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Farmaco equivalente vuol dire cura e sostenibilità. L’intervista con l’assessore Luca Coletto 

Il farmaco equivalente, un’opportunità di cura per i cittadini pazienti e una risorsa per il nostro sistema sanitario nazionale. La road map sul farmaco equivalente organizzata da Motore Sanità con l’obiettivo di evidenziare le azioni che possono essere intraprese per ampliare la penetrazione del farmaco equivalente nel mercato a brevetto scaduto, ha fatto tappa in Umbria lo scorso 3 luglio. Luci e ombre, opportunità e messa a terra di progetti virtuosi vengono raccontati da Luca Coletto, assessore alla salute e politiche sociali di Regione Umbria in questa intervista concessa a Mondosanità

Assessore Coletto, qual è la situazione? 

“L’ultima analisi pubblicata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Osmed-Aifa 2022) documenta con chiarezza che in Italia si registra ancora una bassa incidenza della spesa per i farmaci equivalenti rispetto agli altri Paesi europei, risultando terz’ultima nel confronto con altri 9 Paesi analizzati (Austria, Belgio, Germania, Gran Bretagna, Francia, Polonia, Portogallo, Svezia e Spagna). Dati più recenti, presentati in un recente convegno tenutosi presso il Ministero della Salute, confermano questa tendenza: quasi un cittadino su tre nutre ancora dubbi sul fatto che i farmaci equivalenti abbiano la stessa efficacia di quelli cosiddetti “di marca” e uno su cinque dichiara che il medico indica sul ricettario solo quest’ultima tipologia. Nel 2023 i cittadini hanno versato di tasca propria 1.029 milioni di euro di differenziale di prezzo per ritirare il farmaco “brand” – più costoso – invece che il generico-equivalente – a minor costo – interamente rimborsato dal servizio sanitario nazionale.  E il dato paradossale è che la spesa per la compartecipazione risulta generalmente più elevata nelle Regioni a basso reddito. 

Cosa succede in Umbria, invece? 

“Per quanto riguarda l’Umbria, il differenziale pagato dai cittadini nel 2023 ammonta a 15.994.520 euro! È evidente quindi che in Italia persiste ancora un pregiudizio diffuso verso i farmaci equivalenti. Spesso si sente dire, impropriamente, anche da parte di alcuni medici, che comunque il SSN non ci rimette, perché la differenza di spesa rispetto al prezzo di riferimento è a carico dei cittadini. Ma se non si favorisce la penetrazione del farmaco equivalente nel mercato non si creano neanche le condizioni per promuovere la concorrenza necessaria per far diminuire il prezzo dei farmaci e a rimetterci, quindi, non sono solo le tasche dei cittadini ma si crea un problema di salute”.

Come li definisce i farmaci equivalenti?

“I medicinali equivalenti rappresentano un’opportunità per garantire la presenza sul mercato di validi strumenti terapeutici e, contestualmente, liberare risorse economiche da investire nei farmaci innovativi. Inoltre, considerato il problema sempre più diffuso della carenza dei medicinali di uso comune, la disponibilità sul mercato nazionale di farmaci equivalenti permette, nella maggior parte delle situazioni di carenza, di garantire comunque ai cittadini l’accesso alle cure. Ma se i produttori di farmaci equivalenti non vengono supportati con politiche mirate, potrebbero non riuscire a far bilanciare i conti tra costi di produzione e ricavi. E quindi il rischio è che per alcuni farmaci si torni ad una posizione di monopolio”.

Qual è il problema principale di questi farmaci? 

“Purtroppo, rispetto ai farmaci equivalenti c’è ancora molta mancanza di informazione e formazione. Si tratta soprattutto di un problema culturale. Quindi, in questo senso, è indispensabile fare formazione presso i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i farmacisti che sono in prima linea in questo importante percorso di educazione della cittadinanza”.

Quali sono i progetti attuali e quelli futuri nella regione Umbria, in tale senso?

“L’Italia è uno dei Paesi più esposti all’incremento della domanda di salute per l’invecchiamento della popolazione, in particolare l’Umbria, che ha un’età media e un indice di vecchiaia maggiori rispetto alla media nazionale. Quindi dobbiamo far fronte a bisogni di salute sempre più complessi, legati ad esempio alle cronicità, a fronte di risorse che non sono infinite. Il continuo aumento dei costi delle terapie farmacologiche per le patologie gravi, soprattutto in campo oncologico ed ematologico, nell’era della medicina di precisione e della medicina personalizzata, pone seriamente a rischio la sostenibilità di un sistema sanitario pubblico. Quello che si sta facendo in Umbria per affrontare queste sfide è aumentare le sinergie di sistema, anche attraverso la costituzione delle Reti cliniche. E favorire l’utilizzo di farmaci che, a parità di efficacia e sicurezza, consentono di liberare risorse per garantire l’accesso all’innovazione è non soltanto necessario ma doveroso. E c’è di più”. 

Cos’altro, assessore Coletto? 

“Fra le cause della minore crescita di farmaci equivalenti c’è anche il fenomeno dello spostamento della prescrizione; in sostanza, quando un principio attivo perde il brevetto viene “abbandonato” a vantaggio di altre molecole, ancora coperte da brevetto e con un costo più alto, che però producono il medesimo risultato in termini di salute. Quindi, ad esempio, tra le iniziative che abbiamo messo in campo per favorire la prescrizione di farmaci equivalenti è di fornire periodicamente ai medici prescrittori tabelle di confronto con i costi/terapia dei vari farmaci appartenenti alla stessa classe terapeutica, per orientare la prescrizione verso i farmaci che, a parità di efficacia e sicurezza, hanno un costo/terapia più vantaggioso per il servizio sanitario regionale”.

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