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Campania, flat tax e dirigenza delle professioni sanitarie

Due mozioni in Aula approvate all’unanimità.
Approvata all’unanimità, nell’Aula del Consiglio regionale della Campania, la mozione presentata nei giorni scorsi dai consiglieri di maggioranza Ciarambino e Picarone per estendere la flat tax del 5% per cento, sui progetti relativi all’abbattimento delle liste di attesa, dagli infermieri e alle altre professioni afferenti all’Ordine Tsrm Pstrp e alle ostetriche. Una mozione che impegna il Consiglio e la giunta regionale a farsi portavoce presso gli organismi nazionali per emendare la norma che disciplina tali facilitazioni fiscali.
«L’applicazione della flat tax – si legge nella mozione – se può essere considerata una prima misura utile alla valorizzazione di questo personale andrebbe applicata a tutte le professioni sanitarie riconosciute al fine di garantire un quadro di omogeneità rispetto alla normativa nazionale di riferimento e non determinare discriminazioni tra lavoratori spesso impegnati nell’ambito delle stesse équipe. In particolare, la misura rischia di essere inefficace, in quanto si escludono dal beneficio figure professionali indispensabili ai fini della effettiva esecuzione delle prestazioni sanitarie». La mozione impegna dunque la Giunta regionale a farsi portavoce, nelle sedi istituzionali deputate, a partire dalla Conferenza Stato-Regioni, della proposta di estensione del regime agevolato per gli infermieri a tutte le professioni sanitarie riconosciute dalla legge.
Una iniziativa partita proprio dalla mobilitazione dell’Ordine delle 18 professioni sanitarie dei tecnici, dell’area della prevenzione e riabilitazione di Napoli, Avellino, Benevento e Caserta che rappresenta circa 12 mila iscritti di cui almeno un terzo direttamente coinvolti nei progetti delle Asl per abbattere le code ma esclusi dal beneficio. «Come è noto la legge di Bilancio – avverte il presidente dell’Ordine di Napoli, Avellino, Benevento e Caserta Franco Ascolese – ha previsto a livello nazionale che i compensi per il lavoro straordinario erogati agli infermieri dipendenti dalle aziende e dagli enti del SSN, siano assoggettati a un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito e delle addizionali regionali e comunali con aliquota del 5%. La Flat tax appunto, una misura sacrosanta che però il legislatore non ha esteso e tutte le altre professioni sanitarie, tra cui i 18 profili che afferiscono al nostro Ordine creando una ingiustificata discriminazione tra camici bianchi che lavorano gomito a gomito. Tale imposta ridotta che serve a tamponare le carenze di personale sanitario e abbattere le liste d’attesa, sarebbe un vantaggio per tutti i colleghi che contribuiscono agli obiettivi di Sanità pubblica peraltro lavorando spesso al fianco degli infermieri in queste attività sapendo di non godere di alcun beneficio di cui invece si giovano altri profili professionali. Ringraziamo pertanto i consiglieri Ciarambino e Picarone per questa iniziativa – conclude Ascolese – e tutti i consiglieri regionali che l’hanno approvata in quanto pone al centro del dibattito politico l’iniquità di una norma palesemente discriminatoria». L’azione dei consiglieri potrebbe tuttavia non bastare: «Per questo chiederemo alle Istituzioni regionali di valutare la proponibilità di una impugnativa dinanzi alla Corte costituzionale, poiché la norma presenta degli evidenti profili di incostituzionalità».
Su questo fronte dalla Campania si registra la levata di scudi di circa 500 specialisti ambulatoriali riuniti nel Fespa (Federazione nazionale specialistica ambulatoriale). Si tratta di medici che apparterrebbero alle funzioni del territorio da impiegare ad ore negli ambulatori delle Asl ma che da anni, a fronte delle carenze di personale, sono invece impiegati nei turni ospedalieri e anche nei pronto soccorso. Convenzionati interni, dunque, che lavorano in regime di esclusività, svolgendo turni di guardia e attività aggiuntive per sopperire alla carenza di organico della dirigenza medica ed all’abbattimento delle liste d’attesa.
«Con l’introduzione del Decreto-Legge n. 73 del 7 giugno 2024, convertito con modificazioni nella Legge n. 107 del 29 luglio 2024, che ha introdotto la detassazione al 15% per le prestazioni aggiuntive effettuate dal personale sanitario – spiega Sofia Buonanno specialista ambulatoriale che si divide nei turni tra il Pellegrini del centro storico di Napoli e l’ospedale di Capri – siamo stati notevolmente penalizzati e discriminati. Infatti, La normativa in questione limita l’applicazione del beneficio fiscale ai soli dirigenti medici compresi nel Contratto collettivo nazionale di categoria (CCNL), ai professori universitari, agli infermieri e finanche ai medici specializzandi e per queste ultime due categorie è stata addirittura applicata una tassazione agevolata al 5%. Noi specialisti ambulatoriali interni, che svolgiamo quotidianamente nei Pronto soccorso nei reparti di degenza e nelle sale operatorie le medesime mansioni attribuite al personale sanitario dipendente, con pari livello di responsabilità e contributo al funzionamento dell’assistenza vista la carenza cronica di personale, siamo esclusi da questo beneficio. Una palese e inaccettabile discriminazione a cui il legislatore deve porre rimedio”.
Insomma i camici bianchi puntano il dito su un decreto legislativo che ha escluso ingiustamente dal beneficio fiscale i medici specialisti ambulatoriali interni che cooperano a pieno titolo nel lavoro di smaltimento delle code e spesso impiegati anche nei turni ospedalieri di area critica a tamponare le carenze. «Si premia il soggetto destinatario di un decreto, in questo caso solo le categorie appartenenti al contratto e non l’oggetto dello stesso, cioè l’incentivazione delle prestazioni aggiuntive». Una disparità di trattamento tra medici che svolgono le stesse funzioni, con il medesimo profilo di responsabilità dunque che reclama correttivi.
Intanto in Campania sempre Ciarambino, vicepresidente del Consiglio regionale e componente del Gruppo Misto – ha presentato e visto approvata all’unanimità una seconda mozione per garantire, in Asl e ospedali, l’applicazione delle norme relative alla dirigenza sanitaria. «Sin dal mio ingresso in Consiglio regionale mi sono battuta per l’attivazione della dirigenza delle professioni sanitarie nelle nostre Asl e Aziende ospedaliere – spiega – dando finalmente attuazione a una legge di oltre 20 anni fa, la 251/2000. Con l’approvazione unanime della mia mozione odierna diamo completezza a questo percorso iniziato in Regione Campania 4 anni fa, prevedendo di colmare la complessiva carenza di queste figure in tutti gli Enti del SSR attraverso lo scorrimento coordinato di tutte le graduatorie esistenti. L’obiettivo è valorizzare la dignità professionale di straordinari professionisti che, specie negli ultimi anni, hanno raggiunto alti livelli di formazione universitaria e post universitaria, ma che continuano in taluni contesti a essere considerati alla stregua di assistenti o sottoposti dei medici. Ma punta soprattutto a qualificare ancor di più l’assistenza sanitaria per i nostri cittadini, grazie a una migliore organizzazione. Ad oggi sono ancora dieci le aziende sanitarie totalmente sprovviste di dirigenti delle professioni sanitarie e dei relativi servizi. Lo scorrimento unico regionale, già sperimentato per gli Oss, consentirà di soddisfare con tempestività il fabbisogno complessivo di tutte le Asl, dando un’opportunità ai tanti professionisti presenti nelle graduatorie» conclude Ciarambino.
Dopo venti anni di norme e leggi (a partire dalla 251 del 2000) che ne hanno disciplinato l’istituzione e nonostante le ripetute circolari che Palazzo Santa Lucia ha inviato ai manager di Asl e ospedali l’organizzazione nell’ambito dei ruoli di Asl, ospedali ed enti sanitari pubblici è in Campania ancora attuata a macchia di leopardo e spesso le aziende, soprattutto i grandi ospedali, adottano un unico profilo dirigenziale per tutte le professioni contrariamente a quanto previsto dalla legge. “Allo stato attuale, nonostante le sollecitazione, inviti, lamentele, diffide avanzate a più riprese dal nostro Ordine – aggiunge Franco Ascolese presidente dell’Ente di autogoverno di 18 profili sanitari iscritti a Napoli, Avellino, Benevento e Caserta e fresco di elezione nel Comitato centrale della Federazione nazionale degli Ordini nella lista vicitrice guidata da Diego Catania – tra i colleghi contiamo pochissime figure dirigenziali e, ove previste, il dirigente è unico, posto al coordinamento di tutti i professionisti afferenti le aree sanitarie (infermieristica, tecnica, della riabilitazione e della prevenzione) laddove invece la norme ne prevede l’istituzione per ciascuna area”.
Altre regioni italiane su questo fronte hanno recuperato i ritardi e possono rappresentare un modello: la legge regionale n. 84 del 2015 della Toscana ad esempio prevede i Dipartimenti delle professioni sanitarie all’interno dei quali devono essere incardinati i singoli dirigenti per area. Nel Lazio, invece, sono molteplici le aziende sanitarie che contemplano i Dipartimenti delle professioni sanitarie, affidati esclusivamente ai professionisti sanitari (di cui alla l. 251 del 2000). E non è soltanto il centro nord ad essersi portato avanti: anche in Sicilia ciascuna azienda sanitaria affida ad un singolo dirigente l’area di competenza e, attualmente, sono pienamente in corso le procedure concorsuali per l’affidamento degli incarichi dirigenziali così come previsti dalla legge 251/2000.
Le conseguenze della mancata attuazione della normativa nazionale e regionale sono influenti sul piano della funzionalità dei servizi, della loro qualità erogativa e assistenziale. Una organizzazione che prescinda dalle direzioni delle professioni sanitarie, infatti, non garantisce adeguate risposte ai bisogni di assistenza (infermieristica, ostetrica, riabilitatica, tecnico- sanitaria, e di prevenzione) in termini di appropriatezza, qualità ed efficacia. La mancanza di figure dirigenziali si riflette pertanto sui Livelli essenziali di assistenza (Lea) che ha visto non a caso la Campania solo negli ultimi due anni guadagnare una minima sufficienza rispetto ai livelli raggiunti negli ultimi lustri durante il Piano di rientro e il commissariamento.
Eppure la Regione Campania il 23 dicembre 2015 con la legge n. 20 “Misure per introdurre la cultura della responsabilità nell’organizzazione sanitaria nonché migliorare i servizi ai cittadini” ha proceduto a modificare la precedente norma regionale 3 novembre 1994, n. 32 ribadendo la necessità dei profili dirigenziali delle professioni sanitarie e l’obbligatoria partecipazione di un delegato dei dirigenti delle professioni sanitarie nei Collegi di direzione delle aziende sanitarie e ospedaliere. Una disposizione, dunque da attuare in quanto spesso disattesa, tranne alcune virtuose eccezioni.

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