Dopo l’ennesimo decesso nella Capitale per una liposuzione effettuata in un centro ambulatoriale nemmeno autorizzato (da 13 anni scaduto il via libera alla realizzazione e all’esercizio dell’attività sanitaria) e a seguito del terzo decesso in circostanze simili registrato in pochi mesi a Roma scattano controlli del Nas in tutta Italia. Una attività ispettiva e di controllo condotta in sinergie con le iniziative ispettive del ministero della Salute. Sono 14 i centri chiusi dai Nas tra abusivismo, farmaci scaduti e filler venduti sul web, su 1160 strutture visitate in Italia. Sono scattati sequestri si dispositivi medici e farmaci per 3 milioni e mezzo di euro.
L’ultimo caso che ha destato l’attenzione del ministero e delle forze dell’Ordine quello della cittadina equadoriana di 46 anni deceduta dopo la liposuzione in un ambulatorio abusivo a Roma. L’intensificazione dei controlli era scattata già dallos corso mese di maggio. Una nota dei Nas parla di “recenti e drammatici episodi di cronaca legati a interventi di chirurgia estetica effettuati da personale non qualificato, incurante delle gravi conseguenze che possono derivare da prestazioni eseguite in assenza di adeguata preparazione medico-professionale, con apparecchiatura non idonea e in locali carenti dei minimi requisiti sanitari e strutturali”.
Accertati 32 illeciti penali, riconducibili all’esercizio abusivo della professione sanitaria, all’attivazione abusiva di ambulatori di medicina estetica, a irregolarità nella gestione e detenzione dei farmaci risultati scaduti, alla ricettazione di farmaci a uso ospedaliero e alla falsificazione di attestati professionali. Contestate anche ulteriori 156 sanzioni amministrative per inadempienze relative ai requisiti strutturali, strumentali e di personale che sottendono le autorizzazioni sindacali primo gradino per l’apertura di qualsivoglia centro sanitario privato. Procedure autorizzative e procedurali violate ma connesse indispensabilmente con le leggi regionali e le norme nazionali e regionali che regolano questa delicata materia che nel caso della medicina estetica si riverbera direttamente sulle tutele per i pazienti. Irrogate anche sanzioni pecuniarie per 130mila euro.
Le attività di controllo sono state estese anche ai portali che pubblicizzano sul web le attività di questi centri e di singoli professionisti. Nei casi più gravi si è arrivati all’oscuramento di quei siti web, “solitamente ospitati su server esteri e con gestori anonimi facilmente raggiungibili dall’Italia”, sottolineano dai Nas, che promuovevano o vendevano illegalmente medicinali soggetti a prescrizione medica obbligatoria, vendibili in farmacia e utilizzabili solo sotto controllo di personale sanitario; dispositivi medici iniettabili per via sottocutanea (cd. filler); prodotti cosmetici con etichettatura irregolare.
L’ultimo malore durante una liposuzione a Roma in un ambulatorio privato nemmeno autorizzato ha visto vittima Ana Sergia Alcivar Chenche, 46 anni ecuadoriana, deceduta in uno studio a Torrevecchia. Chirurgo, anestesista e infermiera sono indagati per omicidio colposo. La donna è morta al pronto soccorso del Policlinico Umberto I dove era stata trasportata a distanza di alcune ore dall’intervento domenica 8 giugno. Il medico titolare dell’ambulatorio J. L. P. sui social, prometteva «il miglior prezzo del mercato italiano senza abbassare la qualità/sicurezza in ciascun intervento». La donna, stando alle prime ricostruzioni, si stava sottoponendo a un intervento di chirurgia estetica in uno studio privato vicino a Primavalle. Il medico, l’anestesista e l’infermiera, avrebbero provato in un primo tempo a rianimare la paziente senza chiamare i soccorsi e solo successivamente avrebbero contattato un’autombulanza privata con un medico a bordo. Non risulterebbero, al momento, chiamate al 118. Giunta in ospedale in codice rosso a nulla sarebbero valse le manovre di rianimazione all’Umberto I per circa un’ora in sala rossa. L’ambulatorio è stato sequestrato, così anche la salma che sarà sottoposta ad autopsia.
Diversi i punti da chiarire: dalla dinamica dell’intervento alla efficacia dei soccorsi. Sempre nella Capitale recentemente si sono registrati altri casi fatali, vittime di interventi estetici: a novembre Margaret Spada, 22enne di origini siciliane morta dopo una rinoplastica e poi la vicenda di Simonetta Kalfus, 62enne di Ardea, morta in seguito a una grave sepsi dopo la liposuzione in uno studio privato.
“Va subito chiarito che quello questo evento tragico è la conseguenza di un intervento chirurgico, dunque non di Medicina estetica che ha altri problemi – spiega a L’Altravoce Emanuele Bartoletti presidente della Società scientifica italiana di medicina estetica, pioniere e padre di questa disciplina non chirurgica – io sono specializzato in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica – aggiunge – ma la Medicina estetica non è una specializzazione. Un medico estetico che sbaglia può sfregiare una paziente con un filler ma non può effettuare un intervento chirurgico”. Questo in teoria perché nel privato le uniche specializzazione mediche richieste sono quelle in Anestesia e in Radiologia e per le altre tutti in teoria, con la sola laurea in medicina, possono fare tutto. In molti casi dunque si finisce nei luoghi sbagliati e nelle mani sbagliate. “Nessun medico rinuncia al proprio onorario – aggiunge Bartoletti – e se si risparmia lo si fa a scapito dell’idoneità delle sedi e del personale. Nessun intervento chirurgico è una passeggiata e tutti richiedono un’anestesia. Sono interventi pericolosi? No ma lo possono diventare se male eseguiti e se effettuati in luoghi non sicuri. I pazienti normalmente vengono selezionati e se abbiamo uno scompensato o un paziente affetto da altre patologie croniche si preferisce non intervenire o procrastinare”. Per concludere la Chirurgia estetica è un aspetto della Chirurgia plastica, un campo diverso dalla Medicina estetica, disciplina non chirurgica che non esiste nel settore pubblico e per la quale non esiste un percorso di specializzazione.
Un concetto chiarito ancora meglio da Roberto D’Alessio primario dell’unità operativa complessa di Chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica del Cardarelli di Napoli, presidente eletto della Società italiana ustioni (Siust, oggi riceverà il testimone dal suo predecessore al convegno di Genova). “La Chirurgia estetica non è una procedura di Medicina estetica. L’ambulatorio non era autorizzato e questo già pone una questione di mancato rispetto di norme tese a garantire la qualità assistenziale del paziente. Quanto alla liposuzione va ricordato che parliamo di un intervento effettuato per eliminare accumuli di grasso, può essere eseguito anche in ambulatorio per piccoli interventi localizzati ma necessita invece di una struttura più attrezzata se effettuato su aree più estese. In quest’ultimo caso può diventare un intervento più impegnativo, da effettuate in ambienti protetti e dotati almeno di un’area di terapia sub intensiva”.Una tecnica per alcuni anni molto in voga, come il lipoflilling, ossia l’uso del grasso aspirato in alcune parti del corpo per riempire i glutei, è stato vietato negli Usa e anche in altri paesi europei in seguito a una serie di decessi per embolie gassose causate dal grasso insufflato in zone profonde e vascolarizzate. “Anche per la liposuzione esiste un rischio di embolia – conclude D’Alessio – negli interventi maggiori la sottrazione di grosse quantità di grasso sottocutaneo elimina anche molti liquidi con il rischio di incorrere in uno choc ipovolemico (riduzione del volume ematico) soprattutto se si interviene in zone delicate, come l’addome e l’interno cosce, aree anatomiche molto vascolarizzate. E’ per questo che gli interventi di liposuzione in particolare quelli maggiori vanno effettuati da personale specializzato in Chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica e in ambienti adeguati e protetti”.
Dall’inizio dell’anno sono almeno 5 o 6 i casi mortali in interventi indicati impropriamente di Medicina estetica (in realtà di Chirurgia estetica) registrati sia in Italia sia in altri paesi europei. Tanto che in Spagna la Società scientifica di Chirurgia plastica ha ottenuto una legge per la quale tali interventi sono eseguibili solo dagli specialisti. A chiedere di imporre paletti e norme più stringenti anche Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici.
In Italia e in altri paesi del mondo chiunque sia laureato in Medicina e senza alcuna specializzazione può nel privato effettuare interventi di questo tipo. Ovviamente nessun concorso nella sanità pubblica deroga dalla necessità si essere specializzati nella disciplina in cui si opera. Oggi per questo in Italia ritroviamo specialisti in urologia, dermatologia, chirurghi generali e in altre discipline che cedono al richiamo economico dell’estetica e aprono studi di medicina e chirurgia estetica senza incorrere in alcuna sanzione. Ovviamente nessuno si sogna dio violare le regole che prevedono la preventiva e preliminare autorizzazione sindacale alla realizzazione e all’esercizio dell’attività sanitaria che risponde almeno a requisiti minimi di qualità in termini di complessità strutturale, strumentale e di personale che il centro in questione in cui la paziente è morta non aveva più per il mancato loro rinnovo negli ultimi 13 anni. L’Associazione italiana chirurghi plastici ed estetici, ossia la società scientifica di questo settore di recente ha votato una mozione a un convegno nazionale a Rimini che modifica lo statuto e attribuisce solo agli specialisti ad operare in sala operatoria pazienti che si sottopongono a operazioni di chirurgia estetica. Potrebbe non essere sufficiente tuttavia senza un intervento del legislatore che faccia finalmente chiarezza.
Sicpre
Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica.
Maurizio Resta 3404724621
L’allarme dei medici: «Troppe morti dopo interventi estetici»
«La medicina estetica va messa in sicurezza. Quanto accaduto a Roma segue altri episodi simili negli ultimi mesi. Avevamo già chiesto un intervento di carattere legislativo che limiti l’attività chirurgica-estetica solo a chi ha titoli e competenze». Così Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri), interviene su quanto accaduto. «I cittadini devono sapere che chi ci mette le “mani addosso” è formato per farlo al meglio – continua Anelli – Quindi si devono definire i percorsi formativi che portano a sviluppare le competenze e avere elenchi da custodire negli Ordini sulla base di questi percorsi. Le società scientifiche di riferimento si stanno muovendo e abbiamo avviato degli incontri, noi daremo il nostro contributo».