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No Tobacco Day, prodotti alternativi avvicinano i giovani al fumo. Nicotina, pericolo invisibile

Ogni anno, il 31 maggio, la Giornata Mondiale Senza Tabacco, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), accende i riflettori su una emergenza sanitaria globale: il consumo di tabacco e le sue conseguenze. In Italia, il fumo causa 90.000 morti l’anno, di cui quasi la metà per tumori, e genera un impatto economico stimato in 24 miliardi di euro. Ma se per i fumatori adulti la tendenza è in calo, le statistiche sui giovani raccontano una realtà ben diversa.

Secondo il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), tra gli studenti delle superiori il 40% fa uso di prodotti del tabacco, una cifra che vanifica il trend in discesa osservato negli adulti. Preoccupa in particolare il fenomeno del policonsumo, ovvero l’uso combinato di sigarette tradizionali, tabacco riscaldato e sigarette elettroniche: rispetto al 2022, è quasi raddoppiato, raggiungendo il 45,5% tra gli 11-13enni e il 70,7% tra i 14-17enni.

“L’uso composito dei prodotti da fumo rappresenta una sfida complessa per la salute pubblica,” afferma Rocco Bellantone, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità. “Non possiamo escludere che questa combinazione aumenti i rischi per la salute, esponendo le nuove generazioni a pericoli che ancora non conosciamo del tutto”.

Tra i prodotti più diffusi emergono anche le bustine di nicotina, una nuova frontiera del consumo giovanile. Se nel 2024 a provarle era stato il 3,8% degli studenti, nel 2025 la percentuale è salita all’8,2%, dimostrando la rapidissima crescita di questo trend.

Ma non è solo la quantità a destare allarme. Tra gli 11 e i 13 anni, già 240.000 studenti italiani hanno fumato o svapato almeno una volta; tra i 14 e i 17 anni, la percentuale sale al 37,4% – circa 865.000 adolescenti. Le sigarette elettroniche, con i loro aromi accattivanti e un marketing aggressivo, hanno ormai superato le sigarette tradizionali: il 50% degli studenti le ha provate almeno una volta, e il 40% ne ha fatto uso nell’ultimo anno.

“L’industria del tabacco cambia volto, ma non bersaglio,” denuncia lo studio Espad Italia 2024, condotto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). “È una lotta impari contro strategie di marketing studiate per mantenere gli adolescenti nel mirino, con prodotti percepiti come più moderni e meno dannosi.”

La diffusione dei dispositivi a tabacco riscaldato è in forte crescita: il 14% degli studenti ne ha fatto uso nell’ultimo mese. Ma l’ultima novità sono le buste di nicotina sintetica, un mix di aromi e additivi consumato per via orale, senza combustione: il 6,8% degli studenti le ha provate almeno una volta, mentre il 3% ne fa un uso corrente.

Il fenomeno non è casuale: dietro questa escalation c’è una strategia chiara e mirata. Un consumo sempre più precoce, un’industria in continua evoluzione e prodotti che sembrano “innovativi” ma alimentano una nuova dipendenza da nicotina, cambiando il volto del problema senza modificarne la sostanza.

Contrastare il tabagismo giovanile è una delle battaglie più urgenti, ma le strategie messe in campo finora sono davvero efficaci? I dati diffusi in occasione della Giornata Mondiale Senza Tabacco dimostrano che il problema è tutt’altro che risolto: la diminuzione dei fumatori adulti è stata annullata dall’esplosione del consumo tra gli studenti, con percentuali sempre più alte e una precocità allarmante.

Ma quali sono le risposte istituzionali? Gli oncologi, insieme alla Fondazione Umberto Veronesi, rilanciano uno degli strumenti più efficaci: l’aumento delle tasse sul tabacco. “È l’unica strategia che ha dimostrato una riduzione significativa del numero di fumatori,” afferma Francesco Perrone, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). Studi del Cergas dimostrano che ogni aumento delle accise sul tabacco porta a una diminuzione del consumo, ma l’Italia è ancora lontana da una politica fiscale realmente incisiva.

“Il vantaggio non è solo per la salute del singolo, ma per tutto il Servizio Sanitario Nazionale,” continua Perrone. “I ricavi derivanti dall’aumento delle accise potrebbero essere reinvestiti nella prevenzione e nella cura, ma serve un percorso politico chiaro per arrivare a questo obiettivo.”

A quasi un anno dalla pubblicazione delle linee guida dell’OMS sulla cessazione del fumo, emerge un altro dibattito: la mancata inclusione delle strategie di riduzione del danno nelle politiche globali. L’Osservatorio della Riduzione del Rischio in Medicina (MOHRE) sottolinea che questa omissione rappresenta un’occasione mancata per la salute pubblica.

“L’OMS continua a seguire un modello binario: o smetti completamente o continui a fumare, ignorando le opzioni di riduzione del rischio scientificamente fondate,” afferma Johann Rossi Mason, direttrice del MOHRE. “Servono politiche più ampie, capaci di offrire una gamma di soluzioni efficaci a chi non riesce a smettere completamente.”

Secondo il MOHRE, oltre il 60% degli 1,25 miliardi di consumatori di tabacco nel mondo desidera smettere, ma il 70% non ha accesso a servizi adeguati per farlo. Fabio Beatrice, direttore del comitato scientifico del MOHRE, evidenzia un paradosso: “L’OMS riconosce la nicotina come il farmaco più efficace per la cessazione, ma ignora completamente il ruolo dei prodotti a rischio ridotto, nonostante le revisioni scientifiche ne abbiano valutato l’efficacia dal 2022 al 2024.”

Tra dibattiti su tassazione, politiche di prevenzione e riduzione del danno, il problema rimane: le strategie attuali riescono davvero a proteggere i giovani dal tabagismo? Il fumo è la principale causa di morte evitabile in Italia e nel mondo. Ogni anno, nel nostro Paese, provoca 90.000 decessi, con un impatto devastante sulla salute pubblica. E non riguarda solo il tumore al polmone: il tabacco è collegato a numerosi tipi di cancro, tra cui laringe, faringe, pancreas, stomaco e vescica, oltre a gravi malattie cardiovascolari.

Il problema non è solo sanitario, ma anche economico. Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) deve sostenere costi elevati per la cura delle patologie legate al fumo. Si stima che il tabagismo costi all’Italia 24 miliardi di euro l’anno, tra spese per ospedalizzazioni, trattamenti e perdita di produttività.

“Nove diagnosi di tumore del polmone su dieci sono causate dal fumo di sigaretta,” sottolinea Francesco Perrone, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). “Agli stili di vita scorretti, e tra questi prima di tutto il fumo, si attribuisce circa il 40% delle diagnosi di cancro, che in Italia si stimano nell’ordine di 390.000 all’anno.”

Se la Giornata Mondiale Senza Tabacco rappresenta un momento di sensibilizzazione, la lotta al tabagismo non può limitarsi a una sola giornata. L’Osservatorio della Riduzione del Rischio in Medicina (MOHRE) propone di trasformare il No Tobacco Day in un No Tobacco May, un intero mese dedicato a informazione, prevenzione e azioni concrete.

Johann Rossi Mason, direttrice dell’Osservatorio, evidenzia una criticità nelle strategie attuali: “L’OMS continua a ignorare le possibilità offerte dalla riduzione del rischio, un approccio pragmatico che potrebbe aiutare milioni di fumatori che non riescono a smettere completamente”.

La soluzione prospettata dagli oncologi è drastica: servono misure incisive per ridurre il numero di fumatori, tra cui un deciso aumento delle accise sul tabacco. “È l’unica strategia che ha dimostrato di ridurre efficacemente il consumo,” conclude Perrone.

Il 31 maggio è una data simbolica, ma la lotta contro il fumo deve essere continua, strutturata e determinata. In questo modo sarà possibile garantire un futuro libero dal tabacco, proteggendo la salute delle persone, riducendo il peso economico di questa dipendenza, e il pericolo nascosto.

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