I batteri resistenti agli antibiotici sono un problema globale che interessa tutti i paesi del mondo. Alcuni report dichiarano che nel 2050 ci saranno fino a 10milioni di morti all’anno per infezioni da germi resistenti. L’Italia è tra i Paesi in senso negativo a livello di antibiotico-resistenza: la superano in Europa solo la Romania e la Grecia.
I numeri sono impressionati: un report pubblicato nel 2019 redatto dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) riportava che circa la metà dei morti europei per infezioni ospedaliere da batteri resistenti agli antibiotici avviene in Italia. Il risultato finale è che chi entra in ospedale rischia, nel 10% dei casi, di contrarre una infezione ospedaliera.
Inoltre, si calcola che 1 paziente su 10 quindi, in ospedale, possa infettarsi e molto frequentemente tale germe è resistente agli antibiotici. Lo scenario è allarmante e fa comprendere quanto sia importante non distogliere l’attenzione sull’antimicrobico resistenza (AMR). Motore Sanità ha voluto aprire un dialogo tra tecnici e dirigenti ospedalieri su questo aspetto cruciale con l’evento “NUOVI MODELLI DI GOVERNANCE OSPEDALIERA PER GLI ANTIBIOTICI INNOVATIVI: DA UN ACCESSO RAZIONATO A UN ACCESSO RAZIONALE E APPROPRIATO – LIGURIA” organizzato con il contributo non condizionante di MENARINI. L’obiettivo è la ricerca di un corretto e condiviso place in therapy che rappresenti un uso ragionato e razionale piuttosto che solamente razionato.
Perché l’Italia è maglia nera d’Europa lo spiega Matteo Bassetti, Direttore Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino. “Come frequenza e diffusione di germi resistenti, l’Italia è messa molto male soprattutto per i batteri Gram negativi. Tra i paesi europei a più evoluti livello sanitario siamo quelli che sono messi peggio. Ci sono tante ragioni. “
“La prima è che usiamo troppi antibiotici rispetto alla media europea soprattutto nell’uso sia dei farmaci a domicilio che in ospedale. Si tende a usare gli antibiotici in maniera empirica, come una sorta di copertura. Questo è un errore. Secondo me bisogna lavorare molto di più sulla formazione sia sui medici di medicina generale sia su quelli che lavorano in ospedale. “
“È necessario educare la popolazione generale sui rischi dell’antibiotico-resistenza.Se si ponesse meno attenzione al Covid, che grazie ai vaccini è stato ridotto nella sua portata e ci interessassimo ai batteri resistenti credo che se ne beneficerebbe l’intero sistema sanitario nazionale e quello territoriale. Vanno ascoltati di più gli esperti per compiere scelte giuste in materie come queste. Scienziati validi e preparati in Italia ce ne sono moltissimi”.
Le infezioni correlate all’assistenza, a livello europeo, hanno un impatto economico complessivo per la società pari a 1,5 miliardi di euro all’anno. In Italia una recente analisi condotta dal EEHTA del CEIS dell’Università di Tor Vergata (Mennini FS e Sciattella P, 2021) ha evidenziato come le infezioni correlate all’assistenza compaiono in media in 32 casi ogni 1.000 ricoveri acuti in regime ordinario (52 casi ogni 1.000 ricoveri solo nel 2019). La valorizzazione delle infezioni mediante stima delle giornate aggiuntive per singolo Drg ha comportato una stima media annua pari circa 600 milioni di euro.
“I risultati dell’analisi risultano essere, insieme ai risultati provenienti dalla letteratura recente, fondamentali così da informare i decisori in merito all’adozione di protocolli di antimicrobico resistenza (AMR) stewardship per la gestione delle ICA, così da riuscire a disegnare un percorso che possa permettere una valorizzazione dell’impatto in termini di consumo di risorse e costi, su tutto il percorso assistenziale, con riferimento anche agli antibiotici di nuova generazione – ha spiegato Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Economia Politica, Research Director – Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e Presidente SIHTA -. “
“Le infezioni ed il ritardo nella somministrazione della terapia appropriata sono, infatti, associati ad outcome clinici peggiori, e questi due fattori hanno dimostrato di essere in qualche modo sinergici (Lodise TP et al., 2019). Una terapia antibiotica appropriata è associata a degenze ospedaliere più brevi e a una minore mortalità nei pazienti con infezioni correlate all’assistenza rispetto a una terapia inappropriata. Il tutto accompagnato anche da un importante ritorno in termini economici e sociali”.
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