Complicanze ricorrenti nei figli delle madri con diabete di tipo 1. Allo studio una immunoterapia che protegge le cellule beta pancreatiche
Sovrappeso e obesità diventano scomodi compagni di viaggio anche negli individui affetti da diabete di tipo 1, in particolare tra i bambini. Questo trend preoccupante è presente anche in Italia, l’ha segnalato Ernesto Maddaloni intervenuto a Rimini durante i lavori del congresso della Società Italiana di Diabetologia (SID). “Negli USA un terzo delle persone con diabete giovanile è in sovrappeso, mentre il 20% è obeso. Anche in Europa, la prevalenza dell’accumulo ponderale sta aumentando”, ha dichiarato Maddaloni.
Tra gli adolescenti, la situazione è altrettanto allarmante: “si intravede un’epidemia di obesità con un’incidenza che va dal 5 al 20%”. Questi dati evidenziano un problema serio, dato che si tratta di una popolazione già vulnerabile a causa di una condizione cronica. Ma perché un diabete giovanile, che in passato era tipicamente associato alla magrezza, si manifesta ora anche con sovrappeso? Le cause sono molteplici e vanno ricercate in fattori concomitanti come l’attività fisica meno intensa nelle nuove generazioni e il consumo di carboidrati semplici, a cui si aggiungono stili di vita poco salutari. L’aumento di peso può stimolare una risposta autoimmune nel pancreas, accelerando la distruzione delle cellule Beta, fondamentali per la produzione di insulina. Questo fenomeno è stato definito ‘ipotesi dell’acceleratore’: l’accumulo di grasso viscerale genera uno stato infiammatorio cronico che, a sua volta, predispone alla lesione delle cellule pancreatiche.
Angelo Avogaro, presidente SID, ha sottolineato da parte sua l’importanza di questo argomento: “La presenza di sovrappeso e obesità potrebbe indurre resistenza all’insulina nelle persone con diabete di tipo 1, creando una forma di ‘doppio diabete’ in cui coesistono le caratteristiche del tipo 1 e del tipo 2”.
Le conseguenze di questo trend non sono da sottovalutare. L’aumento di peso non solo complica la gestione della malattia, ma aumenta anche il rischio di complicazioni. “Aspetti ancora sottovalutati rendono necessarie ulteriori ricerche che indaghino l’influenza dell’aumento di peso sulla storia naturale del diabete di tipo 1”, ha concluso Avogaro.
Con l’emergere di questa nuova realtà sanitaria, è cruciale avviare campagne di sensibilizzazione e prevenzione mirate, che possano aiutare a contrastare l’obesità nei bambini e a garantire una gestione più efficace del diabete di tipo 1. Solo con un approccio multidisciplinare sarà possibile affrontare questa sfida e proteggere la salute delle future generazioni.
Si fanno strada intanto tecnologie innovative in gravidanza: uno studio recente ha rivelato che circa il 50 per cento dei neonati figli di madri affette da diabete di tipo 1 può presentare complicanze. Tra i problemi più frequenti figurano l’eccessiva crescita fetale, un incremento del ricovero in terapia intensiva neonatale e parti pre-termine, tutti correlati all’aumento dei livelli di glucosio materno. Veronica Resi, coordinatrice del Gruppo di studio diabete e gravidanza dell’AMD-SID, ha illustrato questi aspetti durante il congresso della Società italiana di diabetologia. Questo gruppo ha elaborato un documento che sottolinea l’importanza dell’impiego di sistemi di monitoraggio continuo della glucemia e microinfusori, per aiutare i medici a gestire meglio le gravidanze complicate dal diabete. Le donne con una emoglobina glicosilata (HbA1c) superiore al 6.5% alla 13ª settimana mostrano un’incidenza di parti pretermine del 48%, rispetto a quelle in target glicemico. Inoltre, il rischio di eccessiva crescita fetale (LGA) è raddoppiato per le donne con un controllo glicemico insufficiente.
Le tecnologie di monitoraggio più moderne hanno dimostrato di migliorare il compenso glicemico e ridurre i rischi per il neonato, incluso un minore ricovero in terapia intensiva. Raffaella Buzzetti, presidente eletta SID, ha evidenziato i vantaggi significativi dei sistemi ibridi ad anello chiuso (HCL), che offrono un controllo glicemico migliore, anche se attualmente solo uno di questi, il CamAps Fx, ha ricevuto approvazione ufficiale in Europa e Italia. Studi recenti supportano l’uso di tali tecnologie, mostrando un sostanziale incremento nel tempo in cui i livelli di glucosio rimangono controllati durante i tre trimestri di gravidanza.
Veniamo infine all’immunoterapia, un approccio che potrebbe offrire nuove possibilità per migliorare la gestione del diabete di tipo 1. Durante il congresso SID di Rimini, la presidente Buzzetti ha evidenziato che, sebbene non costituisca ancora una cura definitiva, l’immunoterapia ha il potenziale per modificare il decorso della malattia, attirando l’attenzione su trattamenti sperimentali come i monoclonali, in particolare il teplizumab, e su terapie con cellule T regolatorie.
Questi approcci potrebbero ritardare l’insorgenza della malattia facendo leva sul meccanismo autoimmune che aggredisce le cellule beta pancreatiche responsabili della produzione di insulina. Inoltre, l’impiego di inibitori dei checkpoint immunitari, che hanno mostrato successo nella lotta contro il cancro, potrebbe ridurre l’attacco alle cellule beta senza compromettere la risposta immunitaria complessiva.
Future strategie includeranno l’ottimizzazione dell’immunomodulazione e terapie per la rigenerazione delle cellule beta, come trapianti di isole pancreatiche o cellule staminali, in aggiunta a trattamenti genici. Buzzetti sottolinea l’importanza di sviluppare terapie combinate personalizzate per migliorare la qualità della vita delle persone affette, riducendo la dipendenza dall’insulina.
L’obbiettivo finale è l’implementazione di trattamenti a lungo termine in grado di garantire una protezione duratura, verso una potenziale “cura funzionale” che permetta ai pazienti di produrre insulina autonomamente. Le prospettive di personalizzazione dei trattamenti e il miglioramento della loro sicurezza ed efficacia rappresentano passi fondamentali nella lotta contro il diabete di tipo 1.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE: Diabete e bisogni dei pazienti, l’esperienza della Toscana, Gli infermieri, una risorsa strategica per il Ssn tra criticità e nuove sfide, Torino: al Koelliker la TAC più avanzata del Nord Italia per prevenire l’infarto