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Iperprotettivi o permissivi? Le insicurezze dei genitori si ripercuotono sui figli

Un vademecum della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza invita a favorire esperienze calibrate in autonomia. “Affrontando i primi ostacoli della vita si costruisce la sicurezza emotiva”

In un’epoca in cui la società spinge i genitori a incapsulare i loro figli in una bolla iperprotettiva, la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) lancia un messaggio rassicurante: proteggere non significa blindare. Al contrario, è proprio attraverso il rischio, sperimentato in modo adeguato, che i bambini apprendono i propri limiti, sviluppano competenze emotive e costruiscono un equilibrio interiore che li aiuta a vincere le insicurezze senza incappare nelle situazioni di pericolo. Per questo, un gruppo di specialisti in neuropsichiatria ha messo a punto un vademecum pensato per genitori ed educatori, volto a orientare le tappe della crescita nel senso dell’autonomia, della consapevolezza e dell’equilibrio tra sicurezza e libertà.

“La flessibilità è una delle competenze fondamentali di uno sviluppo neuropsichico ottimale”, spiega Elisa Fazzi, neuropsichiatra presidente SINPIA. “Significa saper affrontare eventi stressanti o traumatici e saper riorganizzare in maniera positiva la propria vita anche dinanzi alle difficoltà”. Un bambino che ha la possibilità di confrontarsi con esperienze contenute di rischio – cadute, errori, conflitti – non solo sviluppa più velocemente la capacità di risolvere i problemi, ma costruisce un’immagine di sé più aderente alla realtà. Aumenta la fiducia nelle proprie risorse, impara a gestire la paura e scopre che il fallimento non è una condanna, ma una tappa possibile verso la crescita.

Secondo la specialista, il problema risiede oggi in un’eccessiva tendenza all’iperprotezione, una sorta di ansia preventiva che si traduce spesso in insicurezza profonda nel bambino. “I genitori iperprotettivi – osserva Antonella Costantino, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – può indurre insicurezza e ansia nei bambini, impedendo loro di sviluppare una sana autonomia e la voglia di affrontare esperienze nuove”. Per crescere occorre mettersi alla prova: il rischio potenziale non deve essere demonizzato, ma guidato.

Nel documento redatto dagli esperti si suggeriscono strategie pratiche ma fortemente calibrate. Innanzitutto, permettere ai bambini di esplorare, di affrontare difficoltà proporzionate alla loro età. Il gioco libero è considerato fondamentale: un adulto che osserva a distanza fornisce quel margine di sicurezza necessario, senza togliere spazio all’iniziativa e alla sperimentazione. Concedere gradualmente maggiori ambiti di azione è un altro passaggio chiave, ma sempre nel rispetto delle tappe evolutive individuali.

Un bambino deve poter “misurarsi con il limite”, provare a superarlo, eventualmente fallire, e trovare lì lo stimolo alla crescita. “Se non sperimentano piccoli rischi”, avvertono gli esperti, “i bambini possono diventare adulti insicuri e meno capaci di affrontare situazioni difficili”. E ancora, è importante imparare a distinguere tra rischio reale e rischio percepito: l’educazione alla consapevolezza passa dalla possibilità di acquisire strumenti cognitivi e affettivi per affrontare il mondo.

Nel vademecum non si trova una formula unica, ma una linea educativa che valorizza la gradualità e la fiducia. Insegnare al bambino a riconoscere le emozioni, a regolarle, a spingersi un po’ oltre, senza mai essere lasciato solo: è questa la direzione verso cui si muove la neuropsichiatria infantile contemporanea.

Crescere è un processo complesso, fatto di equilibri, di conquiste silenziose. Insegnare ai bambini a gestire il rischio non significa esporli al pericolo, ma riconoscere il loro diritto a diventare forti, autonomi e capaci di affrontare il mondo. Un diritto che si nutre anche di cadute, di contrasti e di quel piccolo, grande coraggio che si impara un passo alla volta.

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