Uno studio del Meyer di Firenze documenta un aumento di nove volte delle ospedalizzazioni per pertosse in Toscana nel 2024. Un calo diffuso dell’immunità sembra all’origine del fenomeno
Dopo anni di relativa tranquillità, la pertosse torna a far parlare di sé con un’impennata che ha sorpreso medici e ricercatori. La malattia, troppo spesso erroneamente sottovalutata, è ripartita, e lo fa in modo inaspettato: colpisce soprattutto gli adolescenti, nonostante la copertura vaccinale formalmente elevata. Il fenomeno, documentato da uno studio dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze pubblicato sulla rivista Eurosurveillance, solleva interrogativi sulla tempistica delle vaccinazioni e sull’effettiva protezione offerta nel tempo.
Nel 2024, la Regione Toscana ha registrato un incremento dei ricoveri ospedalieri per pertosse tra bambini e adolescenti sotto i 16 anni: ben 259 casi confermati in laboratorio, con un aumento di nove volte rispetto al periodo 2016-2019. A guidare lo studio è stato Francesco Nieddu, che ha analizzato i dati relativi a tutti i ricoveri correlati alla pertosse dal 2016 al 2024. Il dato più sorprendente? Oltre la metà dei pazienti aveva tra i 10 e i 16 anni, mentre i neonati – tradizionalmente considerati i più vulnerabili – hanno rappresentato solo il 7% dei casi. Un’inversione di tendenza che cambia il volto epidemiologico della malattia.
“La maggior parte degli adolescenti coinvolti nello studio aveva completato le vaccinazioni della prima infanzia”, si legge nel report, “il che suggerisce che il principale fattore responsabile dell’aumento dei casi sia stato il calo dell’immunità piuttosto che il rifiuto del vaccino”. In altre parole, non è tanto la mancanza di vaccinazione a preoccupare, quanto il ritardo nella somministrazione delle dosi previste dal calendario vaccinale.
La Toscana, con il 97,7% di bambini di due anni e il 75,8% dei sedicenni completamente vaccinati contro la pertosse, si conferma tra le regioni italiane con i tassi più alti di copertura. Tuttavia, lo studio evidenzia una criticità spesso trascurata: la puntualità. Molti pazienti avevano ricevuto le dosi all’ultimo momento, con ritardi medi superiori a un mese per le prime tre dosi nei neonati idonei. Per gli adolescenti, il divario tra l’idoneità al richiamo – raccomandato a partire dai 12 anni – e l’insorgenza della malattia superava spesso l’anno. “Il rispetto formale del calendario non è sufficiente”, osservano gli autori. “Una somministrazione tempestiva avrebbe potuto evitare molti ricoveri ospedalieri”. Il messaggio è chiaro: non basta vaccinare, bisogna farlo nei tempi giusti. La pertosse, infatti, è una malattia insidiosa, capace di manifestarsi con sintomi lievi negli adulti ma potenzialmente grave nei più piccoli. E se il profilo dei casi si sta spostando verso fasce d’età più alte, ciò non significa che il rischio sia diminuito.
Il ritorno della pertosse in Toscana, dopo anni di bassa incidenza tra il 2016 e il 2023, suona come un campanello d’allarme per la sanità pubblica. In un contesto in cui la fiducia nei vaccini è messa alla prova da disinformazione e ritardi organizzativi, lo studio del Meyer offre una lezione preziosa: l’immunizzazione è un processo dinamico, che richiede attenzione costante e aggiornamenti tempestivi. Non è sufficiente aver ricevuto le dosi previste; è fondamentale riceverle quando servono davvero.
In attesa di ulteriori studi che confermino se il trend toscano sia replicabile su scala nazionale, la raccomandazione degli esperti è netta: rafforzare le campagne di sensibilizzazione sulla pertosse, promuovere la vaccinazione tempestiva e monitorare con attenzione l’andamento epidemiologico. Perché anche le malattie che sembrano scomparse possono tornare, e a volte ritornano.





