L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità di olaparib, terapia orale di AstraZeneca e MSD, in associazione con abiraterone e prednisone o prednisolone, per il trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma della prostata metastatico e resistente alla castrazione (mCRPC) e con mutazioni BRCA 1/2 (germinali e/o somatiche), in cui la chemioterapia non è clinicamente indicata. Nello studio PROpel, in questa popolazione di pazienti, olaparib, terapia mirata capostipite della classe dei PARP inibitori, in associazione con una terapia ormonale di nuova generazione (abiraterone), ha ridotto del 71% il rischio di esiti infausti. Le nuove prospettive aperte dall’approvazione di AIFA nella cura del tumore della prostata sono state approfondite a Milano nel corso di una conferenza stampa.
Anno dopo anno, il carcinoma prostatico si conferma puntualmente come il tumore più diffuso tra la popolazione maschile. L’anno scorso sono stati stimati circa 40.190 nuovi casi, un dato che evidenzia la necessità di promuovere una maggiore consapevolezza e prevenzione riguardo questa patologia.
Il carcinoma prostatico si sviluppa a causa di una crescita incontrollata delle cellule all’interno della prostata, un organo che, in condizioni normali, ha dimensioni simili a quelle di una noce. Tuttavia, con l’avanzare dell’età la prostata può ingrossarsi fino a raggiungere le dimensioni di un mandarino. Orazio Caffo, Direttore dell’Oncologia all’Ospedale Santa Chiara di Trento, spiega che questo ingrossamento può essere dovuto a infiammazioni croniche o a processi degenerativi, ed evolvere in misura più o meno marcata a seconda dei casi.
L’età media di diagnosi del carcinoma prostatico si attesta attorno ai 70 anni, ma è importante notare che la malattia inizia a svilupparsi più frequentemente a partire dai 50 anni. Questo aspetto sottolinea l’importanza di controlli regolari per gli uomini in età avanzata, poiché il tumore spesso non presenta sintomi specifici. I segnali riscontrabili sono, infatti, comuni a diverse patologie funzionali che provocano l’ingrossamento della prostata. Tra i sintomi più frequenti si annoverano l’indebolimento del getto delle urine, la necessità di urinare frequentemente, il dolore alla minzione e, in alcuni casi, la presenza di sangue nelle urine o nel liquido seminale.
I sintomi tendono a manifestarsi solo quando il tumore ha raggiunto dimensioni tali da esercitare una pressione sull’uretra, il che rende difficile la diagnosi nelle fasi iniziali, quando il carcinoma è ancora di piccole dimensioni. È cruciale anche considerare il fattore ereditario: circa il 10% dei pazienti sviluppa la malattia per motivi genetici. La presenza di mutazioni nei geni responsabili della riparazione del DNA, in particolare nei geni BRCA1 e BRCA2, aumenta il rischio di sviluppare il carcinoma prostatico. Queste stesse mutazioni sono correlate anche ad un incremento della probabilità di insorgenza di tumori al seno, all’ovaio e al pancreas.
Con un quadro così complesso e una crescita costante dei casi, risulta fondamentale che uomini di tutte le età siano informati sui rischi e sui segnali di allerta legati a questa patologia, adottando comportamenti preventivi e sottoponendosi a controlli regolari.
Nel carcinoma prostatico la sopravvivenza a 5 anni raggiunge il 91%. “Un dato notevole, se si considera l’età avanzata dei pazienti e la frequente presenza di altre patologie croniche – sottolinea Giuseppe Procopio, Direttore del Programma Prostata e dell’Oncologia Medica Genitourinaria alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. I sintomi, però, sono spesso sottovalutati, portando alla scoperta della malattia in fase avanzata. Circa il 10-20% degli uomini con carcinoma della prostata avanzato sviluppa la forma resistente alla castrazione (CRPC) entro cinque anni e oltre l’80% presenta metastasi alla diagnosi di CRPC. Questa condizione, che fino a oggi ha presentato come standard di cura la terapia ormonale o la chemioterapia, resta associata a un tasso di mortalità significativo e a una sopravvivenza limitata. Da qui la necessità di nuove opzioni terapeutiche”.
Lo studio di Fase III PROpel ha coinvolto circa 800 pazienti con malattia metastatica resistente alla castrazione, che non avevano ricevuto precedenti terapie. “In tutti i pazienti arruolati nello studio PROpel, indipendentemente dalla presenza di mutazioni genetiche, la sopravvivenza libera da progressione radiografica mediana era di 24,8 mesi per olaparib più abiraterone rispetto a 16,6 mesi per il solo abiraterone – afferma Orazio Caffo -. E, aspetto ancora più importante, olaparib, in combinazione con abiraterone, ha ridotto il rischio di progressione di malattia del 34%. Questo dato ci fa capire quanto sia clinicamente rilevante il trattamento di combinazione rispetto alla monoterapia con abiraterone. L’aggiornamento dello studio PROpel ha evidenziato anche una tendenza favorevole al miglioramento della sopravvivenza globale con olaparib più abiraterone rispetto ad abiraterone da solo. La sopravvivenza globale mediana ha raggiunto 42,1 mesi rispetto a 34,7 mesi, con un vantaggio di 7,4 mesi. È la sopravvivenza globale mediana più lunga raggiunta finora nel trattamento di prima linea della malattia metastatica resistente alla castrazione, indipendentemente dal profilo mutazionale. Nei pazienti BRCA mutati, la riduzione del rischio di morte è stata pari al 71% e, a un follow up mediano superiore a 36 mesi, la mediana di sopravvivenza globale non è raggiunta con la combinazione olaparib più abiraterone rispetto a 23 mesi con abiraterone da solo”.
Nel 2022, AIFA ha approvato la rimborsabilità di olaparib in monoterapia nei pazienti con carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione con mutazioni dei geni BRCA1/2, in progressione dopo una precedente terapia con un agente ormonale. “La nuova approvazione da parte di AIFA consente di utilizzare olaparib in prima linea in tutti i pazienti con mutazione di BRCA – continua il Prof. Caffo -. I risultati dello studio PROpel indicano che il PARP inibitore in prima linea, in combinazione con una terapia ormonale di nuova generazione, è in grado di impattare efficacemente sull’evoluzione della malattia, che si traduce in un allungamento della sopravvivenza, in un miglior controllo dei sintomi e, quindi, in una migliore qualità di vita. Siamo di fronte a una grande risorsa terapeutica, che cambia la pratica clinica in prima linea e che l’oncologo, da oggi, ha a disposizione per migliorare il controllo della malattia nei pazienti con mutazione dei geni BRCA”.
“Il test BRCA rappresenta uno step fondamentale nella decisione del trattamento del carcinoma prostatico metastatico e dovrebbe costituire un esame da eseguire tempestivamente in tutti i pazienti con malattia avanzata. Non solo. L’identificazione di varianti nei geni BRCA in un uomo con carcinoma prostatico permette di intraprendere un percorso di consulenza oncogenetica nei familiari per identificare i portatori ad alto rischio, a cui è possibile proporre programmi di diagnosi precoce o strategie per ridurre la probabilità di sviluppare il cancro – spiega Giuseppe Procopio -. Nel trattamento di questa neoplasia, stiamo vivendo una fase di innovazione senza precedenti. Oggi riusciamo a individuare con precisione diverse informazioni biologiche e possiamo conoscere meglio anche i vari setting, cioè le condizioni cliniche, in cui si presenta il cancro: malattia localizzata, localmente avanzata o metastatica. In base a queste variabili, va definito il percorso di cura migliore per il singolo paziente. Il carcinoma prostatico, inoltre, è una patologia in grado di mettere in atto sistemi di difesa che contrastano l’efficacia delle terapie, come nella forma metastatica resistente alla castrazione”. “Quando è in stadio avanzato, la neoplasia presenta un impatto significativo sulla quotidianità dei pazienti – conclude il Prof. Procopio -. Le metastasi ossee e il dolore sono alcuni dei principali problemi correlati alla progressione della malattia. Da qui l’importanza dell’approvazione di olaparib, in combinazione con abiraterone, in prima linea da parte di AIFA. La gestione del tumore della prostata deve essere multidisciplinare e multiprofessionale, perché solo così possono essere ottimizzati l’appropriatezza diagnostica e terapeutica, l’accesso alle cure e l’utilizzo delle risorse”.