Studio dell’università di Salerno, Tor Vergata e del Politecnico delle Marche
Per la prima volta al mondo uno studio scientifico comprova la presenza di microplastiche (non i suoi sottoprodotti chimici già rilevati in precedenti studi tedeschi) nelle urine umane. Sono questi i risultati di uno studio preliminare pubblicato sulla rivista scientifica Toxics. Gli autori (Concetta Pironti, Valentina Notarstefano, Maria Ricciardi, Oriana Motta, Elisabetta Giorgini e Luigi Montano, specialisti della Asl e dell’Università di Salerno, dell’Università Tor Vergata e del Politecnico delle Marche) hanno documentato in 6 persone, 3 donne e 3 uomini, residenti in varie zone del Sud nella zona della Terra dei fuochi, la presenza di tali microplastiche nell’emuntorio renale che evidentemente testimoniano la loro presenza anche nel sangue. “L’inquinamento ambientale – si legge nel lavoro – e l’accumulo specifico di microparticelle di plastica aumentano lo stress per la sicurezza e la salute umana. In questo lavoro preliminare abbiamo valutato per la prima volta la presenza di tali particelle nei campioni di urina raccolti da sei volontari provenienti da diverse città del sud Italia (tre uomini e tre donne)”. Per identificare le matrici polimeriche, consentendo così il rilevamento di frammenti di PVA, PVC, PP e PE (delle dimensioni 4-15 μm) è stata utilizzata la microspettroscopia Raman.
INQUINAMENTO E SALUTE
“Molti studi recenti, relativi alla presenza di microplastiche nell’ambiente – avverte Luigi Montano, uroandrologo della Asl di Salerno – hanno già evidenziato la contaminazione di acqua, cibo e suolo e, quindi, non sorprende rilevare questi inquinanti anche in campioni umani”. In conclusione i ricercatori ritengono che la ricerca scientifica dovrebbe focalizzarsi su nuove metodologie e protocolli analitici in grado di valutare gli effetti di questi contaminanti nell’uomo e negli animali, per caratterizzare meglio il livello di rischio e per comprendere le possibili vie di trasporto nei fluidi biologici e tessuti per elaborare al contempo strategie di contrasto dei danni alla salute che ne derivano. In letteratura, la presenza ambientale di microplastiche è stata ampiamente indagata. Particelle derivate dalla degradazione delle plastiche sono state rilevate nell’aria, nel suolo, negli ambienti acquatici, comprese le specie marine, e in diverse specie animali commestibili (frutti di mare e pollo) e campioni di cibo, come sale, zucchero, miele, latte, bibite e acqua potabile.
Il rischio per la salute umana è conseguenza del rilascio nell’ambiente non solo di micro e nanoplastiche, ma anche di additivi, inclusi monomeri, composti organici e inorganici e tutte le altre sostanze utilizzate nella formulazione delle materie plastiche. Studi scientifici hanno dimostrato l’attività di interferenza endocrina e le proprietà cancerogene di vari additivi, come ritardanti di fiamma bromurati (BFR), derivati fenolici (alchilfenoli e bisfenolo A), di(2-etilesil)adipato (DEHA) ed esteri o ftalati dell’acido ftalico (PAE). Inquinanti organici persistenti (POP), principalmente idrocarburi policiclici aromatici (IPA), bifenili policlorurati (PCB), eteri di difenile polibromurato (PBDE) e diclorodifeniltricloroetano (DDT), con effetti negativi sulla salute umana. Tali sostanze possono essere adsorbite da tali particelle di microplastiche che funzionerebbero da vettori e trasportate nell’ambiente. Le stesse nanoplastiche di polistirene (PS) causano diversi effetti indesiderati, tra cui una riduzione della vitalità delle cellule polmonari umane, l’arresto del ciclo cellulare, l’attivazione di geni infiammatori e la promozione dell’apoptosi cellulare (morte cellulare programmata).
LA CONTAMINAZIONE
Oggi, la contaminazione di cibi e bevande è diventata una grande preoccupazione anche se la plastica è stata a lungo considerata inerte dopo l’ingestione attraverso il tratto gastrointestinale. Recenti studi hanno suggerito che le membrane cellulari e anche il sistema circolatorio potrebbero essere attraversate da piccole particelle con dimensioni inferiori a 10 μm. Le microplastiche sono state trovate inoltre in campioni di feci umane e di animali da compagnia. Secondo un altro studio le feci raccolte da otto volontari umani (tre uomini e cinque donne, 33-65 anni) provenienti da diversi paesi contenevano 20 pezzi di microplastiche per 10 g di feci. Per quanto riguarda la matrice polimerica, sono stati trovati principalmente polipropilene (Pp) e polietilene tereftalato (PET) di dimensioni 50−500 μm [23]. Concentrazioni di MP di Pet e policarbonato (PC) fino a 82.000 ng/g e 2100 ng/g sono state rilevate, rispettivamente, in tre campioni di meconio prelevati da sei campioni di feci di neonati e dieci adulti. Inoltre microplastiche sono state trovati nella placenta umana, nel latte materno umano e nell’espettorato. La presenza di microplastiche PP e Pet è stata rilevata anche in campioni di tessuto polmonare supportando anche l’inalazione come via di esposizione.
Attualmente c’è un crescente interesse scientifico sulla presenza di microplastiche negli esseri umani e sui loro effetti sul corpo umano. Dopo la recente identificazione nei fluidi umani, sono stati condotti studi in vitro e in vivo per analizzare i loro effetti avversi. Il rischio tossicologico dovuto all’esposizione umana è stato valutato utilizzando particelle di polistirene e polietilene come materiale di riferimento per microplastiche più complesse. “In quest’ottica, nel presente studio – dicono gli autori – abbiamo analizzato campioni di urina umana raccolti da sei volontari provenienti da diverse città del sud Italia. La microspettroscopia Raman ci ha permesso di rilevare, per la prima volta, la presenza di microplastiche in quattro campioni su sei. Si tratta di uno studio preliminare per comprendere l’evoluzione delle microplastiche dopo il processo di assunzione nel corpo umano e il loro possibile accumulo”.
I PARTECIPANTI
I partecipanti reclutati erano studenti delle scuole superiori e universitari di età compresa tra 16 e 35 anni, residenti da almeno 5 anni nelle aree considerate. La selezione si è basata su dati demografici e variabili dello stile di vita, dieta occidentale. Uno studio precedente ha analizzato la possibilità dell’assorbimento di MP nel flusso sanguigno. Grazie alle tecniche di fluorescenza la presenza di queste microparticelle è stata identificata sia nel sangue che nelle urine dopo l’iniezione, sonda gastrica e perfusione polmonare. Uno studio condotto su cavie aveva già fornito la prova che le MP possono essere assorbite ed escrete attraverso l’urina dopo 4 ore dall’iniezione. In questo caso c’è la prova per la prima volta delle loro presenza anche nell’uomo a causa dell’esposizione ambientale.
L’EMUNTORIO RENALE
L’escrezione renale potrebbe essere una possibile via attraverso la quale eliminare le MP, anche se è noto che la barriera di filtrazione glomerulare consente il trasporto solo di particelle con dimensioni di circa 10 nm. D’altra parte è possibile che le MP passino attraverso il sistema dei tubuli renali: il meccanismo potrebbe essere correlato all’esocitosi e all’endocitosi in prossimità delle cellule epiteliali tubulari dopo aver lasciato il glomerulo attraverso l’arteria efferente ed essere entrati nel capillari peritubulari, prima dell’escrezione nelle urine.
Tutte acquisizioni che devono spingere la comunità scientifica internazionale a un uso più responsabile della plastica e alla raccolta e riciclo di queste sostanze capaci di inquinare permanentemente tutte le matrici ambientali entrando negli organismi viventi con un loro possibile ruolo nello sviluppo di malattie degenerative.
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