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Immunologia, le nuove frontiere di una disciplina chiave per vivere a lungo e in Salute

Da piccolo capitolo della Biologia, approfondito in poche pagine nei manuali di Fisiologia e Patologia generale di 40 anni orsono, alle frontiere della psico-neuroendocrino immunologia che collega, attraverso l’asse ipotalamo ipofisario e le placche intestinali di tessuto linfatico del Peyer e il microbiota intestinale, un complesso e per certi versi ancora inesplorato network in grado di influenzare e presiedere molteplici aspetti del nostro stato di salute. Ne ha fatta di strada, nell’ultimo mezzo secolo, l’Immunologia di base e clinica e oggi non c’è capitolo della medicina in cui non vengano considerate le implicazioni e i coinvolgimenti delle cellule del sistema immunitario guardando anche al processo di invecchiamento senza dimenticare il mantenimento dello stato differenziato (che serve ad evitare lo sviluppo di neoplasie), ma anche la lotta alle infezioni, la cura del cancro, il contrasto alle patologie neurodegenerative, la terapia delle malattie cosiddette autoimmunitarie inserite nel più ampio capitolo della Reumatologia.
In occasione della giornata mondiale dell’Immunologia che si celebra il 29 aprile vale la pena dunque accendere i fari su questa disciplina chiave per decifrare il futuro e la salute dell’uomo sul Pianeta Terra. Su un concetto tutti sono d’accordo: “L’immunologia – avverte Giuseppe Matarese, ordinario di immunologia della Federico II – ha migliorato in modo straordinario la nostra vita sia dal punto di vista dell’adattamento alle condizioni ostili del pianeta e dunque della sopravvivenza della specie sia per garantire una vita sempre più lunga e in salute al progredire delle condizioni igieniche, di alimentazione e di conoscenza dei meccanismi che presiedono il sistema immunitario. Volete degli esempi? Basti pensare all’immunologia del cancro: lo sviluppo di un tumore, nelle fasi iniziali ma anche lungo la strada che conduce alla progressiva perdita dello stato differenziato di cellule e tessuti, si accompagna sempre ad una caratteristica paralisi immunitaria che trae origine dallo stesso freno alla reazione immunitaria che si realizza durante lo sviluppo embrionale. Il paradigma è dunque quello del cancro inteso come una perdita di stato differenziato che fa regredire cellule e tessuti ad uno stadio in cui aumenta la potenza di quel clone come nell’embrione si parte da una cellule totipotente, poi pluripotente e infine multipotente. Questa marcia indietro evolutiva delle cellule, basata su precise interferenze genomiche ma anche microambientali e dunque epigenomiche, se fosse controllabile schiuderebbe la strada della riparazione e rigenerazione tessutale, alla possibilità di dialogare con le cellule sul piano biochimico e non solo, consentendo di controllare l’invecchiamento anche (le cellule tumorali sono anche dette immortalizzate, in quanto messe in coltura si autoriparano indefinitamente). Insomma le potenzialità degli studi legali all’immunologia sono straordinarie e non è un caso che uno dei capitoli più rivoluzionari della ricerca farmaceutica degli ultimi anni si basa proprio sul ruolo biologico di alcune molecole, sull’uso di anticorpi bispecifici o monoclonali in grado di giungere su un determinato bersaglio modificandone la dinamica clinica. Il connubio poi della staminalità di cellule e tessuti e della regolazione del sistema immunitario appaiono essere architravi del futuro presente e del futuro prossimo nella cura di molte malattie.

“Negli ultimi mesi, nuove evidenze scientifiche stanno riportando l’attenzione su un tema fondamentale nella lotta al Covid-19 – spiega Corrado Perricone, ematologo napoletano già componente del Consiglio superiore di Sanità, ex primario di immunoematologia del Santobono Pausilipon e in passato responsabile del centro di riferimento regionale di emocoagulopatie (malattie emorragiche e trombotiche) della Regione Campania – mettendo in risalto il ruolo del sistema immunitario e in particolare dei linfociti, dopo la vaccinazione. Secondo uno studio guidato da David Lv Bauer, Direttore del Francis Crick Institute, alcuni vaccini potrebbero avere un effetto permanente sui linfociti T, cellule bianche cruciali per la nostra risposta immunitaria. I dati emersi suggeriscono che la vaccinazione potrebbe modificare la normale funzionalità di questi linfociti, aprendo la strada a nuove riflessioni sulla gestione della salute immunitaria a lungo termine”.
Non è la prima volta che l’attenzione viene puntata sui linfociti nel contesto Covid. Già all’inizio della pandemia Perricone, attualmente responsabile scientifico della Fondazione Mediterraneo, aveva sottolineato l’importanza di monitorare lo stato immunitario dei pazienti, proponendo la tipizzazione linfocitaria come esame chiave.
Questa intuizione, oggi confermata da nuovi studi internazionali, ha permesso di anticipare l’importanza di conoscere a fondo la propria condizione immunitaria, soprattutto in vista di una vaccinazione.

Tipizzazione linfocitaria: che cos’è e a cosa serve
La tipizzazione linfocitaria è un’indagine che permette di analizzare in dettaglio i diversi tipi di linfociti presenti nel sangue, fondamentali per garantire una risposta immunitaria efficace.
Attraverso questo esame si possono distinguere:
• Linfociti T totali (CD3): il principale esercito di difesa.
• Linfociti Helper (CD4): aiutano i linfociti B a produrre anticorpi.
• Linfociti Suppressor (CD8): regolano e controllano l’attività immunitaria.
• Cellule Natural Killer (CD16, CD56): intervengono rapidamente contro virus e cellule tumorali.
• Linfociti B (CD19): responsabili della produzione di anticorpi.
• Linfociti CD8 attivati: capaci di eliminare il virus al primo contatto.
Questi dati, ottenuti tramite tecniche come la citofluorimetria, offrono una fotografia concreta della funzionalità del sistema immunitario.

Proteina spike e Long Covid: il nuovo scenario
Un altro dato interessante arriva da uno studio condotto da Zoe Swank, ricercatrice al Brigham and Women’s Hospital di Boston. È stata identificata la presenza di proteina spike intatta nel sangue di pazienti post-Covid, il che suggerisce che alcune cellule infette non vengano riconosciute e distrutte dal sistema immunitario. Questo meccanismo potrebbe spiegare, almeno in parte, il fenomeno del Long Covid, con sintomi persistenti anche a distanza di mesi dall’infezione. Le raccomandazioni degli esperti in caso di complicanze post-vaccinazione raccomanda la quantificazione degli anticorpi anti-spike: per monitorare la risposta immunitaria. La valutazione delle IgG4: anticorpi che potrebbero indicare una reazione anomala, la ricerca diretta della presenza della proteina spike per escludere eventuali focolai nascosti”.
Il Covid-19 ha rivoluzionato la medicina moderna, ponendo al centro della scena il sistema immunitario come mai prima d’ora. Oggi sappiamo che conoscere il nostro stato immunitario — e proteggerlo — è essenziale non solo per affrontare il virus, ma anche per prevenire complicanze future. La tipizzazione linfocitaria, da strumento di nicchia, è diventata un alleato fondamentale per chi vuole agire in maniera consapevole e responsabile.

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