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Tumore al polmone: il social killer che colpisce sempre più donne

Novembre è il mese mondiale per la sensibilizzazione del tumore al polmone. Oltre a iniziative di sensibilizzazione e agli altri strumenti messi in campo dalla Ricerca, è fondamentale uniformare l’impiego dei test capaci di effettuare la profilazione simultanea delle mutazioni, per garantire l’identikit genetico e l’equità di accesso alle cure a tutti i malati.

Il tumore al polmone è la prima causa di morte in oncologia (34mila decessi all’anno solo in Italia), colpisce soprattutto gli uomini, ma minaccia sempre più le donne, per effetto dell’aumento delle fumatrici. In particolare, in un confronto tra l’anno 2015 e il 2020, è stato calcolato per le donne un aumento del 5% del rischio di ammalarsi di tumore del polmone, contro una diminuzione dell’11% per gli uomini.

Il fumo è infatti responsabile nell’85-90% dei casi del tumore al polmone, che ha anche la prerogativa di essere generalmente scoperta in ritardo a causa della mancanza di sintomi specifici: solo il 38% dei tumori viene diagnosticato nei primi due anni; il 20% tra i due e i cinque anni; il 17% tra i cinque e i dieci anni; e ben il 25% a più di dieci anni dall’insorgenza.

Oltre alla tempestività, anche la precisione della diagnosi fa la differenza e assume valore per l’efficacia delle cure: i tumori al polmone sono quelli con il più alto numero di mutazioni identificabili; come se non bastasse è anche complesso esaminarle, perché nell’area polmonare è difficile effettuare prelievi di tessuto utili a rivelare le diverse mutazioni genetiche. I grandi risultati ottenuti dalla ricerca in campo biologico molecolare consentono oggi di studiare simultaneamente le tante mutazioni genetiche scoperte nel 60% delle forme dette “non a piccole cellule” (NSCLC), che rappresentano l’85% del totale. Un fattore determinante nella lotta a questa neoplasia, perché proprio sulla base dell’identikit genetico è oggi possibile in 4 casi su 10 utilizzare cure mirate, garantendo ai pazienti una migliore qualità e una maggiore aspettativa di vita.

Novembre è il mese mondiale per la sensibilizzazione sul tumore al polmone e il recente evento “Nuove strategie per la lotta ai tumori del polmone” promosso da The European House Ambrosetti con il contributo non condizionante di Amgen, global leader nelle biotecnologie farmaceutiche, ha ribadito l’importanza della diagnostica di precisione con i test più innovativi di profilazione genomica che consentono la valutazione simultanea di diverse alterazioni genetiche.

«Poiché in due casi su tre il tumore del polmone viene scoperto quando è già in fase avanzata, ci si trova nella possibilità di prelevare solo una piccola quantità di materiale tessutale e cellulare da analizzare», spiega Renato Franco, Professore Ordinario di Anatomia Patologica dell’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, nonché Coordinatore del Gruppo Italiano di Studio di Patologia Pleuro-Polmonare, Società Italiana di Anatomia Patologica e Citopatologia diagnostica. «La possibilità di eseguire la profilazione simultanea di più mutazioni grazie agli innovativi test NGS (Next Generation Sequencing) è quindi fondamentale, perché permette di acquisire il maggior numero di informazioni riguardo la profilazione genomica senza rischiare di esaurire lo scarso campione biologico a disposizione, già utilizzato per effettuare diagnosi istopatologiche spesso complesse, indirizzando così il paziente a terapie mirate sulla base della carta d’identità genetica del tumore».

Solo un paziente su due riceve però oggi in Italia una precisa profilazione genomica della neoplasia che l’ha colpito. «Meno del 40% dei nostri laboratori di biologia molecolare usa attualmente i test NGS nella routine diagnostica quotidiana dei tumori polmonari», osserva Marcello Tiseo, Professore Associato di Oncologia, Università di Parma, Responsabile SS di U.O. “Gestione attività ambulatoriali oncologiche complesse” e coordinatore PDTA di Oncologia Toracica AOU di Parma. «Nella maggioranza delle strutture viene solo eseguito uno studio molecolare di base e quindi oltre il 50% dei tumori polmonari non a piccole cellule rischia di non venire adeguatamente caratterizzato da un punto di vista molecolare. Un aspetto tutt’altro che secondario, se si considera che la sopravvivenza a 5 anni (attualmente del 16%) sta aumentando proprio per merito dei trattamenti con i farmaci a target, più efficaci e meglio tollerati dai pazienti rispetto alla chemioterapia, da sola o in combinazione con l’immunoterapia».

Per fermare il tumore al polmone, serve quindi uniformare il numero di laboratori di biologia molecolare in grado di tracciarne l’identikit genetico grazie alla Next Generation Sequencing. Un’operazione sostenibile da parte del nostro SSN, che anzi ne trarrebbe un vantaggio in termini di razionalizzazione della spesa, come ha confermato uno studio su due strutture italiane coordinato dal dottor Carmine Pinto, Presidente della Federazione dei Gruppi delle Cooperative italiane Oncologiche (FICOG) e Direttore dell’Oncologia Medica del Comprehensive Cancer Centre dell’AUSL-IRCCS di Reggio Emilia, che evidenzia: «L’obiettivo, non più procrastinabile, è quello di assicurare un’equità di cure ai malati oncologici in tutto il nostro Paese. Nell’ambito delle Reti Oncologiche Regionali è necessario definire un laboratorio di biologia molecolare, con adeguate competenze professionali e tecnologiche, in grado di eseguire questi test per volume di 700-800 mila abitanti, con un’organizzazione logistica che consenta di far girare i campioni biologici e non i pazienti».

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