Dalle esperienze cliniche maturate su 485 pazienti cinesi infetti e curati nella regione di Wuhan, l’uso di un algoritmo attraverso l’impiego di machine learning (tecnologia XG Boost) è in grado di prevedere chi sarà a rischio di vita. L’albero decisionale analizzato attraverso questa macchina si basa su un modello complesso che dai dati ematochimici dei pazienti ha identificato dei punti fondamentali per prevedere l’evolvere della malattia. Questo potrebbe migliorare il processo decisionale dei medici, rendendolo più efficace evitando sprechi di tempo e risorse, curando da subito più efficacemente i pazienti che ancora non sappiamo essere più a rischio.
I risultati di questa analisi sono riportati sulla rivista Nature Machine Intelligence ed hanno evidenziato che alcuni semplici esami facilmente disponibili in tutti i laboratori, possono svolgere un ruolo predittivo sull’aggravamento ma soprattutto sulla mortalità per COVID-19. L’algoritmo impiegato nel Machine learning ha selezionato tre esami fondamentali che sono stati in grado di prevedere la mortalità sui singoli pazienti con più di 10 giorni di anticipo e un’accuratezza superiore al 90%. Questi sono:
- LDH= lattato deidrogenasi il cui aumento è correlato al danno tissutale e/o cellulare e rappresenta un marker di lesione polmonare,
- hs-PCR= proteina C reattiva ad alta sensibilità che riflette lo stato di infiammazione persistente con stress respiratorio acuto
- % di Linfociti che è un fattore critico associato alla gravità e alla mortalità e rappresenta il livello danno delle cellule polmonari).
La età media dei 485 pazienti cinesi studiati era di circa 59 anni e quasi il 60% di loro era di sesso maschile. I dati considerati validi riguardavano di 351 pazienti sui quali, i livelli relativamente elevati di LDH da soli sembravano avere un ruolo predittivo cruciale nel distinguere i pazienti che necessitavano di cure mediche immediate. Machine learning era in grado di prevedere l’aggravamento di tutti i pazienti confermati positivi, almeno 10 giorni prima degli esiti clinici attraverso i campioni di sangue e poteva mantenere un’accuratezza superiore al 90% fino a 18 giorni di anticipo. Più si avvicinava la data dell’esito del paziente rispetto a questo intervallo e più la previsione era esatta. Nei casi in cui le condizioni del paziente peggioravano, l’algoritmo era in grado di fornire un preavviso ai medici sempre con qualche giorno di anticipo.
Questa metodica di machine learning, che attraverso l’esecuzione di test ematici facilmente effettuabili in qualsiasi laboratorio, è in grado di identificare prima che si verifichino conseguenze irreversibili e con certezza quasi assoluta i pazienti ad alto rischio di complicanze e di morte, dimostra come la tecnologia sia oramai fondamentale. Speriamo sia un esempio pratico di cosa si può realizzare in molte altre aree complesse e ancora sconosciute della medicina.