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Sanità pubblica, a Tokyo debutta il metodo MASTER


Dal 21 al 23 dicembre una sessione speciale internazionale

La “Call for papers” scade il 30 settembre: la sanità pubblica globale si dà appuntamento in Giappone, e a guidare i lavori ci sarà una squadra a trazione partenopea. Dal 21 al 23 dicembre 2025, la capitale nipponica ospiterà una sessione speciale dedicata a “M.A.S.T.E.R.”, un nuovo modello che punta a cambiare il modo in cui i sistemi sanitari progettano, misurano e migliorano i propri servizi. Dietro l’acronimo – che sta per Methodological Approach for Strategic Transformation, Evaluation, and Redesign – c’è un’idea semplice ma ambiziosa: unire tre strumenti già consolidati, A3 Thinking, Six Sigma-DMAIC e PDCA, dentro un’unica cornice operativa. Ma andiamo con ordine. Quando si parla di A3 Thinking ci si riferisce ad una metodologia di problem solving e miglioramento continuo, sviluppata in Toyota, che utilizza un foglio di formato A3 per sintetizzare, visualizzare e comunicare in modo strutturato l’analisi di un problema, le soluzioni proposte e il piano d’azione. Accostato al metodo Six Sigma (basato sui dati e sulla statistica per il miglioramento dei processi aziendali, con l’obiettivo di ridurre la variabilità e i difetti del metodo DMAIC ( un approccio che punta a Definire, Misurare, Analizzare, Migliorare IMPROVE e Controllare) composto in cinque fasi di un approccio strutturato per l’ottimizzazione dei processi aziendali. C’è infine il PDCA (acronimo di Plan-Do-Check-Act, in italiano Pianifica-Fai-Verifica-Agisci) ossia un modello di gestione per il miglioramento continuo dei processi, noto anche come Ciclo di Deming. Il tutto con l’obiettivo è trasformare i programmi di prevenzione e cura in sistemi trasparenti, misurabili e capaci di migliorare nel tempo.
LA REGIA DELLA FEDERICO II
Protagonista della sessione sarà il team dell’Università di Napoli Federico II, con un mix di competenze che spazia dalla sanità pubblica all’ingegneria gestionale. Al centro e protagonista del progetto Maria Triassi, docente, igienista, presidente del CIRMIS (Centro Interdipartimentale di Ricerca, Management ed Innovazione in Sanità) e voce autorevole della sanità pubblica italiana. Accanto a lei i docenti Giovanni Improta, Alfonso Maria Ponsiglione, Arianna Scala e Pasquale Giglio, insieme a Paolo Montuori. «La prevenzione – sottolinea Triassi – è il terreno naturale di M.A.S.T.E.R, serve continuità, misurazione rigorosa e capacità di adattamento. Significa anticipare i rischi, ridurre le disuguaglianze e documentare i risultati con strumenti concreti. Solo così possiamo rendere la prevenzione un ambito realmente misurabile e migliorabile nel tempo».

DAI VACCINI ALLE RETI TEMPO-DIPENDENTI
Il metodo di management già testato in diversi contesti, promette applicazioni concrete: sorveglianza epidemiologica più tempestiva, campagne vaccinali e screening più efficaci, laboratori standardizzati per combattere l’antimicrobico-resistenza, pronto soccorso e reti tempo-dipendenti più efficienti, fino alla digital health con dashboard e indicatori chiari per i decisori.
«M.A.S.T.E.R. – aggiunge Improta – mette ordine in un settore che spesso affronta problemi complessi con approcci frammentati. Integra metodi diversi, ma tutti scientificamente solidi, e ci aiuta a misurare ciò che conta davvero. Così la sanità pubblica diventa più equa, più trasparente, più veloce nel rispondere». Per Montuori, la chiave è il legame con i territori: «Nei Dipartimenti di prevenzione si lavora ogni giorno con dati complessi e risorse limitate. Avere un metodo che riduce variabilità e rende i processi trasparenti può fare la differenza tra linee guida sulla carta e realtà sul campo».
UN INVITO APERTO A PROFESSIONISTI E DECISORI
La call for papers, vale a dire l’invio di contributi scritti, è aperta fino al 30 settembre: L’appuntamento di Tokyo si rivolge a direttori di Dipartimenti di prevenzione, epidemiologi, infermieri di comunità, data manager, responsabili ICT e decisori regionali. Partecipare – spiegano gli organizzatori – significa entrare in una rete internazionale di confronto e adottare un linguaggio comune, capace di tradurre la ricerca in politiche e pratiche con impatti tangibili su tempi, costi, qualità ed equità dei servizi sanitari.

I vaccini, da terreno di approfondimento scientifico, di pubblicazioni di lavori inerenti le tecnologie per la loro messa a punto ovvero di confronti sulla base di studi inerenti la loro sicurezza ed efficacia, sono diventati un terreno di scontro politico anche all’interno della maggioranza di governo. Il sasso nello stagno sono state le nomine ministeriali del Nitag (il Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni) effettuate agli inizi di agosto dal titolare del dicastero della Salute Orazio Schillaci. Nomine travolte dalle critiche della Comunità scientifica nazionale per la presenza, nel gruppo, di almeno due profili scettici sui vaccini. Si tratta del pediatra Eugenio Serravalle e dell’ematologo Paolo Bellavite che in passato hanno assunto posizioni critiche nei confronti dei vaccini, in particolare quelli contro Sars-cov-2 agente del Covid. Contro di loro c’è stata una presa di posizione netta anche da parte della Sip, la società scientifica italiana di Pediatria. A ferragosto il ministro Schillaci ha dunque deciso in solitaria di fare marcia indietro e di revocare le nomine ricevendo il plauso e i ringraziamenti pubblici anche di Rino Agostiniani presidente della Società scientifica di Pediatria. Ma proprio quando la polemica sembrava conclusa nella serata del 16 agosto è arrivata la doccia gelata del retroscena che attribuirebbe alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni un disappunto per una decisione (quella della revoca) “non concordata” da parte di un suo ministro. Del resto è stato lo stesso Paolo Bellavite in un’intervista a Repubblica a sostenere che “Con la revoca delle nomine è stato danneggiato il pluralismo“. Un aspetto e una definizione che attiene più alla cultura politica, alla filosofia e all’arte che a quella scientifica”. Così in questa intervista Silvio Garattini, farmacologo, oncologo e ricercatore italiano di fama internazionale, noto soprattutto per essere il fondatore e a lungo direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Bergamo diventato sotto la sua guida uno dei centri di ricerca più importanti a livello internazionale, esempio di trasparenza e di etica in campo biomedico.
Professor Garattini cosa si intende per pluralismo in campo scientifico?
“E’ un termine improprio: se pure volessimo interpretarlo secondo l’attinenza al caso specifico delle nomine in seno al gruppo consultivo del Nitag si può solo pensare che la identificazione dei suoi componenti debba magari rispondere a profili di ricercatori provenienti anche da altre nazioni, da varie scuole di medicina ma non certo essere relative alla rappresentazione di posizioni basate su opinioni, scettiche contro i vaccini o sostenitrici di altre filosofie di cura relative ad esempio all’omeopatia. La scienza, il suo metodo di lavoro in tutti i campi non solo quello medico, evolve con un metodo fatto di ipotesi, osservazioni, studi e approfondimenti per dimostrare o confutare quello che si è ipotizzato. Mentre l’arte e la filosofia si confrontano con il mondo delle opinioni in campo scientifico si procede per dimostrazioni, pubblicazioni, lavori e studi sottoposti alla verifica di organismi internazionali e alla cosiddetta revisione tra pari”.
C’è chi sostiene, anche tra i camici bianchi, che i vaccini possono procurare danni a un soggetto sano che riceve una dose per proteggersi da una malattia futura. Col Covid poi questo scetticismo di alcuni si è ingigantito in ragione dell’uso innovativo della tecnologia a Rna messaggero…
“Guardi, quando alla fine del 700 fu messo a punto dal medico inglese Edward Jenner il vaccino contro il vaiolo con virus attenuato, la profilassi si diffuse rapidamente in Europa e nel mondo portando a una drastica riduzione dei casi di vaiolo e, infine, all’eradicazione della malattia nel 1980. In Italia la vaccinazione antivaiolosa fu resa obbligatoria nel 1888 ma molti evitarono di vaccinare i propri figli e ancora oggi vediamo persone che per tutta la vita hanno convissuto con una paralisi infantile a causa di questa paura. Oggi a causa dell’emergere di questi scetticismi antiscientifici vediamo riemergere casi di vaiolo, piccole epidemie di morbillo e di altre patologie considerate eradicate. Tutto questo è causato da una regressione della nostra società e della mancanza di una cultura scientifica diffusa”.
Come rimediare?
Bisogna esprimere una volontà politica a coltivare la scienza e la cultura scientifica sin dalle scuole primarie. Non esistono in Italia programmi scolastici orientati alla scienza e alla cultura scientifica e di questo paghiamo un prezzo come comunità ancora più pesante a causa del fatto che questo vuoto viene colmato da strumenti potenti ma non verificabili nella loro attendibilità ed autorevolezza come internet e i social. A subirli sono soprattutto persone che non hanno i mezzi per capire e decifrare quello che gli viene riferito”.
Quando le fonti sono medici sciettici come si fa?
“Si effettua un controllo sulle fonti. Spesso il nodo è la comunicazione dei dati. Del resto anche durante la pandemia da Sars-Cov-2 il fatto che ci fosse un agente infettivo nuovo ha generato una grande confusione e un grave vulnus nella comunicazione, quasi sempre fuori bersaglio e fuorviante. Quando il governo negli anni del Covid assumeva decisioni poi riviste in corso d’opera nel target anagrafico, avrebbe dovuto spiegare nei dettagli e in maniera comprensibile le decisioni assunte”.
Un farmaco del resto non è mai esente da rischi e alcuni possono rischiare di più?
“Anche su questi aspetti occorre fare chiarezza e spiegare. Un soggetto a rischio in oncologia, ad esempio, si definisce tale in base ad una probabilità più alta di incorrere in alcune lesioni tumorali in base ad esempio al consumo di alcool o del fumo di sigarette. Ma occorre spiegare che chi è più a rischio potrebbe non ammalarsi mai e chi meno a rischio incorrere in un cancro anche se fa una vita sanissima. La biologia e la medicina si basano su probabilità ma non su certezze”.
Quanto è stato importante il vaccino del Covid per venire a capo della pandemia?
“Il vaccino basato su Rna è stato messo a punto in tempi rapidissimi grazie al fatto che gli studi erano in corso da venti anni. E’ stato un grande vantaggio per tutta l’umanità poter contare su questo strumento. In sua assenza avremmo contato centinaia di migliaia di vittime in più”.
C’è chi punta l’indice sugli interessi del mercato e le pressioni delle case farmaceutiche per giustificare ogni scetticismo?
“Anche questo aspetto esiste, la pressione commerciale però viene esercitata in tutti gli aspetti della nostra vita e non ne teniamo conto. Basta saper esercitare i controlli necessari con rigore e metodo scientifico. E’ sempre la scienza il faro con cui orientare la nostra posizione rispetto alle ingerenze. Anche la scienza può essere confutata ma va fatto sempre con lo steso metodo e per questo occorre che in organismi di controllo e indirizzo vi siano personalità del mondo scientifico autorevoli e per questo credibili, trasparenti badando anche ai conflitti di interesse”.
E quindi?
E quindi in una commissione come il Nitag collaborazioni e consulenze per l’industria farmaceutica vanno evitate. Evitare i conflitti di interesse dovrebbe essere la regola. Del resto è scritto anche nel regolamento del Comitato. Ma nessuno sembra aver dato peso, prima della revoca, a questo aspetto. In Italia su questo tema manca del resto una cultura condivisa. Basta vedere le farmacie diventate dei supermercati. Potrebbero invece essere punti utili dal punto dell’informazione e dell’educazione perché diffuse capillarmente sui territori. Oggi poi è effettivamente difficile trovare studi scientifici in cui non si ravveda la presenza di qualche conflitto di interesse e questo pregiudica la credibilità di tutto il sistema della comunicazione scientifica”.
Manca dunque un’informazione indipendente?
“E’ carente però gli scienziati autorevoli, competenti e bravi esistono e si sa chi non ha conflitti di interesse. Vanno premiati”.
Spesso però la fonti di finanziamento dell’industria sono irrinunciabili per chi fa ricerca e dunque avere grant sponsorizzati diventa un valore aggiunto”.
“Il nodo da sciogliere è la disciplina degli accordi di collaborazione. serve un sistema di regole che renda trasparenti i processi di finanziamento della ricerca pubblica da parte di privati. Del resto sono poi gli esiti quasi sempre misurabili a fare la differenza”
Il Mario Negri è un esempio di trasparenza: come è regolato?.
“Noi pubblichiamo tutti i risultati delle ricerche che facciamo e rinunciamo ai brevetti che invece servono a incentivare gli aspetti commerciali. Però la ricerca indipendente ha bisogno di risorse. Parliamo di miliardi l’anno per essere al passo con i grandi Pesi Ocse. La mancanza di fondi spinge verso la sponda con le industrie private”.
In passato la legge assegnava il 5% delle spese pubblicitarie dell’industria farmaceutica per ricerche indipendenti in seno all’Aifa: è ancora valido quel modello?
“Quelle risorse sono state progressivamente ridotte quasi a zero. La ricerca indipendente oggi è quasi scomparsa mentre gli studi clinici arrivano a costare milioni di euro. Basterebbe avviare una revisione sistematica del prontuario farmaceutico per ricavare le risorse che servono da investire in ricerca indipendente. Un analogo discorso servirebbe per validare i nuovi farmaci e considerarli innovativi. Tutto ruota attorno a questi strumenti di trasparenza ma da qui a mettere in discussione la validità dei vaccini c’è un abisso. I vaccini sono stati e restano una delle principali conquiste dell’umanità”.

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