Operatore socio sanitario del futuro: occorre rivedere a 360 gradi la figura dell’OSS a livello di formazione nazionale
“Dal lontano 22 febbraio 2001, data in cui è stata istituita la figura dell’OSS (Operatore Socio Sanitario), la sanità italiana si è notevolmente evoluta e con essa tutte le categorie professionali che ci lavorano, ad eccezione di quella degli Operatori Socio Sanitari”, sottolinea Antonella Luci, Presidente A.I.M.O.N. (Associazione Italiana Movimento O.S.S.), con una lettera alla nostra redazione.
“Pur avendo ormai acquisito autonomia operativa nell’assistenza di base al paziente”, continua Luci, “e sopperendo di fatto a tante mansioni che, sia per carenza di personale in organico sia per precise scelte di categoria, non sono più ascrivibili agli infermieri professionali, a tutt’oggi si continua a non voler riconoscere alcuna professionalità agli Operatori Socio Sanitari, né a voler prevedere alcuna evoluzione di questa figura per la quale è ancora prevista la terza media come titolo di accesso e le sono preclusi la formazione continua e i crediti ECM (Educazione Continua in Medicina).
A.I.M.O.N. come Associazione di categoria di OSS per gli OSS, ritiene che siano ormai maturi i tempi per cambiare un po’ le cose, a cominciare dal riconoscimento a pieno titolo di questa professione tra quelle attualmente nella cd. Area Socio Sanitaria (Assistente Sociale, Sociologo, Educatore Professionale).
ià con la Legge n. 3 dell’11 gennaio 2018 art. 5 e successivamente, con apposito emendamento al cd. Decreto Sostegni bis, gli OSS sono riusciti ad entrare nell’Area Socio Sanitaria, anche se questo ingresso risulta a tutt’oggi un mero atto formale destinato a rimanere tale, finché non saranno modificati almeno 2 importanti elementi:
- il titolo di accesso alla professione;
- l’adeguato inquadramento contrattuale, sia nel settore pubblico sia in quello privato.
Riguardo al punto 1 attualmente, per diventare OSS, basta essere in possesso del diploma di terza media e accedere a un corso di formazione professionale riconosciuto dalla Regione, al termine del quale verrà rilasciato l’attestato di qualifica di Operatore Socio Sanitario.
Com’è evidente, in base a questo percorso l’OSS, pur essendo stato ammesso nell’Area Socio Sanitaria, è attualmente relegato in un ruolo secondario rispetto ad altre figure professionali, per le quali è previsto il diploma di istruzione secondaria superiore o addirittura la laurea. Riguardo al punto 2, non si può far parte dell’Area Socio Sanitaria inquadrati contrattualmente al livello B, sia nel pubblico che nel privato. È di questi giorni la notizia che, in sede di rinnovo del CCNL Comparto Sanità, la bozza prevede in sintesi le seguenti aree:
- area degli operatori;
- area degli assistenti;
- area delle professioni della Salute e dei funzionari;
- area delle professioni di elevata qualificazione
e che l’ARAN prevede l’entrata dell’Operatore Socio Sanitario nell’area degli operatori. Come A.I.M.O.N. abbiamo già manifestato il nostro dissenso verso tale ipotesi perché, se così fosse, si creerebbe una evidente contrapposizione con il percorso intrapreso per la valorizzazione e l’evoluzione dell’Operatore Socio Sanitario.
Per noi, il far parte sia pure a livello formale dell’Area Socio Sanitaria, è solo un punto di partenza; auspichiamo che, partendo proprio da questo importantissimo passo gli OSS, nelle odierne discussioni sul rinnovo contrattuale, entrino a far parte della seconda area, ovvero dell’Area degli Assistenti.
È dunque evidente che il processo evolutivo di questa figura professionale non possa prescindere da una revisione dell’accordo stipulato in Conferenza Stato-Regioni nell’ormai lontano 22 febbraio 2001. A.I.M.O.N. propone al riguardo rilevanti modifiche: intanto che la formazione dei futuri OSS non sia più affidata alle Regioni, sia per evitare le attuali difformità formative da regione a regione, sia per evitare lo spreco di danaro attualmente generato dall’affidamento a enti di formazione privati dei corsi di formazione per OSS, corsi non sempre validi e riconosciuti, perché spesso organizzati da enti di formazione non accreditati.
A tal fine si rende necessaria un’importante precisazione: fino a qualche mese fa, la nostra Associazione riteneva necessaria e sufficiente l’istituzione in ogni regione del cd. Registro Regionale degli Operatori Socio Sanitari e degli enti di formazione professionale accreditati.
Poiché ci siamo accorti che la maggior parte delle Regioni o non intendeva istituire tale Registro o, laddove ciò era già avvenuto, si intendeva gestirlo come mera elencazione di nomi e di enti, oggi riteniamo che la strada migliore da seguire per la formazione di nuovi OSS sia quella di riformare i programmi, nonché valorizzare gli istituti tecnici superiori ad indirizzo socio-sanitario, affidando di fatto la formazione non più alle Regioni, ma alla scuola pubblica.
Appare evidente come, in un siffatto percorso formativo della durata di cinque anni, una parte rilevante possa essere attribuita al tirocinio pratico e come, a soli 18 anni, ci si possa “diplomare” OSS (quindi non più OSS con la terza media!) con la possibilità di poter proseguire gli studi a livello universitario per acquisire nuove e maggiori competenze.
Gli enti di formazione professionale accreditati, in tale ipotesi di riforma, potrebbero occuparsi dell’organizzazione dei corsi ECM, ad oggi preclusi alla nostra categoria. Così come già avvenuto per gli infermieri, l’accesso alla professione con diploma di istruzione secondaria superiore, permetterebbe agli Operatori Socio Sanitari di poter costituire il Collegio Nazionale degli Operatori Socio Sanitari (che avrebbe insito in sé il Registro Nazionale degli stessi gestito alla stregua di un vero e proprio Albo professionale), nonché i vari Collegi Regionali e Provinciali.
Tutto questo significa per noi “evoluzione della categoria”, per tutto questo noi di A.I.M.O.N. ci adoperiamo ogni giorno sia verso gli organismi decisionali e di governo preposti, sia verso i nostri colleghi, affinché i primi comprendano l’urgenza di questi cambiamenti e i secondi che nulla ci verrà concesso, se non si è uniti e si lotta insieme per obiettivi comuni”.