Esami e analisi in farmacia sono all’ordine del giorno, e subito si solleva un polverone. Al centro della controversia c’è l’accordo recentemente firmato dalla Conferenza Stato-Regioni, che permette ai farmacisti di erogare prestazioni sanitarie come i test con prelievo di sangue capillare, la telemedicina e la somministrazione di vaccini. Mentre le istituzioni celebrano questo come un passo avanti verso una maggiore accessibilità ai servizi sanitari, le organizzazioni dei medici e dei biologi sollevano riserve sull’affidabilità dei responsi e sulla qualità del servizio che i cittadini potrebbero ricevere. La discussione investe aspetti di deontologia, controllo di qualità dei valori indicati, e riflette gli attriti tra figure professionali.
L’accordo annunciato aggiorna una normativa che risale a 26 anni fa (riguarda da vicino qualcosa come 19mila farmacie private e 1.700 farmacie comunali o gestite da enti) e si propone di uniformare le modalità di erogazione dei servizi sul territorio nazionale. Secondo Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni, l’obiettivo è quello di garantire una migliore risposta nei territori, un aspetto che rappresenta un passo importante per l’assistenza di prossimità.
L’accordo raggiunto ha subito sollevato un acceso dibattito tra le categorie interessate. Medici e biologi contestano in particolare la possibilità di effettuare esami clinici più complessi, che prevedono prelievi di sangue, in farmacia. La preoccupazione principale è legata all’affidabilità e all’accuratezza dei valori testati in farmacia, indagini effettuate in un contesto che, secondo i detrattori, sarebbe incapace di garantire sempre e comunque gli stessi standard di qualità degli esami condotti e refertati presso laboratori specializzati.
Le voci del dissenso
Vincenzo D’Anna, presidente della Federazione Ordini Biologi (Fnob), si è espresso con fermezza: “Siamo allibiti di fronte alla possibilità che i farmacisti possano firmare referti di esami di prima istanza, suggerendo che le attrezzature in farmacia sarebbero simili a quelle nei laboratori di analisi. Non esiste alcuna norma che consenta ai farmacisti di firmare referti diagnostici”. D’Anna sottolinea anche un aspetto cruciale: gli esami su sangue capillare, che possono essere effettuati in farmacia, non sono equivalenti a quelli su sangue venoso, che sono fondamentali per molte diagnosi. La differenza tra queste due tipologie di esami è sostanziale, e potrebbe compromettere la qualità e l’affidabilità delle diagnosi.
Sulla stessa linea si pone Gennaro Lamberti, presidente di Federlab Italia, che ribadisce l’importanza di garantire ai pazienti un processo diagnostico conforme a regole ben precise, accennando alle potenziali conseguenze medico-legali di un sistema che consente una maggiore delega alle farmacie.
Anche Anaao Assomed, il maggiore sindacato dei medici ospedalieri, ha espresso forte preoccupazione. Il segretario Pierino Di Silverio ha avvertito che l’accordo compromette la tutela della qualità dei servizi e prefigura una grave invasione di competenze di medici e altri professionisti. “Non possiamo accettare – ha dichiarato – che la refertazione degli esami venga delegata al farmacista per gli esami eseguiti in farmacia su sangue capillare, senza prevedere il rispetto di tutti i requisiti per i servizi di medicina di laboratorio accreditati”.
Le ricadute sul sistema sanitario
La questione si complica ulteriormente quando si considerano le possibili ricadute sul sistema sanitario nel suo complesso. Di Silverio ha chiarito che le nuove misure non rappresentano un antidoto alle famose liste d’attesa, fenomeno che non riguarda la diagnostica di laboratorio, dove l’offerta è già adeguata e distribuita sul territorio. La delega di funzioni diagnostiche ai farmacisti, in assenza di un chiaro controllo di qualità, potrebbe quindi portare a un abbassamento degli standard, con ripercussioni negative sulla salute dei cittadini.
La reazione da parte delle associazioni della farmacia, tuttavia, è stata di difesa. Marco Cossolo, presidente Federfarma, ha definito ingiustificata la reazione di alcune sigle del settore sanitario, sostenendo che l’accordo rappresenta un’opportunità per rafforzare l’assistenza di prossimità. Andrea Mandelli, presidente della Federazione Ordini Farmacisti Italiani (Fofi), ha ribadito la centralità del ruolo dei farmacisti nel sistema sanitario, sottolineando che la federazione sta lavorando alla predisposizione di linee guida per l’esecuzione dei test ematici capillari.
Un futuro incerto
L’implementazione di questo accordo e delle nuove prestazioni in farmacia si scontra quindi con un panorama complesso, in cui le necessità di maggiore accesso ai servizi sanitari si intrecciano con le legittime preoccupazioni riguardanti la qualità e l’affidabilità delle prestazioni. La strada da percorrere è ancora lunga e piena di ostacoli, e le posizioni delle diverse categorie professionali sembrano distanti, se non addirittura contrapposte.
In un contesto dove la salute dei cittadini è in gioco, è fondamentale che si trovi un equilibrio tra l’accesso ai servizi e la garanzia di standard di qualità elevati. La polemica attuale è solo l’inizio di un lungo e complesso dibattito che coinvolgerà istituzioni, professionisti e cittadini, tutti chiamati a riflettere su come il sistema sanitario italiano possa adattarsi alle sfide del presente e del futuro, senza compromettere la salute e il benessere della popolazione.
Convenzione farmacie, la replica di Federfarma
L’approvazione dell’Accordo Collettivo Nazionale, noto come Convenzione Farmaceutica, ha suscitato come si è visto una levata di scudi. A fronte delle osservazioni mosse dalle associazioni professionali di medici e biologi, Federfarma, il sindacato dei titolari di farmacia, ha deciso di intervenire, replicando punto per punto.
La Convenzione Farmaceutica, approvata dalla Conferenza Stato-Regioni, rappresenta un passo decisivo verso la realizzazione della farmacia dei servizi, un modello che punta a rafforzare l’assistenza sanitaria di prossimità e a rispondere in modo efficace ai bisogni di salute della popolazione, in particolare degli anziani, dei malati cronici e delle persone fragili. Tra i principali obiettivi c’è la garanzia di un accesso equo e facilitato ai farmaci prescritti dal Servizio Sanitario Nazionale, anche nelle aree più remote del Paese.
Federfarma ha espresso stupore per le critiche mosse da associazioni come ANAAO-ASSOMED, FNOB, FEDERLAB, FISMELAB e AMCLI. Secondo il sindacato, queste osservazioni deriverebbero da un malinteso o da una lettura parziale delle disposizioni contenute nel nuovo accordo. “È fondamentale chiarire che nessuna attività di diagnosi è riservata ai farmacisti, né la Convenzione prevede un simile trasferimento di competenze”.
Il fulcro della questione riguarda la regolamentazione delle attività già esistenti in farmacia. In effetti, il decreto del Ministero della Salute del 16 dicembre 2010 ha già tracciato le linee guida per l’esecuzione di analisi in farmacia, stabilendo che i farmacisti devono possedere le competenze necessarie per l’esecuzione dei test e per la corretta manutenzione delle apparecchiature. Inoltre, è previsto che i farmacisti partecipino a corsi di aggiornamento professionale per garantire il corretto utilizzo delle tecnologie impiegate.
Le modifiche introdotte dalle Leggi di Bilancio 2020 e 2021 hanno ulteriormente ampliato le competenze dei farmacisti, autorizzandoli a eseguire test mediante prelievo di sangue capillare e a somministrare vaccini. Queste norme hanno segnato un’evoluzione significativa nel ruolo del farmacista, trasformandolo in un dispensatore di test ad uso professionale, una funzione che rientra pienamente nel concetto di assistenza sanitaria di prossimità.
Il Ministero della Salute ha confermato nel 2022 che i farmacisti possono utilizzare test ad uso professionale, come i near patient testing (NPT) e point of care testing (POCT), che sono già in uso nelle farmacie. Queste innovazioni non solo migliorano l’accesso ai servizi sanitari, ma garantiscono anche che i cittadini possano contare su un supporto professionale e qualificato nel monitoraggio della propria salute.
In definitiva, l’entrata in vigore della convenzione farmaceutica non rappresenta una novità assoluta, quanto piuttosto un tentativo di dettagliare e rendere più chiara una disciplina già esistente. Federfarma, con la sua replica alle critiche, intende riaffermare il valore e l’importanza del ruolo dei farmacisti all’interno del sistema sanitario, sottolineando come il nuovo accordo sia mirato a migliorare la qualità dell’assistenza.