Tutti i nodi della Sanità
Liste di attesa, risorse della torta del fondo sanitario nazionale, finanziamenti rispetto al Pil, norme sul personale che manca nelle corsie, tutela delle fasce deboli e fragili della èpopolazione, la prevenzione, i Lea e gli screening. Fari puntati sul Governo della Salute: è ancora scontro nell’Aula della Camera nel corso del premier Time tra il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il capo dell’opposizione in Parlamento segretaria del Partito democratico Elly Schlein.
La premier ha difeso l’operato del Governo mentre la Schlein nella replica ha sottolineato che ovunque al mondo si calcolano i finanziamenti sul PIL sottolineando che la spesa privata, pagata di tasca dai cittadini è aumentata in un anno, del 10 per cento, il soldoni 4 miliardi di euro che si aggiungono ai40 di spesa privata e di cui solo 17 intermediati dalle assicurazioni, Fondi messi sulla riforma dell’IRPEF e teoricamente sottratti a una possibile boccata d’ossigeno del Ssn.
Il presidente del Consiglio ha risposto con alcuni numeri difficili da contestare: “Il Fondo sanitario nazionale è stato portato a 136 miliardi e 500 milioni nel 2025 ed è un fatto che si tratta del livello più alto di sempre. Quando noi ci siamo insediati nel 2022, quel Fondo era di 126 miliardi. Erano 10 miliardi meno di adesso e il PD, quando è stato al Governo, non si è mai sognato di fare aumenti come quello che abbiamo fatto noi in questi 2 anni. Quindi l’argomento di riserva è che la spesa sanitaria non va considerata in termini assoluti, va considerata in rapporto al PIL e io continuo a ritenere che non ci sia alcun nesso logico tra la crescita economica e la qualità del sistema sanitario. Non è che se l’economia va meglio e quelle risorse incidono in modo diverso in rapporto alla ricchezza cambia lo stato del sistema sanitario.
Dopodiché ho sentito dire molte altre cose che, francamente, non condivido. Ho sentito dire che il Governo favorisce il privato, vuole una sanità a misura di portafoglio. Ora chiedo anche, per parlare di cose serie, di citare anche i provvedimenti con i quali staremmo facendo queste cose. Perché mi risulta che, per esempio, collega Schlein, siamo stati noi a fermare il fenomeno dei medici a gettone: fenomeno odioso, che è, sì, una privatizzazione della sanità con medici, dipendenti degli ospedali, che guadagnavano molto di meno di quelli che venivano – guarda caso – dalle cooperative. Lo abbiamo fermato noi questo sistema. Così come ci siamo occupati di mettere noi un limite all’intramoenia, perché c’era questo fenomeno pazzesco di medici del sistema sanitario nazionale che in un giorno, nell’ospedale pubblico, facevano 9 – e dico 9 – visite o prescrizioni e poi ne facevano 90 nello stesso ospedale, nello stesso giorno, in regime di libera. Siamo intervenuti noi per affrontarlo. Per il personale sanitario: abbiamo garantito le risorse per i rinnovi contrattuali; abbiamo aumentato le indennità di chi lavora in pronto soccorso; abbiamo pagato di più le borse di studio per chi si specializza in medicina d’urgenza; abbiamo previsto norme severe per chi aggredisce i medici e gli infermieri. Sulle liste d’attesa, oltre alle risorse che sono nel decreto al quale lei faceva riferimento, abbiamo stanziato altri 870 milioni di euro in 2 anni per aiutare le regioni ad abbattere le liste d’attesa; abbiamo previsto l’apertura degli ambulatori in orari serali, il sabato, la domenica; abbiamo ampliato l’offerta. Dove questi strumenti sono attivi, i dati dicono che le cose vanno meglio. Ci stiamo continuando a lavorare. Ci stiamo continuando a lavorare e aggiungo: sono entrati, grazie a noi, in vigore i nuovi LEA, cioè i cittadini potranno accedere a nuove prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale che, in alcuni casi, aspettavano da 20 anni. Ora, sono tutte cose che ha fatto questo Governo. Basta? No, non basta. Sicuramente non basta. Un’altra cosa che si può fare – e che il Governo intende fare – la propongo anche al contributo di quest’Aula. Perché in Italia quali sono le priorità, qual è la situazione, come si deve operare sulla sanità è deciso dal Piano sanitario nazionale. Lei sa, onorevole Schlein, qual è l’ultima volta che in Italia è stato scritto un Piano sanitario nazionale? Era il 2011, era un Governo di centrodestra. Siete stati al Governo 10 anni, non avete mai scritto e messo in campo un Piano sanitario nazionale e oggi, che siete all’opposizione, ci venite a spiegare quanto sia importante la sanità? Noi vogliamo scrivere il nuovo Piano sanitario nazionale e speriamo che su questo almeno, ci vogliate dare una mano invece di preferire stare lì a fare le “macumbe” perché le cose vadano male e magari potete risalire nei sondaggi.
Schlein ha poi replicato: “Presidente, io non so da quanto tempo lei non lasci il palazzo per andare davvero in un ospedale, ma le do una notizia: i gettonisti ci sono ancora e se ci sono è perché quando lei era al Governo con Berlusconi ed io ero ancora all’università, l’avete messo voi un tetto alle assunzioni del personale fissato al livello del 2004 meno l’1,4% che oggi sta svuotando i reparti, per cui la gente non si riesce più a curare. Si vergogni di stare ancora all’opposizione dal Governo”. Ha poi mostrato un grafico: “Glielo devo lasciare oggi, perché stiamo dicendo che la spesa in termini assoluti è aumentata con lei come è aumentata con tutti quelli prima di lei. Ma dica lei al mondo che si sbaglia se ovunque si calcola sul PIL la spesa nazionale, perché è quello il dato che sta scendendo e da cui si vede che volete una sanità a misura del portafoglio delle persone. I suoi tagli li pagano i cittadini, letteralmente, Presidente, perché la spesa – e questi sono dati della Corte dei conti – la spesa di tasca loro è aumentata in un anno, mentre voi eravate al Governo, del 10 per cento: sono 4 miliardi di euro. Gli stessi che avete messo sulla riforma dell’IRPEF, perché voi togliete con una mano quello che fingete di dare con l’altra. È una vera e propria tassa Meloni. Curarsi è diventato un lusso. Siamo la Repubblica delle liste d’attesa mentre, tra i vostri, c’è chi ci guadagna – vero – con le sue cliniche private? Il vostro decreto “fuffa” sulle liste di attesa – le do un’altra notizia – non prevedeva risorse aggiuntive. Non si capisce di cosa parli. Li conoscerà i suoi provvedimenti, Presidente? ASL 3 di Genova, a dicembre: 159 giorni per una visita oculistica, oggi ne aspettano 266. A Torino: quattro mesi nel maggio scorso per una colonscopia, oggi non riescono più a prenotarla. Ora, tolga il blocco delle assunzioni; prenda i 5 miliardi di euro che le abbiamo detto, per salvare la sanità pubblica”. Le liste d’attesa? Sono, essenzialmente, colpa delle regioni, il Governo ha fatto tutto quello che poteva; così come i 25 mesi di calo della produzione industriale sono colpa dell’Europa; il fallimento dei suoi centri in Albania sono colpa dei giudici. Lei vive in un mondo fantastico, dove quando una cosa funziona è merito suo, quando una cosa non funziona è sempre colpa degli altri”. Torni in connessione, un minuto, con il mondo reale e vada a spiegare che è sempre colpa di qualcun altro a quella donna che, a Pesaro, qualche mese fa, mi ha detto che dopo una diagnosi di tumore non riusciva a prenotare le visite nel pubblico e ha dovuto sborsare 500 euro per andare dal privato; ad una ragazza, una settimana fa a Terni, che mi ha detto: “Non ho voce perché da più di un anno aspetto un intervento per togliermi un polipo alla gola”. Dopo tre anni, non ci sono scuse, Presidente. La colpa non è degli altri, è vostra”.
Come sempre lo scontro politico sulla sanità si veste di ideologia e non si riesce a discutere pacatamente delle verità che spesso invece sono mezze verità. La certezza da cui partire è che il governo della Salute è una delle principali sfide di tutti i Paesi del mondo. L’Italia, nonostante le difficoltà degli ultimi anni, continua ad avere uno dei sistemi universalistici più efficaci al mondo ma ha davanti alcuni scogli da superare. Quelli della sostenibilità delle nuove cure sebbene questo sistema sia messo in difficoltà da un modello organizzativo obsoleto sul quale si misurano tra l’altro i fabbisogni di risorse.
Partiamo da finanziamento e spesa del SSN: occorre fare chiarezza. Il finanziamento viene spesso usato come sinonimo di spesa sanitaria ma i due concetti sono distinti: il finanziamento lo decide il governo (con gli stanziamenti della legge di bilancio e le eventuali integrazioni) per garantire i Livelli Essenziali di Assistenza in condizioni di equità, efficacia e appropriatezza mentre la spesa la determinano le Regioni. Il disallineamento tra finanziamento e spesa ha generato e continua a generare disavanzi regionali di gestione. Il finanziamento “ordinario” si distingue poi da quello “effettivo” cui si arriva sommando le entrate proprie degli enti del SSN (quali i ticket e i ricavi dell’attività intramoenia). Finanziamento ordinario ed effettivo servono per finanziare la spesa corrente del SSN, non quella in conto capitale (investimenti).
Dal 2000 al 2024 abbiamo assistito a tre fasi: una di forte espansione del finanziamento (che passa in termini nominali da 66 miliardi nel 2000 a 97 miliardi nel 2009 cioè, dal 5,5 al 6,8 in percentuale del Pil). La crisi finanziaria di quell’anno ha come conseguenza un rallentamento del finanziamento (e addirittura una riduzione in termini nominali tra il 2012 e il 2013, nel pieno della crisi dei debiti sovrani).
Nella fase di uscita dalla crisi, tutti i governi che si succedono aumentano il finanziamento di circa un miliardo di euro all’anno, portandolo da 110 a 114 miliardi di euro tra 2015 e 2019 che però si traduce in una riduzione del finanziamento in percentuale sul Pil dal 6,6 al 6,4 per cento (e una sostanziale stabilizzazione in termini reali).
Con la legge di bilancio per il 2020, si passa da 1 a 2 miliardi di incremento del finanziamento. Con l’avvento della pandemia il finanziamento cresce di circa 6 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, che consente di raggiungere il 7,3 per cento del Pil (anche per la consistente riduzione dell’attività economica). E’ dunque chiaro che il Fondo sanitario nazionale per non andare a debito deve accompagnare la crescita economica del Paese e che il solo rapporto rispetto al Pil è fuorviante. Dallo stop imposto dalla crisi dei debiti sovrani, il finanziamento del SSN si muove intorno alla crescita reale dell’economia con un disavanzo pubblico in leggera riduzione.
Il processo si interrompe con la pandemia: a fronte di un crollo del Pil, crescono i finanziamenti reali al SSN. Con l’uscita dalla pandemia si osserva il fenomeno opposto: la crescita economica del Pil è più veloce della crescita del finanziamento al SSN per cui il rapporto cala. Sebbene in termini nominali non si è mai speso tanto, in termini reali siamo tornati a livelli antecedenti il Covid, con un disavanzo molto più alto che dovrà essere ridotto nei prossimi anni. Un processo che renderà molto complicato aumentare significativamente i fondi per il SSN nei prossimi anni in assenza di una robusta crescita economica del Paese.
E’ dunque lecito chiedersi: è sufficiente aumentare il finanziamento?
La Legge di Roemer (a un letto costruito corrisponde un letto occupato), ha messo in luce la relazione tra l’offerta di servizi sanitari e la domanda dimostrando che l’aumento della disponibilità di risorse sanitarie, come ospedali o medici, può portare a un aumento dell’utilizzo di tali risorse anche in assenza di un reale aumento del bisogno di cure. Fuchs ha analizzato il ruolo del mercato e dello Stato nel sistema sanitario, riconoscendo i vantaggi e i limiti di entrambi gli approcci. Ha sostenuto che il mercato può svolgere un ruolo importante nel fornire servizi sanitari efficienti ma ha anche sottolineato la necessità di un intervento pubblico per garantire l’equità, correggere i fallimenti del mercato e proteggere i consumatori.
In sintesi i sistemi più proiettati al mercato hanno liste d’attesa inferiori, maggiore efficienza, più attenzione all’innovazione ma maggiori costi, e disuguaglianze. Sistemi più proiettati sul pubblico hanno invece garanzie di accesso universale, costi inferiori e più sostenibili, maggiori attese, difficoltà all’accesso all’innovazione. E’ dunque auspicabile un sistema che sfrutti al meglio le caratteristiche di entrambi considerando che se aumento le dotazioni finanziarie ed umane risolvo temporaneamente le attese ma non controllo l’appropriatezza della domanda. L’economia sanitaria ha regole proprie: la tecnologia digitale sarà dunque fondamentale per il governo delle attese.
LE SOLUZIONI
La chiave è utilizzare l’innovazione: organizzativa, farmaco-biologica e tecnologica. Pensiamo all’ospedale virtuale: la tecnologia digitale trasformerà il SSN. L’intelligenza ibrida (mix artificiale ed umana) inciderà sui bisogni del sistema (umani e strutturali). L’analisi dei dati migliorerà l’organizzazione e la gestione del SSN omogeneizzando meglio l’offerta. La tecnologia farmaco-biologica personalizzerà sempre di più le terapie e si mixerà con quella digitale e saranno necessarie riforme strutturali con de-ingegnerizzazione del sistema e adeguamento della formazione. Bisogna infine ricostituire il “patto di cura” per superare il burn-out che spinge oggi all’abbandono di molti operatori.