La domanda che per molti è sorta spontanea nella tanto attesa fase 2 è: ma le comunicazioni dei DPCM non si potrebbero semplificare? Il Dpcm tanto atteso sull’inizio della cosiddetta fase 2 e riguardante “Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale” del 27.04.2020, ha lasciato aperti molti dubbi. Tanto atteso quanto incompreso, perché in realtà le aspettative erano ben diverse. In particolare per molte categorie lavorative, che avrebbero dovuto e voluto riaprire i battenti, le azioni relative a questa fase 2 descritte nel documento, sono sembrate praticamente una riedizione di quelle della fase precedente con un piccolo lavoro di revisione.
Fra le stranezze giuridiche inaspettate per chi ha emesso il DPCM, quella che più balza all’occhio in particolare è la frase “si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie”. Certamente questa frase richiederebbe maggiore chiarezza. La scelta della parola congiunti infatti non compare come termine giuridico in grado di classificare con certezza le persone che possono far parte di un nucleo familiare o similare (ad esempio moglie, marito, padre, madre piuttosto che nonno, cugino, nipote o quale grado di parentela altresì si intenda) a cui ci si dovrebbe rivolgere. Il termine congiunto (dal latino coniunctus cioè unito, in collegamento) che nella lingua italiana viene assimilato a parente, nel diritto italiano non trova definizione se non nel diritto penale definendo come prossimi congiunti “gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli zii e i nipoti, un affine in linea retta come nuora, suoceri, genero, l’adottante o l’adottato”(art.307 comma 4° codice penale). Ma questa definizione è stata allargata a seguito di una sentenza della Cassazione del 2014 che aveva ammesso ai fini di un risarcimento, come prossimo congiunto, la fidanzata della persona coinvolta, affermando che la definizione fosse giusta in quel caso “a prescindere dall’esistenza di rapporti di parentela o affinità giuridicamente rilevanti come tali”. La stessa corte di Cassazione ha ribadito poi nel 2019, che due persone conviventi, anche in questo caso non legate quindi da vincolo di parentela, siano da ritenersi “prossimi congiunti”. Considerando anche questa sentenza, le coppie di tanti fidanzati, che oramai già da 2 mesi non si sono potute incontrare, anche se non conviventi, dovranno aspettare ancora per poter stare un po’ insieme? Probabile, ma aspettiamo i prossimi necessari chiarimenti che possano evitare discussioni e soprattutto contenziosi.