Sono già uscite pubblicazioni scientifiche preliminari, che si riferiscono alla prima ondata, sulla correlazione tra la malattia di Parkinson e il Covid-19. Da questi primi studi è emerso che il paziente parkinsoniano non soffra di particolari predisposizioni verso l’infezione da Covid-19 e quindi non ha un rischio maggiore di contrarre la malattia.
Un altro dato che è emerso dagli studi riguarda i pazienti nella fase più avanzata della malattia quindi più gravi e spesso in età avanzata, che nel caso di infezione da Covid-19 contrarrebbero una forma di malattia più grave.
Per fare maggiore chiarezza sulla correlazione che intercorre tra Covid-19 e malattia di parkinson Mondo Sanità ha intervistato il Prof. Leonardo Lopiano, Consigliere Fondazione LIMPE per il Parkinson Onlus.
Quali sono i problemi che può riscontrare un paziente affetto da Parkinson che contrae il Covid-19?
Oltre ai sintomi propri del Covid-19, quello che capita è un peggioramento dei sintomi Parkinsoniani. Questa è una condizione che si verifica sempre quando al parkinson si aggiunge un’altra malattia.
Dalla letteratura scientifica si evince che molto spesso durante l’infezione da Covid-19 è necessario modificare la terapia per il parkinson. Alcuni pazienti contagiati sono andati incontro ad un aumento delle terapie specifiche per la malattia di parkinson proprio per il peggioramento dovuto all’infezione da Covid-19.
Il lockdown può peggiorare la depressione causata dal Parkinson?
Questo è un punto molto importante. La depressione oggi viene considerata un sintomo vero e proprio della malattia di parkinson, addirittura delle volte la depressione può precedere la malattia di parkinson.
Quindi con il fatto che gran parte dei pazienti parkinsoniani soffre anche di depressione il lockdown peggiora questo stato ed i motivi sono diversi.
Il lockdown riduce la socialità incidendo negativamente sulla depressione, anche la paura stessa di ammalarsi di Covid-19 crea un ulteriore fattore che può peggiorare la depressione.
Questo lo abbiamo riscontrato in molti pazienti, che pur non avendo contratto l’infezione da Covid-19 ha mostrato un peggioramento dei sintomi depressivi. In questi casi bisogna intervenire farmacologico, se necessario, e con un supporto psicologico.
Dove è possibile trovare il giusto supporto psicologico?
In tutti i centri per il parkinson è presente un supporto dal punto di vista psicologico. Anche la società scientifica di cui sono presidente ha fatto durante tutto il periodo del lockdown una serie di iniziative per offrire supporto psicologico on-line sia per i pazienti che per i caregiver.
Il parkinson può causare problemi a deglutire, in caso di Covid-19 cosa fare?
La disfagia complica sovente le fasi avanzate di malattia, nei casi lievi di Covid-19 non da problemi ed in quelli più gravi il trattamento avviene in ambito ospedaliero dove dispongono di diversi metodi e mezzi per migliorare la situazione della disfagia.
Il Covid-19 può causare infiammazioni neurologiche che effetto ha sui pazienti parkinsoniani?
Non sappiamo ancora molto gli effetti del Covid-19 sul sistema nervoso centrale, non è ancora chiaro quali potrebbero essere gli effetti. Le complicanze sul sistema nervoso sono abbastanza frequenti, parliamo di circa il 20%-30% dei casi.
Le ipotesi sono diverse. La prima è che il Covid-19 possa determinare questo stato infiammatorio patologico, la cosiddetta tempesta di citochine, che poi causano infiammazioni anche a livello cerebrale. La seconda ipotesi è che il virus replicandosi nelle alte vie aeree può entrare attraverso le vie olfattive all’interno del sistema nervoso centrale.
Naturalmente l’infiammazione può avere effetti diversi in base alle aree che va a colpire, al momento però non esistono dati che possano indicare gli effetti di queste infiammazioni qualora colpissero le aree interessate dal parkinson.
Il parkinson non è una malattia solo degli anziani, che incidenza ha nei più giovani?
Circa il 15%-20% dei pazienti ha un esordio prima dei 50 anni e all’interno di questa percentuale è presente anche l’esordio giovanile, quindi prima dei 40 anni. C’è quindi una discreta fetta di pazienti che ha un esordio della malattia in età lavorativa.
Quale è la terapia per il parkinson?
Esiste la terapia per il paziente affetto da parkinson e non per il parkinson, perché non esiste un paziente uguale ad un altro e la terapia deve quindi essere cucita addosso a quel paziente. Al momento esistono molti farmaci in grado di rallentare la progressione dei sintomi.
L’infezione da COVID-19 può causare il Parkinson?
Attualmente non esiste nessuna evidenza che questo avvenga o possa avvenire. Si sta diffondendo questa suggestione per l’associazione che spesso viene fatta tra pandemia da Covid-19 e influenza spagnola, infatti il virus che colpì il mondo il secolo scorso era in grado di provocare una infiammazione in grado di causare dopo anni il cosiddetto parkinsonismo post-encefalitico.