Oltre 8mila patologie, spesso difficili da diagnosticare e gestire, coinvolgono più di due milioni di persone in Italia e circa 300 milioni nel mondo
Obiettivo: ridurre le disuguaglianze territoriali e rendere disponibili cure e trattamenti innovativi a tutti i pazienti. Nonostante i progressi della ricerca, solo per il 5% di queste malattie esiste oggi una cura. La questione dell’accesso equo alle terapie, farmacologiche e non, diventa quindi centrale, non solo per garantire diritti fondamentali ai pazienti, ma anche per contribuire alla sostenibilità del sistema sanitario.
È stata presentata presso la sede dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) a Roma la Campagna nazionale per la Giornata delle Malattie Rare 2026, promossa da Uniamo Rare Disease. La campagna, che proseguirà fino al 28 febbraio, intende stimolare una riflessione pubblica sul diritto alla cura e raccontare le sfide quotidiane della comunità dei pazienti rari: dalla diagnosi alla presa in carico, fino alla ricerca.
Negli ultimi anni la ricerca ha aperto scenari nuovi e promettenti: terapie avanzate e innovative, digital therapies e tecnologie assistive ad alto valore tecnologico, processi di drug repurposing che danno nuova vita a farmaci già in uso, oltre a trattamenti non farmacologici fondamentali per la qualità di vita. Tuttavia, persistono forti differenze regionali nei tempi e nella disponibilità di farmaci, terapie riabilitative e ausili, con disomogeneità che si registrano persino a livello provinciale o di singole aziende sanitarie.
«Le nuove terapie andranno messe a disposizione in tempi rapidi e uniformemente su tutto il territorio nazionale – sottolinea Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo –. L’alta mobilità delle persone con malattia rara richiede un adeguamento delle procedure burocratiche, per garantire le stesse prestazioni anche al rientro a casa, e solleva un tema di sostenibilità per i centri che hanno maggiore attrattiva. I trattamenti riabilitativi, spesso unico muro rispetto al peggioramento della qualità di vita, dovrebbero essere garantiti in via continuativa e senza tetti; gli ausili necessitano di personalizzazione e individuati fra quelli più performanti».
Il presidente Aifa, Robert Nisticò, ha ricordato i progressi compiuti sul fronte dei farmaci orfani: «Oggi più del 20% dei nuovi farmaci autorizzati in Europa riguarda malattie rare e abbiamo già a disposizione oltre 140 farmaci orfani; nel solo 2024, l’Ema ha approvato 17 nuovi medicinali orfani, molti dei quali altamente innovativi. In questo scenario è prioritaria la necessità di rafforzare i registri di patologia, l’interoperabilità dei dati e un’infrastruttura informativa nazionale che consenta di misurare bisogni, esiti e valore delle terapie. Questo è cruciale soprattutto alla luce dell’arrivo di terapie ad altissimo impatto clinico ma anche economico».
La campagna 2026 sarà l’ultima tappa di quello che Uniamo definisce un “viaggio” ideale. Da oggi prendono il via attività diffuse su tutto il territorio: eventi, iniziative di sensibilizzazione, progetti nelle scuole, collaborazioni con enti e istituzioni e l’attivazione di una rete territoriale rafforzata negli anni. «In questa fase faremo campagna nelle ultime tre regioni rimaste: Marche, Sardegna e Calabria – aggiunge Scopinaro –. Attenzione particolare a quest’ultima, in cui vi è una situazione più difficile di altre ma dalle potenzialità incredibili».
Il focus resta centrato sulle disomogeneità territoriali. In Italia, sette Regioni o Province autonome non hanno alcun centro di riferimento partecipante allo European Reference Network (Ern), e il 61,5% degli ospedali che partecipano ad almeno un Ern si trova nelle regioni settentrionali. «I centri Ern a elevata specializzazione sono maggiormente carenti al Sud – sottolinea Scopinaro –. Occorrerà capire come poter costruire una collaborazione allo sviluppo di competenze anche nei territori dove vi è più povertà di centri, ma dove esistono professionalità notevoli, che possono diventare un punto di appoggio regionale fantastico per dare la possibilità ai cittadini di non doversi spostare dal territorio regionale per accedere alle terapie».
Uniamo, ente coordinatore del Rare Disease Day in Italia sin dalla prima edizione e National Alliance di Eurordis, conferma il proprio impegno nel dare voce alla comunità rara e portare l’attenzione sulle necessità quotidiane dei pazienti. Il 26 febbraio si terrà l’evento istituzionale Uniamo per la Giornata delle Malattie Rare 2026, alla presenza di parlamentari e rappresentanti delle istituzioni.
La campagna si propone dunque come un momento di mobilitazione collettiva, per ribadire che il diritto alla cura deve essere garantito a tutti, senza differenze geografiche o sociali, e che la ricerca e l’innovazione devono tradursi in accesso equo e concreto alle terapie. Un principio guida deve essere quello di garantire l’accesso ai trattamenti secondo criteri di efficacia, tempestività, equità e semplificazione dei percorsi. Questo vale sia per le terapie eziologiche, mirate al meccanismo patogenetico della malattia, sia per quelle sintomatiche e di supporto, finalizzate al controllo dei sintomi, al mantenimento delle funzioni e al contrasto delle comorbidità. La qualità di vita dei pazienti rari deve restare al centro, insieme alla sostenibilità economica e organizzativa dei trattamenti, considerando i potenziali picchi di spesa legati a cluster di pazienti o all’attrattività dei centri di riferimento.
Attualmente, nei LEA sono inclusi solo i medicinali di classe A e H, come previsto dal dPCM 12 gennaio 2017. Lo stesso decreto disciplina la fornitura dei medicinali da parte delle Regioni e delle Province autonome in ambito di assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale, oltre ai farmaci per il primo ciclo terapeutico successivo alla dimissione ospedaliera o alla visita specialistica. Sono previste anche disposizioni per i medicinali innovativi e per quelli utilizzati in indicazioni diverse da quelle autorizzate, in assenza di valide alternative terapeutiche.
Ma la presa in carico dei pazienti rari non può limitarsi ai farmaci. I trattamenti non farmacologici – che comprendono alimenti a fini medici speciali, integratori, dispositivi medici, protesi, ausili e interventi riabilitativi – sono strumenti essenziali. Per molti pazienti rappresentano l’unica opzione possibile, mentre per altri costituiscono una parte integrante del piano di cura insieme ai farmaci eziologici o sintomatici. Si stima che dal 30 al 40% dei malati rari utilizzi attualmente trattamenti non farmacologici, anche in associazione con terapie farmacologiche. Il problema è che questi trattamenti sono solo in parte rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale. Alcuni rientrano nei meccanismi di rimborso previsti, ma con procedure disomogenee da territorio a territorio e valutazioni soggettive che generano disparità. Per altri, come protesi e ausili, si assiste a un vero e proprio empasse applicativo, legato alla mancata emanazione del decreto sulle tariffe massime delle prestazioni di assistenza protesica. Persistono inoltre trattamenti non farmacologici non riconosciuti come LEA, nonostante la Legge n. 175/2021 preveda esplicitamente che ogni trattamento inserito nel piano di presa in carico redatto dal Centro di riferimento debba essere garantito. La norma, però, non specifica le modalità operative, lasciando spazio a prassi generali che non contemplano la specificità delle malattie rare.
Diventa quindi indispensabile definire contenuti e modalità operative specifiche per il contesto delle malattie rare. Occorre chiarire quali trattamenti non farmacologici siano erogabili gratuitamente, quali modalità debbano essere seguite e in quali ambiti assistenziali possano essere messi in atto: ospedaliero, sovra-specialistico, territoriale o domiciliare, a seconda della complessità. Un ulteriore nodo riguarda le relazioni tra la rete malattie rare e altre reti assistenziali – riabilitazione, nutrizione, cure palliative – che possono diventare erogatrici di trattamenti vitali per alcuni pazienti. La costruzione di percorsi integrati e strutturati è fondamentale per garantire continuità e equità di accesso.





