Due giovani ricercatori, Marco Bocchetti e Alessia Maria Cossu, del laboratorio di Oncologia molecolare e di precisione di Biogem, guidato dal professore Michele Caraglia e la dottoressa Amalia Luce con la professoressa Silvia Zappavigna, entrambe dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli hanno individuato un nuovo oppressore dell’epatocarcinoma. La ricerca è stata pubblicata su “Journal of Translational Medicine”. Il risultato principale dello studio condotto tra i due istituti di ricerca è stato l’identificazione di un microRNA (miR-423-5p) capace di agire come soppressore tumorale nel carcinoma epatocellulare (HCC) e al tempo stesso, in grado di influenzare percorsi metabolici chiave riducendo l’attività di proteine oncogeniche. “Nell’ambito della lotta contro il cancro – spiega Marco Bocchetti – ci concentriamo da tempo sull’identificazione di biomarcatori diagnostici e prognostici nell’HCC. Questo tumore infatti è ancora privo di marcatori predittivi sensibili e specifici, nonostante i progressi terapeutici registrati negli ultimi anni.
I microRNA emergono, quindi, come strumenti promettenti sia per classificare i pazienti e monitorare le terapie sia come bersagli capaci di modulare il microambiente tumorale e di superare la resistenza ai trattamenti”. “Il nostro studio – precisa la ricercatrice Cossu – ha approfondito il ruolo del miR-423-5p, analizzandone gli effetti sulla crescita e sulla progressione delle cellule di HCC attraverso un approccio integrativo, che combina proteomica quantitativa, predizioni bioinformatiche, e validazioni sperimentali”. “Grazie alla collaborazione con il John van Geest Cancer Research Centre della Nottingham Trent University – aggiunge Marco Bocchetti – abbiamo osservato che il miR-423-5p può agire come un potente freno alla crescita tumorale”. Questo microRNA regola dunque diversi fattori oncogenici e che funziona come un vero e proprio regolatore metabolico delle cellule tumorali, aprendo la strada a nuove strategie terapeutiche mirate”.
“I risultati di questo nostro lavoro – conferma la dottoressa Cossu – suggeriscono che l’analisi dei livelli di miR-423-5p potrebbe aiutare ad individuare pazienti a rischio e a monitorare le terapie oltre a rappresentare un potenziale bersaglio per nuovi trattamenti mirati sul metabolismo delle cellule tumorali. Studi futuri, in particolare su modelli animali e su pazienti umani, saranno quindi fondamentali per trasformare queste scoperte in soluzioni concrete contro il carcinoma epatocellulare”.
Una valutazione condivisa dal professore Michele Caraglia – co-autore senior della ricerca, che scommette su questi risultati, grazie ai quali si è fatto un altro passo in avanti verso la comprensione dei meccanismi molecolari che guidano il carcinoma epatocellulare. “L’integrazione di approcci proteomici, bioinformatici e clinici in questo studio – sostiene infine Caraglia – conferma la vocazione del nostro laboratorio per un’attività di ricerca proiettata su risultati di rilievo preclinico, consentendo, in questo caso, la scoperta di nuovi strumenti per la diagnosi precoce e per la gestione personalizzata dei pazienti affetti da HCC”.





