esatta e il confine tra medico e malato è più sottile di quanto immaginiamo”. Il libro non si vende, è un dono a chi vorrà fare fare un’offerta per i poveri della mensa del Carmine.





