Una forte diminuzione delle strutture di ricovero sia pubbliche che private tra il 2007 e il 2017, la riduzione nello stesso periodo dei posti letto ospedalieri complessivi (-35.797) e un continuo calo degli investimenti da parte dello Stato nel Servizio Sanitario Nazionale sono alcuni dei dati che emergono dallo studio realizzato dalla Fondazione The Bridge sulle politiche sanitarie nazionali e sul loro impatto sulle Regioni. L’analisi evidenzia come nel nostro Paese si è passati dai 12 posti letto per 1000 abitanti nel 1969 ai 3,5 attuali.
“La nostra analisi – ha scritto Rosaria Iardino, presidente della Fondazione The Bridge – vuole mettere in evidenza come l’applicazione di talune politiche sanitarie a livello nazionale abbia esasperato le disparità locali, adottando tagli che hanno talvolta impedito alle Regioni di reagire con efficienza agli impatti sanitari, come si è visto per la pandemia Covid.”
Teniamo presente che il valore del finanziamento ordinario al Servizio sanitario nazionale in rapporto al Pil dal 2010 è stato in continuo calo, dato allarmante soprattutto se raffrontato ad altri Paesi europei come Francia e Germania, dove l’investimento di fondi pubblici destinati alla sanità supera i 2.850 euro pro-capite a fronte dei soli 1.844 euro dell’Italia (fonte Istat 2016). Anche per quanto riguarda il personale ospedaliero, la tendenza è orientata verso una significativa riduzione: dal 2007 al 2019 il personale negli ospedali pubblici è diminuito del -7%, i medici del -6%, gli infermieri del -5%. Una riduzione da addebitarsi principalmente alle misure di contenimento della spesa pubblica previste con la Legge 191/2009, sbloccate solo nel 2019, e al cosiddetto “blocco del turnover” definito con la legge n. 296 del 2006.
Altro elemento importante da rilevare è quello delle borse di specializzazione, risultate, negli ultimi anni, inferiori al numero dei laureati chiamati ad accedervi e agli stessi fabbisogni indicati dalle Regioni. Nel 2018, infatti, sono state bandite 6.934 borse a fronte di un fabbisogno stabilito dalla Conferenza Stato-Regioni di 8.569.
Rilevante è anche il fattore del cosiddetto “imbuto formativo” che nel 2018 coinvolgeva 8.090 medici. Secondo Anaao-Assomed, a partire dai dati degli specializzandi e ipotizzando che, tra il 2018 e il 2025, dei medici specialisti attualmente impiegati nella sanità pubblica ne potrebbero andare in pensione la metà, per il 2025 si prevede una importante carenza di circa 16.500 specialisti.