Diagnosi complesse: la salute cardiovascolare femminile al centro del Gise Women, Società italiana di cardiologia interventistica
La medicina di genere non è una moda né una nicchia specialistica: è una necessità clinica e sociale. Eppure, quando si parla di cuore, le donne continuano a essere invisibili. I sintomi vengono sottovalutati, le diagnosi ritardate, le terapie meno aggressive. Il cuore femminile, biologicamente diverso da quello maschile, riceve ancora oggi meno attenzione, meno ricerca, meno prevenzione. E questo ha conseguenze drammatiche. In Italia, ogni cinque minuti una donna è colpita da infarto o da altre patologie cardiovascolari. Eppure, il rischio resta sottostimato, soprattutto in fasi delicate come la gravidanza, quando il cuore lavora il doppio per sostenere la vita che cresce.
È questo il messaggio emerso al GISE Women, evento promosso dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) e tenutosi a Salerno, dove esperti da tutta Italia si sono confrontati sui dati più recenti e sulle sfide cliniche legate alla salute cardiovascolare femminile. Al centro del dibattito, uno studio della NYU School of Medicine pubblicato sulla rivista Mayo Clinic Proceedings, che evidenzia come il rischio di infarto aumenti in modo significativo durante la gravidanza, specie nelle donne over 35.
Nel terzo trimestre di gestazione, il volume di sangue nel corpo femminile può crescere fino al 60%, imponendo al cuore uno sforzo straordinario. Il battito accelera, la pressione si modifica, e se ci sono patologie preesistenti o complicanze, il sistema cardiovascolare può non reggere. “Il cuore può non riuscire a tenere il passo, mettendo a rischio la salute materna e fetale”, ha spiegato Alfredo Marchese, presidente eletto GISE. Il rischio di infarto è fino a cinque volte più alto tra le donne tra i 35 e i 39 anni, e addirittura dieci volte più alto tra le over 40.
A rendere il quadro ancora più complesso è la difficoltà diagnostica. Le donne, più degli uomini, presentano forme di ischemia o angina senza coronaropatia ostruttiva (INOCA-ANOCA), o infarto del miocardio senza ostruzione coronarica (MINOCA). “Molte pazienti con dolore toracico cardiaco e ischemia non hanno stenosi significative nelle arterie coronarie, ma restringimenti lievi, disfunzioni o spasmi dei piccoli vasi, che sfuggono alla diagnosi iniziale”, ha sottolineato Simona Pierini, direttrice della Cardiologia e Unità Coronarica della ASST Nord Milano. Il dato è eloquente: tra il 50 e il 70% di chi presenta sintomi aspecifici e malattia coronarica non significativa all’angiografia è donna.
La sottodiagnosi e il sottotrattamento sono due facce della stessa medaglia. “Vogliamo accendere i riflettori sulle disparità di genere”, ha dichiarato Francesco Saia, presidente GISE e cardiologo presso l’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico Sant’Orsola. “La popolazione femminile è sottorappresentata negli studi clinici e spesso non riceve cure adeguate”. In Italia, la malattia coronarica colpisce una donna su nove tra i 45 e i 64 anni, e una su tre dopo i 65. Il rischio di morte è del 31%, superiore a quello del tumore al seno.
Anche Tiziana Attisano, dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Salerno, ha evidenziato come la tendenza a posticipare la maternità contribuisca all’aumento del rischio cardiovascolare. “Lo studio mostra chiaramente che il rischio di infarto durante e dopo la gravidanza è in crescita, e questo deve far riflettere”.
Il GISE Women ha lanciato un appello alla comunità scientifica e alle istituzioni: serve più ricerca, più formazione, più consapevolezza. Serve una medicina che sappia guardare al cuore delle donne con occhi nuovi, capaci di cogliere le differenze e di offrire risposte su misura. Perché il cuore femminile, fragile e potente, merita di essere ascoltato. Sempre.





