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Regioni, la richiesta al ministero: trasparenza per affrancarsi dai piani di rientro

Autonomia amministrativa, la Conferenza invoca criteri oggettivi e chiare procedure. Exit strategy dai vincoli del commissariamento

Nel sistema sanitario italiano, i piani di rientro rappresentano uno strumento di controllo e risanamento finanziario che incide profondamente sull’autonomia delle Regioni e sulla gestione delle aziende sanitarie locali. Introdotti per affrontare situazioni di squilibrio economico e di inadempienza nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), i Piani di rientro prevedono una serie di misure correttive che possono includere tagli alla spesa, riorganizzazioni strutturali e, nei casi più gravi, il commissariamento della sanità regionale.La logica che li ispira è quella della responsabilità: quando una Regione non riesce a garantire sostenibilità economica e qualità dei servizi sanitari, lo Stato interviene per ripristinare gli equilibri. Tuttavia, questo meccanismo ha mostrato nel tempo alcune criticità, soprattutto per quanto riguarda le modalità di superamento dei Piani di rientro. Se l’ingresso è regolato da norme dettagliate e da un iter preciso, il superamento resta invece privo di riferimenti normativi chiari, lasciando spazio a interpretazioni discrezionali e a una prolungata limitazione dell’autonomia regionale.

È in questo contesto che si inserisce la posizione assunta dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, riunitasi il 1° ottobre, ieri, per affrontare il tema. «È urgente e rilevante definire le modalità di superamento dei Piani di rientro e di conclusione dei commissariamenti in sanità», si legge nel documento condiviso, «perché l’assenza di principi normativi che ne chiariscono puntualmente le condizioni determina potenzialmente una limitazione sine die dei livelli di autonomia regionali costituzionalmente garantiti».

La Conferenza delle Regioni è l’organismo che riunisce i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, con il compito di coordinare le politiche regionali e di rappresentare le istanze territoriali nei confronti del Governo. In ambito sanitario, la Conferenza svolge un ruolo cruciale, poiché la sanità è una competenza concorrente tra Stato e Regioni: lo Stato definisce i principi fondamentali, mentre le Regioni gestiscono l’organizzazione e l’erogazione dei servizi. Il Ministero della Salute, da parte sua, ha il compito di vigilare sul rispetto dei LEA e sull’equilibrio economico-finanziario, attraverso il monitoraggio e la verifica degli adempimenti regionali.

Il problema, secondo le Regioni, è che il sistema attuale di verifica è sbilanciato: troppo dettagliato nell’attivare la procedura di rientro, troppo vago nel definirne il superamento. «Di fatto, mentre la normativa chiarisce con grande dettaglio l’iter e i presupposti per l’entrata in Piano di rientro, altrettanto non fa per il superamento, che resta così lacunosa da finire per diventare discrezionale», ha spiegato Massimo Fabi, Coordinatore della Commissione Salute della Conferenza.

Un altro punto critico riguarda i tempi: tra la verifica degli adempimenti e la convocazione della Regione interessata per le controdeduzioni, possono passare mesi. «Questi tempi, se troppo gravosi, rischiano di allontanare ingiustificatamente il momento della cessazione della procedura e di renderlo incerto», ha aggiunto Fabi.

Per superare queste ambiguità, la Conferenza ha proposto due criteri oggettivi e “non suscettibili di interpretazioni” per stabilire il superamento dei Piani di rientro: il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario negli ultimi tre esercizi e l’adempimento in tutte e tre le aree previste dal Nuovo Sistema di Garanzia nell’ultimo anno di valutazione. Si tratta di parametri misurabili, che permetterebbero di rendere trasparente e prevedibile il processo di uscita.

Quanto alla “exit strategy”, il percorso di uscita dalla fase di commissariamento, tema giuridicamente più complesso, la Conferenza ha annunciato l’intenzione di formulare una proposta specifica da sottoporre al Governo in tempi brevi. L’obiettivo è quello di restituire alle Regioni la piena titolarità delle politiche sanitarie, una volta dimostrata la capacità di garantire sostenibilità e qualità.

La questione non è solo tecnica, ma profondamente politica e istituzionale. I Piani di rientro, se non gestiti con equilibrio, rischiano di trasformarsi da strumenti di risanamento in vincoli permanenti, che limitano la capacità delle Regioni di innovare, investire e rispondere alle esigenze dei cittadini. In un momento storico in cui la sanità pubblica è chiamata a fronteggiare sfide complesse – dalla cronicità all’innovazione tecnologica, dalla medicina territoriale alla gestione delle emergenze – è fondamentale che il rapporto tra Stato e Regioni sia fondato su regole chiare, rispetto reciproco e responsabilità condivisa.

La proposta della Conferenza delle Regioni va in questa direzione: costruire un sistema di verifica che non sia solo punitivo, ma anche incentivante. Un sistema che riconosca i progressi, premi l’efficienza e consenta alle Regioni il superamento dei Piani di rientro con dignità e trasparenza. Perché l’autonomia non è un privilegio, ma un principio costituzionale. E la sanità, oggi più che mai, ha bisogno di governance, non di commissariamenti indefiniti.

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