Le misure per debellare HIV, gonorrea, sifilide, clamidia e altre infezioni. Gli specialisti della Società italiana malattie infettive e tropicali affrontano queste tematiche al congresso Simit di Riccione
La lotta contro HIV e infezioni sessualmente trasmesse (IST) continua a scontrarsi con un ostacolo cruciale: la diagnosi tardiva. Nonostante i progressi terapeutici e preventivi, ancora troppe persone scoprono di essere positive solo in fase avanzata, quando la malattia ha già compromesso la salute e la possibilità di contenere la trasmissione. È un problema che riguarda tanto l’HIV quanto le altre infezioni, un tema al centro del XXIV Congresso della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT), in programma a Riccione dal 16 al 19 dicembre.
Gonorrea, sifilide e clamidia spesso decorrono senza sintomi evidenti, in questo modo si può ben comprendere la diffusione silenziosa dei contagi, con tutto quello che comportano: il rischio di complicanze severe, infertilità e problemi in gravidanza. Per l’HIV, invece, una diagnosi tardiva significa perdere mesi o anni preziosi prima di iniziare una terapia che oggi consente di raggiungere la soppressione virale e rendere l’infezione non trasmissibile (U=U).
Secondo il Centro Operativo AIDS (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità, in Europa i casi di gonorrea nel 2023 hanno sfiorato quota 97mila, contro i 70mila dell’anno precedente. In Italia il trend è analogo, con un quasi raddoppio dei casi in due anni e un incremento significativo anche di sifilide e clamidia. La ripresa dei contatti sociali dopo la pandemia, l’aumento dei rapporti occasionali facilitati dalle app di incontri, la diminuzione dell’uso del profilattico e la percezione del rischio sessuale sempre più bassa tra i giovani sono fattori determinanti.
Particolarmente allarmante è la diffusione della gonorrea faringea, che rappresenta circa il 20% delle nuove diagnosi e colpisce soprattutto ragazze tra i 15 e i 24 anni. Il sesso orale, spesso percepito come privo di rischi, espone invece pienamente al contagio. A complicare la situazione, circa un quarto dei casi di clamidia o gonorrea non presenta sintomi, ritardando l’accesso ai test e favorendo la trasmissione.
“L’aumento delle IST è un fenomeno chiaro e in continua crescita – ha dichiarato Barbara Suligoi, Direttrice del COA dell’Istituto Superiore di Sanità – L’asintomaticità e la scarsa percezione del rischio, soprattutto tra i giovani, favoriscono la diffusione di queste infezioni. Occorre incrementare prevenzione, informazione e diagnosi tempestiva. Preoccupa il calo dell’uso del profilattico: solo il 60% dei quindicenni e diciassettenni sessualmente attivi dichiara di utilizzarlo, contro il 70–75% registrato nel 2014”.
La connessione tra IST e HIV è ben documentata. Nel 2023, il 13% delle persone con una IST risultava positivo all’HIV, una proporzione quaranta volte superiore rispetto alla popolazione generale adulta. Il fatto che il 94% di questi individui fosse consapevole della propria sieropositività suggerisce che la protezione offerta dalla terapia antiretrovirale, efficace nel rendere l’HIV non trasmissibile, possa aver ridotto l’attenzione verso altre infezioni sessuali.
Sul fronte HIV, le innovazioni terapeutiche hanno trasformato la storia naturale dell’infezione. Oltre il 95% delle persone in terapia raggiunge la soppressione virale, rendendo l’HIV una condizione cronica controllabile. I farmaci long acting, in formulazioni iniettabili ogni due mesi, migliorano l’aderenza e riducono lo stigma. La Profilassi Pre-Esposizione (PrEP) si conferma uno strumento altamente efficace nel prevenire il contagio. Nonostante ciò, il bollettino ISS registra 2.379 nuove diagnosi di HIV nel 2024, con il 60% di diagnosi tardive e l’83,6% dei nuovi casi di AIDS riguardanti persone che hanno scoperto l’infezione solo nei sei mesi precedenti. Persistono stigma, scarsa abitudine al test e interpretazioni restrittive della Legge 135/90, che in alcuni contesti scoraggiano la proposta del test.
“La quota di diagnosi tardive resta troppo alta – sottolinea la professoressa Cristina Mussini, vicepresidente SIMIT – Offrire il test HIV dovrebbe essere un gesto semplice, come proporre qualsiasi altro esame. Serve il superamento dello stigma e della rigidità, anche attraverso un adeguamento normativo. Inoltre è necessario ampliare l’accesso alla PrEP, anche fuori dai centri infettivologici, e garantire la disponibilità della PrEP iniettabile per chi non riesce ad aderire alla formulazione orale”.
L’aumento della sopravvivenza delle persone con HIV pone nuove sfide legate all’invecchiamento e quindi alle comorbidità cardiovascolari, oncologiche e varie fragilità. Saranno presentati a Riccione gli studi italiani che approfondiscono questi temi attraverso il lavoro di centri di riferimento come l’Università di Milano, l’Università di Modena e Reggio Emilia, l’Università Vita-Salute San Raffaele. Queste analisi mostrano, ad esempio, che l’impiego delle statine, oltre a influire sui parametri lipidici, esercita un effetto protettivo sulla fragilità. Risulta inoltre fondamentale l’educazione riguardo la riduzione di fattori comportamentali come il fumo. Altri studi, condotti dal gruppo della Clinica Metabolica dell’HIV di Modena, evidenziano come una quota significativa di persone con HIV non raggiunge i target LDL raccomandati dalle linee guida EACS, sottolineando la necessità di terapie combinate e di una gestione più aggressiva del rischio cardiovascolare. Sul versante oncologico, nuovi dati indicano un’incidenza aumentata di alcuni tumori non AIDS-correlati rispetto alla popolazione generale, tra cui tumore del polmone nelle donne ed epatocarcinoma nei pazienti con HCV. Studi dedicati mostrano l’importanza dello screening mirato, che si conferma essenziale, ad esempio, nella diagnosi precoce del carcinoma anale nelle persone con HIV.
“La gestione dell’infezione da HIV è cambiata radicalmente negli ultimi anni – osserva Andrea Giacomelli, Consigliere SIMIT – Grazie alle terapie, le persone vivono più a lungo e meglio, ma questo significa che diventano centrali nuove sfide come il rischio cardiovascolare, alcuni tumori e la fragilità. Non ci occupiamo più solo di sopravvivenza, ma di invecchiamento in salute”. Con queste premesse si apre oggi il congresso della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, in programma fino al 19 dicembre al Palariccione, con oltre 1.200 infettivologi provenienti da tutta Italia. La rete infettivologica nazionale si riunirà per quattro giorni di corsi, simposi, tavole rotonde e presentazioni di dati originali. Il comitato di presidenza del congresso è composto da Massimo Crapis, Andrea Giacomelli, Cristina Mussini, Roberto Parrella e Pierluigi Viale (nel comitato organizzatore locale figura pure Angelo Pan).





