Giulia Brigante (Unimore): “Serve più consapevolezza clinica e nuovi farmaci per migliorare qualità della vita e ridurre l’impatto economico della malattia”.
L’innovazione organizzativa in sanità è oggi fondamentale per affrontare in modo efficace patologie complesse e poco conosciute, come l’orbitopatia basedowiana. Ne ha parlato Giulia Brigante, del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore, intervistata da Mondosanità, sottolineando come l’integrazione di competenze e la diagnosi precoce siano strumenti cruciali per garantire una presa in carico efficace e sostenibile dei pazienti. “L’orbitopatia basedowiana è una malattia visibile, perché colpisce gli occhi, ma spesso non viene riconosciuta subito: può essere confusa con allergie o congiuntiviti. Una diagnosi corretta richiede un approccio multispecialistico”, ha dichiarato Brigante.
Diagnosi complessa e trattamenti limitati: perché servono nuovi farmaci
Uno dei nodi critici è l’accesso a cure efficaci. I trattamenti oggi disponibili per questa patologia autoimmune sono limitati e non privi di effetti collaterali. Da qui, l’urgenza – condivisa da medici e pazienti – di investire in ricerca farmacologica per avere presto a disposizione terapie più sicure, efficaci e mirate.
L’innovazione organizzativa in sanità come risposta al bisogno clinico e sociale
L’impatto dell’orbitopatia basedowiana non è solo clinico, ma anche economico e sociale. La malattia può causare disabilità rilevanti, con ripercussioni sull’autonomia del paziente, sulla vita lavorativa e sulle attività quotidiane. Secondo Brigante, questo aspetto è spesso sottovalutato: “Parliamo di costi diretti e indiretti molto elevati, soprattutto nei casi che richiedono interventi chirurgici ultraspecialistici, con cifre che possono raggiungere diverse migliaia di euro a paziente”. In questo contesto, l’innovazione organizzativa in sanità può contribuire a una gestione più razionale delle risorse, promuovendo modelli assistenziali multidisciplinari, la centralizzazione dei percorsi specialistici e una maggiore integrazione tra clinica e territorio.
Qualità della vita: una priorità non secondaria
Numerosi studi hanno evidenziato che la qualità della vita dei pazienti con orbitopatia basedowiana è significativamente più compromessa rispetto a chi convive con patologie croniche come il diabete o l’ipertiroidismo senza complicazioni oculari. Un dato che richiama l’importanza di considerare la malattia anche sotto il profilo psicosociale, oltre che clinico. “Eventi come questo – ha concluso Brigante – sono fondamentali per aumentare la consapevolezza su una malattia che ha ancora tante aree d’ombra. La conoscenza è il primo passo verso l’innovazione”.





