Una ricerca sul Dna tumorale circolante svela potenzialità di monitoraggio e prevenzione
Un gruppo di ricercatori della Weill Cornell Medicine e del New York Genome Center ha sviluppato una nuova strategia per rilevare tracce minime di DNA tumorale circolante nel sangue. Questa scoperta, descritta sulla rivista Nature Methods, punta a migliorare la sensibilità e l’accuratezza delle cosiddette “biopsie liquide”, uno dei metodi più promettenti per il monitoraggio dei tumori in modo non invasivo.
La biopsia liquida rappresenta un approccio che si basa sull’analisi del DNA derivante dalle cellule tumorali, il quale circola nel flusso sanguigno (ctDNA, circulating tumor DNA). Questo metodo consente di individuare e monitorare la presenza e l’evoluzione dei tumori, evitando procedure di biopsia tradizionale più invasive. Finora, molte ricerche si sono concentrate sullo studio di specifiche mutazioni o segmenti di DNA, mentre la tecnica proposta dal team newyorkese adotta un sequenziamento più ampio e profondo, progettato per identificare anche variazioni rare nel genoma tumorale.
Al centro di questo progresso vi è una piattaforma di sequenziamento di nuova generazione, sviluppata da Ultima Genomics, che offre una copertura genomica molto vasta a un costo relativamente basso. I ricercatori hanno affiancato a questa tecnologia un avanzato sistema di correzione degli errori, basato sulle caratteristiche della doppia elica del DNA. Grazie a tale meccanismo, ogni frammento viene sequenziato più volte e confrontato per eliminare alterazioni dovute a errori tecnici, consentendo il riconoscimento di mutazioni reali persino quando esse compaiono in concentrazioni molto basse.
Il gruppo di ricerca, guidato dal professor Dan Landau (Weill Cornell Medicine e New York Genome Center), sottolinea che questa combinazione di copertura elevata, costi contenuti e correzione degli errori ha permesso di individuare concentrazioni di DNA tumorale fino a poche parti per milione (ppm). Il lavoro è stato svolto in collaborazione con altri istituti e sostenuto da finanziamenti esterni, inclusi enti come il National Cancer Institute.
Per dimostrare l’efficacia di questo metodo, i ricercatori hanno analizzato campioni ematici provenienti da pazienti con melanoma e cancro alla vescica. Grazie a un sequenziamento esteso dell’intero genoma e a un successivo confronto con dati di riferimento su firme genetiche note, i risultati hanno evidenziato un’elevata precisione nel rilevare piccole quantità di DNA tumorale. In particolare, lo studio ha evidenziato che la concentrazione di ctDNA sembrava correlare con l’andamento clinico della malattia: i pazienti in progressione mostravano livelli crescenti di DNA tumorale nel sangue, mentre quelli che rispondevano alle terapie presentavano una riduzione significativa.
Il professor Bishoy M. Faltas, dell’Englander Institute for Precision Medicine, ha sottolineato che l’integrazione di dati sulle firme mutazionali del cancro alla vescica, già studiate in laboratorio, ha aumentato la sensibilità del test. Ciò apre la possibilità di utilizzare metodologie analoghe per altre tipologie tumorali, sfruttando conoscenze pregresse sui rispettivi profili molecolari.
La biopsia liquida con un’ampia copertura genomica e un sistema di correzione degli errori avanzato potrebbe rivoluzionare la gestione clinica di molti tumori. In ambito oncologico, la diagnosi precoce e il monitoraggio dei livelli di ctDNA risultano fondamentali per valutare la risposta terapeutica e anticipare le recidive. In alcune situazioni, individuare tracce di DNA tumorale prima che la malattia diventi rilevabile con metodiche radiologiche permette di adattare o cambiare tempestivamente il trattamento, aumentando le possibilità di successo.
Inoltre, l’idea di uno screening oncologico di routine basato su esami del sangue diventerebbe più concreta, sebbene occorrano ulteriori studi clinici per stabilire la precisione, la riproducibilità e i costi sostenibili su larga scala. Tra gli aspetti cruciali da considerare ci sono la definizione di soglie di rilevamento e l’interpretazione delle varianti a bassa frequenza, che potrebbero non sempre riflettere una malattia in atto, ma piuttosto mutazioni clonali associate all’invecchiamento o altre condizioni.
Benché lo studio abbia ottenuto risultati promettenti, i ricercatori precisano che si tratta di un lavoro preliminare, realizzato su una coorte selezionata di pazienti con melanoma e cancro alla vescica. Prima di un’adozione su larga scala, sarà necessario esaminare campioni di popolazioni diverse, inclusi pazienti con stadi tumorali iniziali o con altre neoplasie. Saranno anche indispensabili confronti diretti con metodiche convenzionali di biopsia o imaging radiologico, per definire se e quando l’approccio in questione risulti preferibile.
Le implicazioni sono tuttavia notevoli: una biopsia liquida molto sensibile riduce la necessità di prelievi tissutali, consentendo di eseguire controlli più frequenti e meno invasivi. Quest’ultimo aspetto può migliorare l’aderenza dei pazienti ai programmi di follow-up e rappresentare un vantaggio considerevole per la qualità di vita.
Lo sviluppo di un sequenziamento a copertura genomica estesa e ad alta affidabilità attraverso la correzione degli errori rende più semplice e preciso il monitoraggio della malattia. Il gruppo della Weill Cornell Medicine e del New York Genome Center propone una metodica capace di rilevare quantità minime di DNA tumorale nel sangue, consentendo un monitoraggio personalizzato e ravvicinato del tumore. Se ulteriori sperimentazioni cliniche convalideranno queste prospettive, la biopsia liquida potrebbe passare da strumento complementare a componente sempre più rilevante nella strategia di diagnosi precoce e sorveglianza del cancro, contribuendo a orientare meglio le scelte terapeutiche e a migliorare gli esiti clinici dei pazienti.