Nel corso della vita il 50% circa della popolazione generale presenta alterazioni del sonno e della vigilanza di rilevanza clinica e i disturbi del sonno sono tra le patologie in assoluto più frequenti nella popolazione adulta.
Tra i principali disturbi del sonno c’è l’insonnia, definita come una persistente difficoltà ad iniziare o a mantenere il sonno, o una riduzione della durata del sonno nonostante le opportunità e le circostanze siano adeguate, con una compromissione delle funzioni diurne. Se n’è discusso in occasione della sessione ‘Nuove prospettive nel trattamento dell’insonnia’, che si è svolta in occasione del 62esimo Congresso Nazionale della SNO – Scienze Neurologiche Ospedaliere, in corso a Firenze. Ad intervenire sul tema la professoressa Enrica Bonanni, responsabile del Centro di Medicina del Sonno della UO di Neurologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.
“L’epidemiologia dell’insonnia- ha fatto sapere Bonanni- evidenzia come sia un problema comune in tutto il mondo: circa 1/3 della popolazione adulta riferisce di averla sperimentata per un breve periodo e il 10-15% è affetto da una forma cronica. L’insonnia cronica è un disturbo che raramente va incontro ad una remissione spontanea; a questo riguardo alcuni studi indicano che nell’85% dei pazienti è ancora presente dopo due anni e che può persistere per 10 anni o più nel 15-50% dei casi”. I principali fattori di rischio per l’insonnia cronica sono stati individuati nel sesso femminile, specialmente nel periodo della menopausa, con una stima del disturbo in circa il 14% degli adulti di 18-34 anni e nel 40-60% nei soggetti con età superiore ai 65 anni.
Altro importante fattore di rischio è il turnismo, con una prevalenza doppia nei lavoratori notturni rispetto ai lavoratori diurni e superiore ai turni in rotazione. “I vari studi- ha spiegato la neurologa- riportano una familiarità nell’insonnia del 34%-55% ed è stata riportata un’aggregazione familiare con elevata ereditarietà”. L’insonnia è un disturbo delle ‘ventiquattro ore’ con sintomi notturni e diurni: “I sintomi notturni- ha fatto sapere Bonanni- comprendono la difficoltà ad iniziare o a mantenere il sonno, al risveglio precoce al mattino, la resistenza ad andare a letto e la difficoltà a dormire senza il caregiver (nei bambini e negli anziani dementi). Per quanto riguarda i sintomi diurni, il paziente o un genitore o caregiver riferiscono fatica/malessere, compromissione di attenzione, concentrazione o memoria, compromissione delle prestazioni sociali, familiari, lavorative o scolastiche”.