Secondo i dati pubblicati su Alzheimer’s & Dementia, l’età della menopausa sarebbe un fattore da considerare per preservare memoria e funzioni cognitive
Un gruppo di ricercatori della Tohoku University Graduate School of Medicine, insieme al Tokyo Metropolitan Institute of Medical Science, ha seguito migliaia di adulti britannici e ha scoperto che le donne la cui menopausa è iniziata prima dei 40 anni, cioè con dieci o più anni di anticipo rispetto alla media, mostrano in seguito un calo più marcato di memoria, orientamento e ragionamento rispetto alle coetanee che l’hanno affrontata dopo i 50.
I risultati, pubblicati sulla rivista Alzheimer’s & Dementia, non dimostrano che la menopausa precoce causi la demenza, ma indicano con forza che potrebbe essere un fattore di vulnerabilità da tenere d’occhio quando le donne invecchiano.
Gli studiosi hanno analizzato i dati dell’English Longitudinal Study of Ageing, un progetto che dal 2002 monitora la salute di migliaia di persone oltre i 50 anni. Nello specifico sono state prese in considerazione 4.726 donne, suddivise in tre gruppi: menopausa prima dei 40 anni, tra 40 e 49, oppure a 50 anni e oltre.
Due anni dopo l’intervista iniziale, ciascuna partecipante è stata sottoposta a test di memoria a breve e lungo termine, domande di orientamento temporale e prove di linguaggio spontaneo. I risultati sono stati confrontati tenendo conto di istruzione, abitudini di vita, malattie cardiovascolari, diabete, depressione e altri fattori che sappiamo influire sulle funzioni mentali.
Le donne che avevano perso il ciclo prima dei 40 anni hanno ottenuto punteggi sensibilmente più bassi negli esercizi di orientamento e memoria rispetto a quelle che erano entrate in menopausa dopo i 50. Anche il gruppo con menopausa fra 40 e 49 anni mostrava un leggero svantaggio, ma meno marcato. Al contrario, le donne con menopausa “tardiva” — oltre i 50 — hanno mantenuto prestazioni cognitive perfino migliori degli uomini di pari età presenti nella stessa indagine.
Uno degli aspetti più discussi, la terapia ormonale sostitutiva, in questo lavoro non si è dimostrata protettiva. Le donne che l’avevano assunta non hanno evidenziato un vantaggio rispetto a chi non la usava. Gli autori precisano però che nello studio non era disponibile il dettaglio su dose, durata e momento d’inizio della terapia, tre elementi che possono fare la differenza.
I ricercatori ricordano che gli estrogeni, gli ormoni femminili il cui livello diminuisce drasticamente con la menopausa, svolgono molti ruoli nel sistema nervoso: aiutano la comunicazione fra neuroni, regolano l’afflusso di sangue al cervello e limitano le infiammazioni. Quando questo sostegno ormonale scompare con largo anticipo, il cervello potrebbe perdere una parte delle proprie “difese” proprio mentre invecchia.
C’è poi un secondo indiziato: la depressione. Chi va in menopausa molto presto ha maggiori probabilità di soffrirne e la depressione, soprattutto se non trattata, è un noto fattore di rischio per il deterioramento cognitivo.
Gli autori invitano alla prudenza: lo studio è osservazionale e non può dimostrare un rapporto di causa-effetto. Ciò non toglie che l’età della menopausa sia un’informazione facile da ottenere e che potrebbe aiutare a selezionare chi necessita di controlli più ravvicinati delle funzioni cognitive, insieme alla gestione vigorosa degli altri fattori di rischio: pressione alta, diabete, inattività fisica, fumo, dieta povera di fibre e frutta.
Secondo Miharu Nakanishi, primo autore dello studio, “le donne con menopausa precoce potrebbero trarre beneficio da uno stile di vita particolarmente attento alla salute del cervello: esercizio regolare, dieta mediterranea, sonno sufficiente e attività che stimolano l’apprendimento”. Serviranno però studi più lunghi e dettagliati — con risonanze magnetiche, analisi del sangue e controlli ogni pochi anni — per capire se intervenire presto può davvero spostare l’ago della bilancia.
- Perché alcune donne entrano in menopausa così presto? La genetica gioca un ruolo, ma contano anche fumo, malattie autoimmuni, terapie oncologiche e, in certi casi, cause ancora sconosciute.
- Un avvio mirato di terapia ormonale poco dopo la menopausa potrebbe proteggere il cervello? Studi su tempi e dosaggi sono ancora in corso.
- Ci sono biomarcatori — per esempio nel sangue — che possano segnalare un rischio maggiore di declino cognitivo in queste donne?
Per ora, la scoperta rappresenta soprattutto un invito a proseguire le ricerche sul ruolo degli ormoni femminili nella protezione del cervello. Solo così sarà possibile, in futuro, offrire soluzioni mirate alle donne che affrontano una menopausa precoce.