Dopo anni di contestazioni al vecchio test nazionale, il nuovo sistema di selezione progressiva va a regime. Ma tra idonei in eccesso, crediti da recuperare e ricorsi annunciati, si rendono necessari aggiustamenti
Per oltre vent’anni l’accesso a Medicina è stato regolato dal cosiddetto “quizzone” nazionale: un test unico, uguale per tutti, che in poche ore decideva il destino di decine di migliaia di aspiranti camici bianchi. Un modello pensato per governare il numero programmato, introdotto negli anni Novanta per evitare il sovraffollamento delle facoltà e garantire un equilibrio tra formazione e fabbisogno del Servizio sanitario nazionale. Ma quel sistema, nel tempo, è diventato uno dei più contestati: ricorsi, accuse di iniquità, sospetti di irregolarità, disparità territoriali. Da qui la scelta politica di superare il test secco e introdurre una selezione graduale, distribuita nei primi mesi del corso di laurea. Il cosiddetto “semestre filtro” nasce proprio per rispondere a quelle critiche: non più una prova unica, ma una valutazione progressiva basata su esami universitari veri e propri, con l’obiettivo di rendere l’accesso più equo e meno aleatorio.
Ora, dopo settimane di attesa, arrivano i numeri definitivi del primo semestre filtro. E il quadro che emerge è tutt’altro che semplice. Complessivamente sono stati 22.500 gli studenti risultati idonei, cioè con almeno un esame superato nei due appelli previsti per l’accesso a Medicina. Un dato che supera di oltre 5 mila unità – precisamente 5.222 – i posti disponibili, fissati a 17.278. Un divario significativo, che apre interrogativi sulla gestione della graduatoria nazionale e sulla reale capacità degli atenei di assorbire un numero così elevato di candidati idonei.
Per quanto riguarda le singole materie, i voti pari o superiori a 18 in chimica e biologia sono stati più di 20 mila, con un recupero particolarmente evidente nel secondo appello, quando gli iscritti a Biologia erano diminuiti perché molti avevano già superato l’esame nella prima sessione. Nel dettaglio, tra i due appelli i promossi in biologia sono stati oltre 21 mila, in chimica oltre 24 mila, in fisica più di 11 mila. Il bilancio arriva proprio mentre la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha firmato il decreto che definisce la composizione della graduatoria nazionale. Il provvedimento stabilisce che in graduatoria entreranno studenti con sufficienze dirette, sufficienze reintegrate e crediti da recuperare.
Le sufficienze dirette riguardano i voti pari o superiori a 18 ottenuti e accettati immediatamente. Le sufficienze reintegrate, invece, consentono di ripristinare il voto positivo del primo appello qualora lo studente lo avesse rifiutato e al secondo appello avesse ottenuto un’insufficienza. Una misura pensata per tutelare «il risultato già acquisito», esercitabile entro il 27 dicembre 2025. Entro la stessa data sarà possibile accettare anche i voti del secondo appello. Il recupero dei crediti formativi riguarda invece gli studenti che non hanno raggiunto la sufficienza in una o due materie. «In tale eventualità, i crediti mancanti saranno recuperati presso la sede universitaria assegnata sulla base della graduatoria pubblicata l’8 gennaio» spiega il ministero in una nota. «Questa modalità permette allo studente di non essere escluso dalla graduatoria e di proseguire il proprio percorso, a condizione di recuperare i crediti successivamente».
Il punteggio finale sarà calcolato esclusivamente sui voti pari o superiori a 18: le insufficienze non contribuiranno alla definizione del punteggio utile. In via transitoria, per l’anno accademico 2025/2026, le università potranno inoltre prevedere – su richiesta dello studente – che i voti del semestre filtro non concorrano alla media finale, riconoscendo la particolarità di questa prima applicazione della riforma. Chi non proseguirà nel corso potrà comunque immatricolarsi in qualsiasi altra facoltà, anche oltre i termini ordinari, e comunque entro il 6 marzo 2026.
Ma mentre il ministero definisce le regole, gli scontenti si fanno sentire. Il semestre filtro, nato per superare le criticità del vecchio test nazionale, si trova così al centro di un nuovo scontro. Da una parte chi lo considera un passo avanti verso una selezione più equa e basata su competenze reali; dall’altra chi lo giudica un meccanismo confuso, introdotto in corsa e potenzialmente discriminatorio. I numeri, intanto, parlano chiaro: gli idonei sono molti più dei posti disponibili. E la partita, per migliaia di aspiranti medici, è tutt’altro che chiusa.





