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Solidarity: OMS e studi nel mondo per comprendere l’immunità

L’Organizzazione mondiale della sanità per evitare che in ogni paese si seguano strade differenti e non coordinate, ha attivato una serie di progetti nominati Solidarity (I sulle Terapie, II sui test di laboratorio, III sui farmaci protettivi per operatori sanitari o comunque ad alto rischio di infezione). A proposito di test anticorpali per coronavirus di Covid-19, ogni paese è alla ricerca autonomamente di quello più affidabile, ma per omogeneizzare gli sforzi OMS ha annunciato il programma di ricerca Solidarity II rivolto a diversi paesi.

In USA il Dr. Bhattacharya della Stanford University, afferma che da oltre 10 giorni hanno iniziato a testare anticorpi su 5000 persone nella contea di Santa Clara in California. Lo studio si basa al 90% sul protocollo di indagine dell’OMS.

In Cina da pochi giorni è stato pubblicato in via preliminare uno studio finanziato dal Ministero della scienza e della tecnologia cinese, su 175 pazienti guariti dall’infezione da CoVid-19 che ha misurato le IgG “neutralizzanti” e le IgG che si legano alle proteine di ingresso del virus S1 ed S2. I pazienti anziani e di mezza età avevano titolo anticorpale (quantità minime di anticorpi presenti nel sangue in grado di proteggere dal virus) più alto rispetto ai pazienti giovani, con valori contrastanti di linfociti. Insomma situazione poco chiara e ancora da indagare.

In Germania invece il Prof. Streeck dell’università di Bonn ha cercato di imitare il progetto del Prof. Andrea Crisanti dell’università di Padova, iniziato a fine febbraio a Vo’ Euganeo, facendo la stessa cosa su 1000 abitanti della cittadina tedesca di Gangelt (12.529 abitanti) nel distretto di Heinsberg. La cittadina tedesca è stata scelta poiché considerata focolaio tra i più significativi in Germania a causa di una festa di carnevale tenutasi il 15 febbraio dopo la quale è esplosa l’epidemia.  I ricercatori di questo gruppo hanno pubblicato un breve report in lingua tedesca, dove vengono riportati alcuni risultati sulla metà della popolazione esaminata (circa 500):

  • 2% delle persone testate aveva un’infezione in corso
  • 14% aveva sviluppato gli anticorpi IgG (gran parte erano asintomatici).
  • 15% di tasso complessivo di infezione
  • 0,37% era il tasso di letalità sugli infetti, di 5 volte inferiore a quello del resto della Germania (1,98% dato Johns-Hopkins University)

Nel report viene anche riportato che la specificità del test sierologico impiegato è superiore al 99%. Lo studio misura anticorpi in parte diversi (immunoglobuline IgA), rispetto a quelli di altri studi. Le IgA potrebbero essere anticorpi utili da valutare perché si trovano direttamente sulle mucose (quindi potrebbero proteggere meglio), ma sono generalmente molto aspecifiche, persistendo a seguito di altre precedenti infezioni non necessariamente Covid-19. Occorre ricordare che gli anticorpi devono essere quindi specifici, in concentrazione sufficiente per essere “neutralizzanti” cioè bloccare l’ingresso del virus nelle cellule. Ma le quantità minime di anticorpi presenti nel sangue in grado di proteggere dal virus (titolo anticorpale) non sono ancora note e quindi a meno di concentrazioni elevatissime, stabilire chi sarà immune per il momento non è chiaro. Inoltre l’immunità anche a concentrazioni elevate quanto durerà? Quindi la famosa patente è ancora molto incerta e lontano dall’essere sicura.

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