Intervista alla Dottoressa Stefania Iade Trucchi, Psicologa, Psicoterapeuta e Terapeuta EMDR Practitioner specializzata nelle aree del Disturbo post-traumatico da stress e del disturbo da trauma complesso, attacchi di panico, disturbi alimentari, dipendenze affettive, violenza
Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD, post-traumatic stress disorder) in psicologia e psichiatria è l’insieme delle forti sofferenze psicologiche che fanno seguito a un evento traumatico, catastrofico o violento subìto.
È noto anche come nevrosi da guerra, proprio perché inizialmente riscontrato in soldati coinvolti in pesanti combattimenti o in drammatiche situazioni belliche. Ne parliamo con la Dottoressa Stefania Iade Trucchi, Psicologa, Psicoterapeuta e Terapeuta EMDR Practitioner specializzata nelle aree del Disturbo post-traumatico da stress e del disturbo da trauma complesso, attacchi di panico, disturbi alimentari, dipendenze affettive, violenza.
Dottoressa, può inquadrare il problema dandoci un quadro epidemiologico aggiornato?
“Il Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD) è un disturbo che può emergere dopo aver vissuto eventi traumatici. In Italia, durante la prima ondata della pandemia di COVID-19, circa il 43,8% delle persone ha riportato sintomi di PTSD, con una prevalenza maggiore tra le donne e i giovani. Il Disturbo da Trauma Complesso (CPTSD) si manifesta in persone che hanno subito traumi prolungati, come abusi infantili. È meno documentato ma altrettanto rilevante in Italia”.
Quali sono i sintomi che devono far scattare un campanello d’allarme?
“Per il PTSD, uno dei sintomi principali è il rivivere continuamente l’evento traumatico attraverso flashback o incubi. La persona potrebbe anche evitare situazioni, luoghi o persone che le ricordano il trauma, e mostrare una tendenza a isolarsi. Spesso, chi soffre di PTSD ha difficoltà a dormire e può sembrare sempre in allerta o facilmente irritabile. Questi sintomi possono rendere difficile per la persona concentrarsi e possono influenzare negativamente le sue relazioni e il suo lavoro. Nel caso del CPTSD, oltre ai sintomi del PTSD, la persona può avere gravi difficoltà nella regolazione delle emozioni. Può provare sentimenti persistenti di tristezza, rabbia o paura che sembrano sproporzionati rispetto alla situazione attuale. Le relazioni interpersonali possono essere problematiche, con difficoltà a fidarsi degli altri o a mantenere relazioni strette. Inoltre, la persona può avere una percezione negativa di sé stessa, sentendosi spesso inutile o in colpa senza un motivo evidente”.
La tempestività nell’intervenire è fondamentale ai fini della diagnosi e della cura?
“Intervenire tempestivamente per il PTSD e il CPTSD è cruciale. Una diagnosi e un trattamento rapido migliorano significativamente le possibilità di recupero, riducono l’intensità dei sintomi e prevengono complicazioni come la depressione e l’abuso di sostanze. Trattamenti iniziati subito dopo il trauma sono più efficaci e riducono il rischio di ricadute, garantendo un miglioramento più rapido e duraturo”.
Quale approccio consiglia dopo anni di attività clinica?
“L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è altamente consigliato per il trattamento del PTSD. Questa terapia utilizza movimenti oculari guidati per aiutare i pazienti a elaborare e integrare i ricordi traumatici. È efficace nel ridurre i sintomi del PTSD e migliorare la qualità della vita. Studi hanno dimostrato che l’EMDR può portare a miglioramenti significativi in tempi relativamente brevi”.
L’epigenetica quanto influisce?
“L’epigenetica influisce sul PTSD perché i traumi possono cambiare il modo in cui i geni si esprimono, senza modificare il DNA stesso. Questi cambiamenti possono rendere una persona più vulnerabile al PTSD e influenzare come risponde al trattamento. Inoltre, queste modifiche possono essere trasmesse ai figli, aumentando il rischio di PTSD nelle generazioni future”.
Infine, la possibilità di ricadute quanto è alta dopo un percorso terapeutico?
“La terapia EMDR ha dimostrato di essere efficace nel trattamento del PTSD, ma le ricadute possono ancora verificarsi. La probabilità di ricadute dopo EMDR è generalmente inferiore rispetto ad altre terapie, ma può variare tra il 10% e il 20%. Continuare con il supporto e il follow-up terapeutico può ridurre ulteriormente questo rischio”.
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