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Aumentare le coperture vaccinali: il Veneto punta sul territorio per raggiungere il domicilio dei pazienti fragili e non autosufficienti

L’80% delle persone si sottoporrebbe alla vaccinazione, ma i problemi nascono quando il tema è la comunicazione, quando cioè si devono informare i cittadini sulle opportunità del vaccino. E’ il dato principale che emerge dall’indagine civica sull’Herpes Zoster (noto anche come Fuoco di Sant’Antonio) condotta da Cittadinanzattiva Veneto, a maggio e giugno di quest’anno, per comprendere “quanto ne sanno” i cittadini veneti sull’Herpes zoster, il loro grado di conoscenza dell’esistenza di un programma vaccinale regionale, dell’esistenza del vaccino in grado di prevenire la malattia, quali difficoltà si incontrano nel sistema sanitario regionale, quale livello di proattività c’è da parte degli specialisti e dei medici di famiglia nel portare avanti le campagne vaccinali. 

I dati dicono che solo nel 4% dei casi la vaccinazione è proposta dal medico di famiglia, solo nel 10% dagli specialisti; in pochi casi (5%) il cittadino ha ricevuto una lettera o una convocazione da parte dei servizi di Igiene Pubblica per sottoporsi alla vaccinazione e il cittadino non sa che la vaccinazione è gratuita anche per chi ha meno di 65 anni. Altro punto critico, il luogo dove vaccinarsi: le persone preferirebbero farsi vaccinare presso gli studi di medici di famiglia e specialisti, gli stessi che però stentano a proporre la vaccinazione.

La Regione Veneto rappresenta un’eccellenza e un punto di riferimento nazionale per la chiamata vaccinale di coorte, ma molto c’è ancora da fare sull’estensione della copertura atutte le categorie di cittadini considerati fragili. Sulle azioni da mettere in campo si sono confrontati gli esperti del Veneto durante l’evento organizzato da Motore Sanità dal titolo “Innovazione organizzativa nella declinazione regionale del PNPV. Per una Regione Veneto sempre più benchmark sulle coperture vaccinali”.

La survey di Cittadinanzattiva Veneto sull’Herpes Zoster e le proposte

Hanno risposto all’indagine civica di Cittadinanzattiva Veneto 629 cittadini, di cui 38 in assistenza domiciliare integrata (24 della AULSS7 e 14 della AULSS8 della provincia di Vicenza). Dei 629 cittadini, l’81,4% è un “paziente fragile”, il 71,2% sono ultra 65 enni, il 28,8% hanno tra i 18 e 49 anni. La quasi totalità dei cittadini (98%) è a conoscenza del Fuoco di San’Antonio, ne ha sentito parlare ed è a conoscenza di quali siano i principali sintomi; inoltre sa che esiste un vaccino per l’Herpes Zoster (il 94,3%). I cittadini/pazienti fragili sono sufficientemente consapevoli che la loro condizione li espone ad un rischio maggiore di contrarre l’Herpes Zoster (60,8%), tuttavia il 39,2% è ignaro del rischio che corre di contrarre il virus in rapporto al proprio stato di salute.

Secondo Cittadinanzattiva Veneto, per garantire un’offerta equa e uniforme su tutto il territorio regionale si segnalano margini di miglioramento attraverso la proposta della vaccinazione da parte degli specialisti (igienisti dell’ASL compresi), la vaccinazione intraospedaliera e la vaccinazione in un setting domiciliare;in particolare è richiesta un’attenzione maggiore per i pazienti in assistenza domiciliare integrata (ADI), che oltre ad essere clinicamente fragili, sono anche non autosufficienti e di conseguenza hanno scarso accesso, di prima mano, alle informazioni e alla somministrazione del vaccino. “Abbiamo bisogno di una coerente e precisa comunicazione che faccia conoscere i vantaggi della vaccinazione e i luoghi deputati a farla, solo così riusciremo davvero ad incidere sulle scelte dei cittadini” si è appellato Lorenzo Mattia Signori, Segretario regionale di Cittadinanzattiva Veneto. “ Il nostro auspicio è promuovere una medicina attiva per tutte le vaccinazioni”.

Ecco le proposte di Cittandinazattiva Veneto:

  • Permettere al medico di medicina generale, essendo il punto di riferimento del paziente fragile e conoscendo la sua storia clinica, di vaccinare quest’ultimo in tutte le 9 AULSS;
  • Supportare la creazione di percorsi vaccinali nel setting domiciliare a vantaggio dei cittadini non autosufficienti, anche attraverso il coinvolgimento di medici di medicina generale e/o di altri operatori sanitari quali gli infermieri di Famiglia;
  • Effettuare campagne di informazione rivolte alla popolazione veneta attraverso i media locali;
  • Sensibilizzare gli specialisti e le reti di patologia a promuovere sempre l’importanza della vaccinazione e laddove è possibile, coinvolgerli nella somministrazione dei vaccini;
  • Implementare ed estendere, a tutte le vaccinazioni per il paziente adulto fragile, i sistemi di monitoraggio delle coperture tanto a livello regionale quanto in ogni AULSS così come è stato fatto durante il periodo della pandemia Covid-19.

Il ruolo della medicina generale, tra progetti e nuove sfide

Mariateresa Gallea, medico di medicina generale ULSS6, ha sottolineato il ruolo storico della medicina generale in Veneto nelle campagne vaccinali stagionali anti-influenzali e l’importante contributo nella vaccinazione anti-Covid-19 negli ultimi anni. “Ricevo con piacere gli esiti della survey di Cittadinanzattiva Veneto che riporta come i cittadini pensino prioritariamente al medico di medicina generale come professionista per le vaccinazioni. È la concretizzazione del rapporto di fiducia che ci unisce e ci caratterizza da sempre. Il contributo della medicina generale non si misura solo con il numero di somministrazioni effettuate, ma va considerata anche l’intensa attività di counseling che quotidianamente si svolge all’interno dei nostri studi”.

Nell’ULSS6 nell’ultimo anno la medicina generale ha dimostrato la disponibilità e la capacità di estendere l’offerta vaccinale nel territorio, offrendo la vaccinazione anti-pneumococco in forma destagionalizzata ai pazienti con patologie croniche e/o over 65. Grazie ad un accordo con la Direzione dell’ULSS6 e la proficua collaborazione con il Dipartimento di prevenzione, in dieci mesi, tra la fine del 2023 e la prima metà del 2024, sono stati somministrati 3.850 vaccini anti-pneumococco. “Questo progetto, ancora in corso – conclude la dottoressa Gallea auspicando un coinvolgimento del medico di medicina generale nella vaccinazione del paziente non deambulabile a domicilio -, è un esempio di come la collaborazione, il dialogo e la pianificazione di modelli condivisi possano portare a grandi opportunità per i nostri cittadini. Auspichiamo che presto si possano creare collaborazioni anche per altre vaccinazioni, prima fra tutte quella contro l’Herpes Zoster, e che le sperimentazioni locali che hanno avuto successo possano estendersi in modo uniforme in tutta la Regione Veneto”.

Esperienze a confronto e scenari futuri nelle città e comunità montane

Secondo Luca Sbrogiò, direttore Dipartimento di prevenzione ULSS6Euganea,Regione del Veneto e Presidente S.I.t.I Triveneto, che ha illustrato la realtà sanitaria padovana, sottolineano la grande ricchezza di offerta assistenziale in cui il paziente fragile può essere raggiunto in diversi setting, ospedalieri e territoriali, “l’autonomia professionale del personale vaccinatore, l’ingresso di nuovi protagonisti sanitari quale l’infermiere di comunità, l’operatività delle nuove case della salute e lo sviluppo delle farmacie dei servizi daranno un ulteriore fondamentale contributo nel rendere più facile esercitare il diritto alla vaccinazione da parte di tutti”.

Intanto, il personale che ha in cura il paziente in ospedale già somministra a target specifici le vaccinazioni raccomandate (pazienti con Hiv, dializzati, per esempio). Si può proseguire con l’identificazione di ulteriori contesti organizzativi ospedalieri per alcune categorie di pazienti, affrontando la maggior parte delle attività vaccinali nel territorio, in particolare negli ambulatori dedicati del Servizio Igiene e Sanità Pubblica e dal medico di medicina generale e pediatri di libera scelta, in collaborazione con farmacie dei servizi e Rsa per le vaccinazioni stagionali. “Più che una possibilità, è un obbligo attivare tutte le opzioni disponibili per vaccinare – ha rimarcato il direttore Sbrogiò -. I vaccini raccomandati per i numerosissimi pazienti ad aumentato rischio (circa 300.000 con almeno una esenzione per patologia nel padovano) sono molti, a volte con più dosi, e per assolvere ad un compito così ampio servono molte forze ben coordinate tra loro”.

Secondo Sandro Cinquetti, direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’ULSS 1 Dolomiti – azienda sanitaria che serve una popolazione di circa 200.000 abitanti (1/25 circa della popolazione del Veneto), residente su un territorio molto vasto, prevalentemente montano, pari a 1/5 della superficie del Veneto – “è fondamentale far crescere la cultura vaccinale nelle categorie professionali impegnate nell’assistenza territoriale e domiciliare (medici di organizzazione dei servizi sanitari di base, medici di comunità, geriatri e internisti operanti nel territorio, infermieri domiciliari, assistenti sanitari, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta). Di particolare interesse potrebbe essere lo sviluppo quantitativo e qualitativo della figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, nuova figura potenzialmente in grado di irrobustire l’assistenza sanitaria al paziente fragile a domicilio con le proposte “preventive” a suo favore, vaccinazioni incluse”. 

Parlando di offerta vaccinale a favore dei soggetti “fragili” (offerta che richiede un percorso di valutazione “specialistica”), “si tratta di contemperare le esigenze di “centralizzazione” ambulatoriale con la necessità di garantire la vaccinazione a soggetti residenti in contesti periferici. Il punto di sintesi, che verrà gradualmente raggiunto – ha osservato il direttore Cinquetti – è rappresentato dall’attivazione di 4 ambulatori specialistici, gestiti dal Servizio Igiene e Sanità Pubblica, a copertura delle principali 4 aree del territorio provinciale (Bellunese, Feltrino, Agordino e Cadore). A fianco di ciò, dovrà essere implementato il percorso di vaccinazione a domicilio nei soggetti non trasportabili, percorso che necessariamente dovrà vedere come protagonisti i professionisti del territorio (distretti sanitari, medici di famiglia, Infermieri domiciliari)”.

Presso la ULSS 7 gli assistiti considerati fragili sono circa 68.000 (estratti sulla base delle condizioni di esenzione ticket), di questi 21.000 hanno meno di 60 anni.

L’AULSS7 Pedemontana sta avendo importanti risultati riconosciuti dalla gran parte dei pazienti che vengono seguiti negli ospedali e nel nostro territorio – ha spiegatoAntonio Di Caprio, direttore sanitario ULSS 7 -. In questo periodo di cambiamenti e di riorganizzazioni stiamo sviluppando nuovi percorsi ampliando le unità operative da coinvolgere e rafforzando quelli già esistenti con una stretta collaborazione dei professionisti dell’ospedale del Distretto e del Dipartimento di Prevenzione. A livello ospedaliero stiamo lavorando per inserire la vaccinazione direttamente nel PDTA del paziente. A livello territoriale coinvolgeremo i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e la Diabetologia territoriale per la presa in carico vaccinale anche dei pazienti cronici (diabete, BPCO, cardiopatici)”. “La Regione – ha sottolineato il direttore – sta spingendo molto sulla vaccinazione delle persone fragili. La nostra azienda nell’ambito delle indicazioni regionali e della declinazione del PNPV, ha creato dei percorsi dedicati per queste persone mediante un lavoro di rete che coinvolge lo specialista ospedaliero, il personale del SISP, i medici e infermieri territoriali”. E i dati parlano chiaro: in AULSS7 Pedemontana da ottobre 2023 sono state attivate delle sedute ambulatoriali specifiche all’interno dei presidi ospedalieri, con personale dedicato, che effettua consulenze e vaccinazioni dei pazienti fragili. I reparti ospedalieri possono prenotare direttamente il paziente nelle liste informatizzate dedicate. Nell’ambulatorio viene effettuata una consulenza al paziente che tiene conto delle condizioni cliniche, della situazione vaccinale e delle vaccinazioni previste, viene redatto e iniziato un percorso vaccinale specifico per quella persona. In questa prima fase sono state coinvolte le unità operative che hanno in carico pazienti fragili in quanto immunodepressi per malattia o per terapia assunta. Sono state redatte delle brochure informative rivolte ai pazienti fragili e al personale sanitario. Nel corso di quest’anno sono state effettuate circa 900 consulenze e piani vaccinali. Principalmente sono state somministrate la vaccinazione antipneumococcica, la vaccinazione contro l’Herpes Zoster.

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