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Scompenso cardiaco: gli ospedali sono
l’unica risposta ma i farmaci innovativi
aiutano a creare sinergie con specialisti
ambulatoriali e medici di famiglia

In Campania ci sono 1,5 milioni di malati cronici over 65 anni (dati Epicentro), le cardiopatie sono il 35% e dunque circa 280.000 pazienti cronici non possono essere sostenuti e l’unica risposta è l’ospedale. I farmaci innovativi servono proprio a evitare questa debacle assistenziale, costosa, inutile e inappropriata.

Lo scompenso cardiaco colpisce circa 15 milioni in Europa, con una prevalenza nota dell’1-2% ma oltre il 10% in quelli di età superiore ai 70 anni e una incidenza pari a 5/1.000 all’anno considerando solo popolazione adulta. È una patologia cronica con esito fatale nel 50% dei pazienti entro cinque anni dalla diagnosi. In Italia è la causa principale di ospedalizzazione nelle persone di età superiore ai 65 anni con un impatto non solo clinico, ma anche sociale ed economico molto rilevante (su 1 milione di persone causa di circa 190mila ricoveri l’anno con una spesa di circa 3 miliardi € annui per l’85% dovuto a ricoveri, e spesa media/paziente oltre 11.800 € l’anno). Sulla base di queste evidenze Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Boehringer Ingelheim e Lilly, ha organizzato
l’evento “SCOMPENSO CARDIACO. L’INNOVAZIONE CHE CAMBIA E SALVA LA VITA DEI MALATI CRONICI. Focus on SGLT2i CAMPANIA”, per favorire una condivisione di idee sulla revisione del disease management per questa importante cronicità, che interessa una ampia fetta di cittadini.

Lo scompenso cardiaco è comunque spesso associato ad altre malattie del sistema cardio-nefro-metabolico come il diabete di tipo 2 e le malattie renali. A causa della natura interconnessa di questi sistemi, il miglioramento di uno può portare effetti positivi in tutti gli altri. Per questi motivi si sono studiati gli effetti della classe degli inibitori selettivi del co-trasportatore renale di sodio e glucosio (SGLT2i), già indicati sia come monoterapia sia in terapia di combinazione in pazienti con diabete di tipo 2 e che hanno dimostrato attraverso numerosi studi RCT di garantire benefici aggiuntivi come la riduzione della pressione arteriosa e dei ricoveri per scompenso (-35%), il rallentamento del declino della funzionalità renale(-39%), la mortalità per tutte le cause (-32%).

Sulla base di queste evidenze sono stati impostati numerosi nuovi studi con lo specifico obiettivo di valutarne l’impatto in ambito cardiovascolare indipendentemente dal diabete. In particolare i dati preliminari indicavano come l’effetto degli SGLT2i si osservasse già nei primi 3 mesi di trattamento, suggerendo un meccanismo non esclusivamente collegato alla riduzione della glicemia.

“Dal 2015 c’è questa attenzione molto forte alle Glifozine, inibitori selettivi del Sglt2 – ha spiegato Gerolamo Sibilio, Segretario regionale Anmco-Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri -. Utilizzati nei diabetici, in quel periodo stranamente diedero luogo nei pazienti a una grossa riduzione dello scompenso. Il dato epidemiologico è che il 55% delle persone con scompenso a frazione di eiezione preservata, secondo le linee guida americane, sono candidate ad avere un supporto all’uso degli inibitori del Sglt2, sia come monoterapia sia in terapia di combinazione in quei pazienti con diabete di tipo 2 che hanno dimostrato, attraverso numerosi studi, di averne benefici aggiuntivi come la riduzione della pressione arteriosa e dei ricoveri per scompenso (-35%), il rallentamento del declino della funzionalità renale (-39%), la mortalità per tutte le cause (-32%) oltre a giovarsi di un elevato profilo metabolico. Il problema è la rete tra ospedale e territorio. Servono sinergie con specialisti ambulatoriali e medici di medicina generale”.

In sintesi c’è l’importanza dell’utilizzo precoce di questi farmaci molto maneggevoli nella pratica clinica con esiti molto favorevoli. “È importante e cruciale la interdisciplinarietà e i percorsi di cura più fluidi – – ha concluso Gerolamo Sibilio -. C’è poi l’aspetto diagnostico: come la Troponina è un segno dell’infarto, il BNP insieme al NT-proBNP (proteina prodotta dal cuore quando eccessivamente affaticato) è un segno dello scompenso”.

Un risultato superiore ai valori di riferimento di questo parametro dunque suggerisce la presenza di scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca; tanto maggiore è il valore, tanto più grave è la patologia. Intanto in Campania ci sono 1,5 milioni di cronici over 65 anni (dati Epicentro), le cardiopatie sono il 35% e dunque circa 280.000 pazienti cronici non possono essere sostenuti e l’unica risposta è l’ospedale. I farmaci innovativi servono proprio a evitare questa debacle assistenziale, costosa, inutile e inappropriata.

Secondo Ada Maffettone, presidente eletto FADOI-Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti, lo scompenso, considerato una malattia cronica come il diabete, e dunque di competenza territoriale, entra troppo spesso nell’alveo delle cure ospedaliere: “Il primo Drg ospedaliero delle Medicine interne è il n.127 che riguarda proprio lo scompenso. In Italia ci sono 1.052 Medicine interne, 52 in Campania, e in Medicina interna vediamo la maggior parte dei pazienti perché abbiamo più posti letto, il 15% circa e il 16% dei ricoveri acuti arrivano in Medicina interna. Il paziente scompensato arriva in ospedale ma non vuole venire e si crea un corto circuito. I diabetici e gli scompensati sono il 17% dei nostri pazienti ma non dovrebbero proprio arrivare in ospedale. Dal nuovo decreto 77 di riordino del territorio mi aspetto tantissimo ma qual è l’attuabilità?”.

“La peculiarità della Campania è che le re-ospedalizzazioni dopo le dimissioni sono molto più frequenti rispetto ad altre regioni quindi il tema vero, oggi, è una maggiore interattività tra ospedale e territorio”. Queste le parole del Consigliere regionale Giovanni Porcelli. “Raccolgo la sfida come rappresentante delle istituzioni a fare di più, a fare meglio e a fare presto e soprattutto di farlo con i professionisti del settore.

Immaginare di inventarci una soluzione a problemi così complicati, come lo scompenso cardiaco, che riguarda una multidisciplinarietà di professionisti e di interventi, senza ascoltare chi sta sul campo quotidianamente sarebbe solo una follia. Raccolgo le indicazioni che sono arrivate da questo incontro che saranno oggetto di discussione nei tavoli istituzionali”.

E poi l’imperativo: “Non possiamo aspettare le case di comunità o gli ospedali di comunità o una riorganizzazione più complessiva, di edilizia sanitaria, contando poi le assunzioni di personale sanitario, per immaginare che si possa cominciare a fare di più rispetto al problema così importante dello scompenso. L’invito ai nostri manager è di dedicare più spazio, più attenzione ai Distretti per dare una mano ai medici ospedalieri, e garantire una equa distribuzione delle risorse”.

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