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Immunoterapia nel glioblastoma, protocollo sperimentale punta sulle reinfusioni

Dall’Istituto Neurologico Besta di Milano una tecnica che sfrutta i linfociti T infiltranti il tumore: apre la strada a una terapia su misura per uno dei tumori cerebrali più aggressivi

Il glioblastoma è un tumore cerebrale tristemente noto, uno dei più difficili da trattare. Nonostante decenni di ricerca, le opzioni terapeutiche si scontrano con la natura evasiva e aggressiva della malattia. In questo senso, ogni nuova scoperta accende una speranza per migliaia di pazienti. Ed è proprio da Milano che arriva l’ultima notizia: una terapia immunologica personalizzata che sfrutta le difese del paziente per combattere il tumore.

Pubblicato su Nature Communications, il razionale dello studio condotto da un team dell’Istituto Neurologico Carlo Besta, guidato dalla ricercatrice Serena Pellegatta, propone un approccio inedito: utilizzare i linfociti T infiltranti il tumore (TIL), cellule immunitarie già presenti nel microambiente tumorale, ma spesso in numero ridotto e in stato di “esaurimento funzionale”. Il metodo sviluppato consente di isolare, espandere e potenziare in laboratorio proprio quei linfociti T reattivi, mantenendone intatta la memoria immunitaria e adattandoli su misura per ciascun paziente.

Queste cellule, denominate tr-TIL (tumor-reactive TIL), una volta reinfuse nel paziente, si sono dimostrate in grado di riconoscere e attaccare selettivamente le cellule tumorali. Ma non è tutto: i ricercatori hanno anche identificato un meccanismo chiave che il glioblastoma utilizza per sfuggire al sistema immunitario, ovvero la proteina PD-L1. Bloccandone l’azione, i tr-TIL diventano ancora più efficaci, smascherando il tumore e potenziando la risposta immunitaria.

Il protocollo messo a punto al Besta parte dal materiale asportato durante l’intervento chirurgico. I neurochirurghi, grazie all’uso di uno strumento a ultrasuoni, raccolgono il tessuto tumorale insieme alle cellule immunitarie infiltranti. In laboratorio, i linfociti T reattivi vengono identificati tramite il marcatore CD137 e coltivati in presenza di fattori specifici che ne favoriscono l’espansione e ne preservano funzionalità e memoria immunitaria.

Lo studio ha coinvolto 161 pazienti con diagnosi di glioma diffuso. Nei test preclinici condotti su modelli animali, la somministrazione dei tr-TIL ha determinato un rallentamento della crescita tumorale nel 70% dei casi, con un corrispondente aumento della sopravvivenza. Un risultato che, secondo gli autori, apre la strada a una nuova strategia terapeutica personalizzata.

“Il nostro studio dimostra che la terapia con tr-TIL ha la possibilità di diventare un’opzione concreta per i pazienti affetti da glioblastoma”, hanno annunciato gli specialisti. Il protocollo è già stato adattato agli standard GMP (Good Manufacturing Practices), condizione necessaria per l’applicazione clinica, e il prossimo passo sarà l’avvio dello studio clinico ReacTIL, che testerà sicurezza ed efficacia della terapia nei pazienti.

A sottolineare l’importanza della scoperta è anche Francesco Di Meco, Direttore del Dipartimento di Neurochirurgia del Besta e della Scuola di Specializzazione della Statale: “Le strategie immunitarie di trattamento dei tumori sono estremamente interessanti in quanto mirate a sfruttare risorse proprie dell’organismo evidentemente neutralizzate dalla malattia. Questo concetto si è rilevato vincente nei confronti di alcuni tumori sistemici, ma non ha mostrato efficacia nei confronti del glioblastoma, tumore che ad oggi purtroppo non riusciamo a contrastare in maniera efficace. Lo studio diretto dalla dottoressa Pellegatta sembra identificare una strategia efficace nell’aggredire le cellule del glioblastoma e getta le basi per una immediata applicazione in campo clinico nell’obiettivo di offrire ai nostri pazienti reali prospettive di trattamento efficace”.

Se i risultati dello studio clinico confermeranno quanto osservato in laboratorio, la terapia con tr-TIL potrebbe rappresentare una svolta nella cura del glioblastoma, offrendo finalmente una risposta concreta a una delle sfide più ardue dell’oncologia moderna. Una terapia su misura, costruita a partire dalle stesse cellule del paziente, che non solo promette efficacia, ma apre una nuova frontiera nella medicina personalizzata.

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