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Nuova frontiera nella lotta al parkinson: scoperta una firma neurochimica rivoluzionaria

Un network internazionale composto da neuroscienziati, biochimici, neurologi e farmacologi ha recentemente fatto una scoperta rivoluzionaria che potrebbe aprire nuove strade per il trattamento della malattia di Parkinson.

Un network internazionale composto da neuroscienziati, biochimici, neurologi e farmacologi ha recentemente fatto una scoperta rivoluzionaria che potrebbe aprire nuove strade per il trattamento della malattia di Parkinson. Grazie a una stretta collaborazione tra il CEINGE Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore di Napoli e prestigiosi istituti di ricerca internazionali, come la Columbia University di New York e la Keio University school of medicine di Tokyo, sono stati identificati i livelli cerebrali degli aminoacidi D-serina e L-serina correlati alla malattia di Parkinson. Questa importante ricerca è stata resa pubblica attraverso la pubblicazione di due articoli scientifici sulla rinomata rivista internazionale Neurobiology of Disease.

Il progetto di ricerca, guidato dal Prof. Alessandro Usiello, ordinario di Biochimica Clinica presso l’Università degli Studi della Campania “Vanvitelli”, ha coinvolto un’ampia collaborazione tra diversi istituti di ricerca italiani e internazionali, tra cui l’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli, l’Istituto di Neuroscienze di Bordeaux e le università di Roma Tor Vergata, Cattolica Sacro Cuore, “Vanvitelli”, “Federico II” di Napoli e Cagliari.

I risultati di questa ricerca sono particolarmente promettenti, poiché potrebbero aprire la strada per l’elaborazione di nuovi approcci terapeutici volti a migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti dalla malattia di Parkinson. Attualmente, la cura per questa patologia neurodegenerativa è limitata a causa degli effetti collaterali dei farmaci e non è ancora in grado di trattare in modo efficace i deficit cognitivi e comportamentali associati alla malattia.

Ma quali sono l’incidenza e le cause legate allo sviluppo della malattia di Parkinson? Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa che colpisce principalmente la popolazione anziana. Si stima che colpisca circa l’1,3% delle persone di età superiore ai 65 anni a livello globale, con un’incidenza dell’0,1% in tutte le fasce d’età. La malattia di Parkinson è caratterizzata dalla progressiva perdita dei neuroni dopaminergici nella sostanza nera pars compacta del cervello, influenzando principalmente il controllo del movimento. La malattia colpisce profonde aree cerebrali chiamate gangli della base, essenziali per il corretto controllo dei movimenti e della coordinazione.

Svariati fattori genetici e ambientali possono contribuire allo sviluppo della malattia di Parkinson. L’adozione di uno stile di vita attivo, che include il consumo di alimenti contenenti caffeina e l’esercizio fisico regolare, sembra ridurre il rischio di sviluppare la malattia, mentre l’esposizione a pesticidi e la presenza di mutazioni genetiche possono aumentare il rischio.

Tornando alla ricerca, quali sono stati i risultati più significativi? Lo studio ha evidenziato un aumento significativo dei livelli di D-serina e L-serina nel liquido cerebrospinale e nei tessuti autoptici dello striato dei pazienti con malattia di Parkinson rispetto ai soggetti sani. Entrambi gli aminoacidi sono coinvolti nell’attivazione dei recettori NMDA per il glutammato nel cervello, che sono essenziali per la regolazione della plasticità sinaptica cerebrale e delle funzioni cognitive e motorie.

L’incremento di D-serina e L-serina nei pazienti con Parkinson potrebbe rappresentare una risposta neuro-adattativa del cervello per contrastare la progressiva perdita dei neuroni dopaminergici. Studi preclinici precedenti hanno dimostrato che la somministrazione di co-agonisti per i recettori NMDA, come la D-serina, può favorire il recupero dei livelli di dopamina nello striato, migliorando quindi i sintomi motori.

Inoltre, la supplementazione di L-serina ha mostrato effetti neuroprotettivi e antinfiammatori in modelli sperimentali di malattie neurodegenerative, come la sclerosi laterale amiotrofica e la malattia di Alzheimer. Questi risultati supportano l’ipotesi che le alterazioni neurochimiche osservate nei pazienti con Parkinson siano una risposta adattativa del cervello per proteggere le cellule nervose dalla degenerazione.

Quale sarà il futuro di questa ricerca? I ricercatori hanno pianificato una serie di nuovi esperimenti per approfondire ulteriormente il ruolo dei livelli di D-serina e L-serina nel cervello dei pazienti con Parkinson. In particolare, stanno cercando di identificare le diverse aree cerebrali e i tipi cellulari coinvolti nella deregolazione di questi aminoacidi. Inoltre, stanno valutando gli effetti terapeutici potenziali di una supplementazione cronica di D-serina e L-serina in modelli animali della malattia di Parkinson.

Queste nuove scoperte rappresentano un passo significativo avanti nella comprensione della malattia di Parkinson e aprono nuove opportunità per lo sviluppo di terapie più efficaci e mirate per i pazienti affetti da questa devastante patologia. Il lavoro di questo network di ricercatori italiani e internazionali è un esempio dell’importanza della collaborazione e della ricerca scientifica nel campo della salute umana. Restiamo in attesa di ulteriori sviluppi che possano migliorare la vita di milioni di persone affette da questa malattia neurodegenerativa.

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