Alcune persone non accettano che le cose non siano più come prima e, se e quando si giunge a questo punto, la coppia arriva a un punto di rottura, allontanandosi o cercando elementi di attenzione al di fuori.
Quando nasce un figlio, gli equilibri della coppia sono messi a dura prova. Ne parliamo con la dottoressa Claudia Fabris, psicologa delle relazioni: “Nel tempo, normalmente, due persone hanno formato una serie di abitudini, una stabilità basata sul convivere nello stesso spazio, ritagliarsi momenti per fare delle cose insieme, stabilendo delle regole di convivenza che possono anche riguardare spazi per sé”.
Si crea nuovo stress
Normalmente entrambi hanno i propri impegni lavorativi, per cui tra di loro a volte si supportano, si agevolano, condividendo anche questo aspetto nel loro stare insieme. Tutto questo alimenta e fa cresce la coppia. Quando nasce un figlio tutto ciò richiede una forte rivalutazione, oltre a generare uno stress anche molto intenso. Il bebè ha ovviamente dei bisogni che gli adulti devono soddisfare e, in questo modo, anche mamma e papà imparano a fare i genitori.
Genitori si impara, non si nasce
Non nasciamo con un manuale sulla genitorialità, che anzi si impara facendola, commettendo anche degli errori, con frustrazioni, soddisfazioni, con grande stanchezza nella coppia che, oltre ad allevare un figlio, deve lavorare. Quando la coppia ha un grande desiderio di maternità e di paternità, entrambe le persone riescono a stabilire un buon equilibrio di trio, certo non facile ma fattibile con la volontà e l’impegno di entrambi.
Cambiano gli equilibri
In questo caso gli elementi della coppia non si sentono trascurati se l’altro ha maggiori attenzioni per il nuovo nato, anzi. Entrambi cercano si supportarsi in questo senso verso il bambino, anziché nel desiderio di ricevere le stesse cose da parte dell’altro, come quando prima di diventare genitori. Alcuni elementi della coppia, però, questo non riescono a percepirlo, poiché pensano che la coppia debba conservare le stesse regole e le stesse modalità di prima: ciò però non è possibile, perché il tempo dedicato alla coppia diventa veramente minimo.
I primi 3 anni sono i più impegnativi
Nel corso dei primi tre anni di vita del bambino c’è anche una certa difficoltà a prendersi cura di sé, figuriamoci nel dare elementi di attenzione all’altro della coppia. Alcune persone non accettano che le cose non siano più come prima e, se e quando si giunge a questo punto, la coppia arriva a un punto di rottura, allontanandosi o cercando elementi di attenzione al di fuori. Si tende alla fuga, anziché all’impegno di riprogettare la famiglia intorno a un terzo, provando a ricreare un nuovo equilibrio.
Ritagliarsi del tempo per stare insieme
Quali consigli dare a quelle coppie che si trovano ad affrontare tutto questo? “Cercare di ragionare insieme per trovare delle soluzioni e degli spazi, all’interno magari di un mese, dove la coppia possa di nuovo ritrovarsi da sola per godere dello stare insieme e per provare a ragionare nel trovare un nuovo equilibrio”, risponde la dottoressa Fabris.
Mai escludere il partner
Ritrovarsi in intimità è molto importante, soprattutto per quelle coppie che non si sono ancora stabilite come famiglia. C’è poi un altro rischio che è quello di stabilire un’alleanza stretta con il figlio, anziché un’alleanza a tre che includa anche il partner. Frasi del tipo: “Papà è fatto così, lascialo perdere”, oppure “Non badare alla mamma”, spiegano bene questo concetto.
Quando si sta insieme solo per il figlio
“Il rischio è quello che venga meno l’autorità genitoriale dell’altro. Cosa che può generare in lite, nel momento in cui il ragazzo, magari ormai grande, chiede di poter fare una cosa e la mamma (o il papà) gli dice di sì e l’altro di no lasciando alla fine che il figlio sia genitore di se stesso e prenda la decisione in autonomia mentre i genitori avviano una lite, anche silente, tra loro. In casi come questi, non esiste più la coppia creata intorno alla famiglia, si sta insieme solo perché c’è un terzo, ma entrambi vivono come due binari separati”, sottolinea la psicologa.
Crollo della vita sessuale
E poi c’è un altro aspetto da tenere presente: in termini quantitativi, la percentuale di mariti che giudicano “buona” la qualità della relazione di coppia passa dall’84 per cento al 48 per cento dopo la nascita del primo figlio, con un crollo ancora più deciso per la qualità della vita sessuale. A volte la vita sessuale della coppia inizia a modificarsi prima della nascita del figlio, durante la gravidanza.
Insoddisfazione coniugale
Vuoi perché entrambi i futuri genitori ritengono di poter far male al prossimo nascituro, o perché lui teme di fare male alla partner, oppure perché lei inizia a concentrare le sue attenzioni sul bimbo avviando un processo di allontanamento dal partner. Un’epidemia, per così dire, di insoddisfazione coniugale post nascita che si muove nel segreto delle case, ma che può poi esplodere in separazioni, tradimenti, insoddisfazioni gravi e delusioni reciproche, a meno che non venga tempestivamente affrontata.
Gelosie pericolose
Ma quali sono, esattamente, i fattori che mettono a rischio la coppia? Al primo posto gli atteggiamenti espressi dai membri della coppia: lui potrebbe sentirsi allontanato e provare sentimenti negativi nei confronti della compagna, incluse le gelosie più o meno segrete che il neo papà nutre nei confronti del figlio e dell’esclusività di legame tra il piccolo e la madre, specie se lei esaspera questa contrapposizione.
Crisi transizionale
Al secondo posto la delusione coniugale del marito o di entrambi nei confronti del matrimonio, percepito come faticoso, in assenza degli spazi di intimità. Al terzo, la percezione di uno o entrambi i coniugi, o partner stabili, di una vita coniugale “caotica”, specie dopo la nascita del piccolo. La nascita del primo figlio costituisce, insomma, una delle più forti crisi “transizionali” che la coppia attraversi nell’arco della vita.
I fattori protettivi
Oggi molto più di ieri, con un aumento netto del senso di solitudine, ma anche di rabbia e collera, all’interno del matrimonio: quel “sentirsi in gabbia”, che si alterna al “sentirsi in colpa” soprattutto quando i sentimenti che si avvertono sono diversi da quanto la coppia sognava insieme. “Tuttavia”, tranquillizza Claudia Fabris, “esistono altrettanti fattori protettivi, che aiutano o migliorano la soddisfazione coniugale dopo la nascita del piccolo”.
Gli equilibri sono importanti
La tenerezza del neo papà verso la moglie e non solo verso il bambino è uno di questi, seguito da un’alta considerazione di lei e del valore della coppia e, viceversa, dalla considerazione in cui lei tiene il compagno e la relazione di coppia. Cosa si può fare allora per recuperare una buona soddisfazione coniugale? “Bisognerebbe riuscire a mantenere un proprio spazio, senza triangolare sempre sul figlio”, puntualizza la dottoressa.
Riservarsi reciproche attenzioni
È prezioso avere ancora una sera alla settimana per sé, meglio se con l’aiuto di una persona di famiglia che guardi il piccolo, così da uscire in piena serenità. La neomamma dovrebbe evitare di fare “coppia fissa” con il figlio, mantenendo un giusto equilibrio di attenzione anche nei confronti del partner. Anche il partner può fare molto, se corteggia di nuovo la sua partner dimostrandosi attento ai suoi bisogni… invece di “fuggire” simbolicamente nel lavoro, nella palestra, con gli amici o, più pericolosamente, in una nuova relazione che dia illusione di un nuovo amore.
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