La terapia che ha segnato un cambiamento epocale in oncologia richiede fondi, formazione e accesso equo in tutta Italia
Gallio, 4 ottobre 2024 – A dodici anni dall’infusione della prima terapia CAR-T su Emily Whitehead, una bimba di 7 anni affetta da leucemia trattata al Children’s Hospital di Philadelphia, le terapie CAR-T continuano a rivoluzionare il panorama oncologico. Queste terapie, che rappresentano uno dei traguardi medici più importanti del XXI secolo, hanno ampliato il loro impiego, passando dalle prime applicazioni contro leucemie e linfomi a nuove indicazioni come il mieloma multiplo e le anticipazioni alla 2° linea nel linfoma diffuso a grandi cellule B e linfoma a cellule B ad alto grado. Le prime evidenze, in particolare nel mieloma multiplo, sono promettenti, con un tasso di risposta globale (ORR) del 98% e un tasso di risposta completa (CR) dell’83%. Questo suggerisce che più del 50% dei pazienti trattati è libero dalla progressione della malattia per oltre due anni, una speranza concreta per chi non abbia alternative terapeutiche.
Le questioni aperte, però, restano molte. A partire da quelle relative all’organizzazione dei servizi sanitari e agli investimenti. La Summer School di Motore Sanità che si è svolta a Gallio è stata l’occasione per fare il punto della situazione, analizzando best practice e criticità con un focus sulle terapie CAR-T realizzato con il contributo incondizionato di Gilead e introdotto da Carlo Tomassini della Direzione Scientifica di Motore Sanità.
Impatto sull’organizzazione sanitaria
Nonostante i risultati clinici straordinari, l’implementazione delle terapie CAR-T ha sollevato innanzitutto questioni organizzative. Tra queste, particolare rilievo riveste la sostenibilità finanziaria in vista dell’ampliamento delle indicazioni terapeutiche e la gestione dei costi procedurali. È necessario – è emerso – anche rivedere i modelli organizzativi e di referral, con l’obiettivo di ridurre i tempi di invio ai centri specializzati e potenziare le reti di ricerca collaborativa.
Un’altra sfida cruciale riguarda la programmazione futura. Le terapie CAR-T, attualmente riservate a pazienti gravemente pretrattati, vedranno un rapido incremento delle richieste, il che richiede una pianificazione preventiva a livello regionale e nazionale. In questo contesto, l’Osservatorio Innovazione di Motore Sanità ha messo in luce le esigenze attuali e le buone pratiche, offrendo soluzioni operative per affrontare le sfide organizzative.
Soluzioni per il futuro
Dai tavoli regionali sono emerse proposte concrete, tra cui la necessità di fondi dedicati, come già avviene in Friuli-Venezia Giulia, dove un fondo sovraziendale è stato creato appositamente per le CAR-T. Si è sottolineata anche l’importanza di rendere il sistema sanitario flessibile, con l’adozione di percorsi just-in-time per la gestione dei pazienti, la formazione continua del personale e l’introduzione di aree di bassa intensità per trattare i pazienti con CAR-T in modo efficiente.
Le sfide non sono solo organizzative ma anche etiche e politiche. È cruciale garantire un accesso equo alle terapie, indipendentemente dai costi, e promuovere un cambiamento culturale che veda l’innovazione come un investimento, non solo come un costo da gestire. Inoltre, serve una maggiore integrazione delle procedure diagnostiche e un finanziamento adeguato per garantire la sostenibilità delle terapie CAR-T.
Joseph Polimeni, Direttore ARCS Friuli-Venezia Giulia, ha sottolineato come “quello delle Car-T sia un esempio paradigmatico di come si debba cambiare approccio rispetto alla gestione dell’innovazione”. Con una premessa: “Non tutto ciò che è nuovo è innovativo. Ma ciò che è innovativo va promosso, cercando di utilizzarlo, abbattendo le barriere, sburocratizzando un po’ i percorsi autorizzativi”. Nel Friuli Venezia Giulia, ha spiegato Polimeni, “siamo riusciti ad individuare dei fondi specifici dedicati per le Car-T. E questo dimostra che dobbiamo avere la capacità di fare investimenti”. Investimenti che in Italia, “rappresentano l’altra faccia della medaglia, rappresentata dal disinvestimento”. Spiega Polimeni: “Se abbiamo la capacità di individuare approcci innovativi e non siamo capaci di disinvestire dove occorre a fronte di un investimento davvero innovativo, non riusciamo ad andare da nessuna parte”. Quello delle Car-T rappresenta un esempio paradigmatico di investimento innovativo, perché mette in gioco tutta una serie di variabili che devono essere riallocate. “Con l’approccio multidisciplinare e l’integrazione interprofessionale che – conclude Polimeni – ormai sono diventati un must”.
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