Un’innovativa terapia immunologica per il cancro ovarico resistente mostra risultati promettenti nei trial clinici internazionali.
Una svolta nella lotta contro il cancro ovarico arriva da una collaborazione tra il King’s College London e l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. I ricercatori hanno testato un nuovo anticorpo, chiamato MOv18 IgE, che potrebbe rivoluzionare il trattamento dei tumori solidi, in particolare del carcinoma ovarico resistente alle terapie tradizionali. Il cancro ovarico è attualmente una delle principali cause di mortalità oncologica femminile, posizionandosi al quinto posto tra le patologie tumorali più letali per le donne. La sua diagnosi tardiva e la tendenza a sviluppare resistenza alle chemioterapie convenzionali rendono questa neoplasia particolarmente insidiosa. In questo scenario, le nuove strategie terapeutiche, come quelle basate su anticorpi monoclonali, rappresentano una linea d’azione sempre più esplorata dalla comunità scientifica.
Una storia che parte dall’Italia
L’anticorpo MOv18 IgE ha una lunga storia alle spalle che parte proprio dall’Italia. Negli anni Ottanta, presso l’Istituto Nazionale dei Tumori, il team della dottoressa Maria Ines Colnaghi individuò la versione originaria dell’anticorpo nella sua forma IgG. È stata poi la dottoressa Mariangela Figini a ingegnerizzare la molecola nella sua attuale versione IgE, aprendo la strada a un nuovo approccio terapeutico. Il coinvolgimento della dottoressa Sophia Karagiannis del King’s College London ha poi ampliato la portata della ricerca, rendendo possibile l’avvio di studi clinici in ambito internazionale.
Riattivare il sistema immunitario
I risultati di uno studio clinico di fase I, pubblicati su Nature Communications (2023), hanno confermato la sicurezza e la tollerabilità del trattamento, evidenziando anche primi segnali di efficacia: in particolare, MOv18 IgE ha ridotto le dimensioni tumorali in una paziente che non rispondeva alle terapie convenzionali. A rendere unica questa terapia è la sua capacità di riattivare il sistema immunitario attraverso l’azione combinata su macrofagi e linfociti T, due componenti fondamentali nella risposta antitumorale. MOv18 IgE si è dimostrato in grado di “risvegliare” macrofagi resi inattivi dal tumore (Nature Communications – 2025), contribuendo a ripristinare un microambiente immunitario favorevole al controllo della crescita tumorale.
Nuove prospettive contro il carcinoma ovarico resistente
Attualmente, MOv18 IgE è oggetto di uno studio clinico di fase Ib, volto a trattare il carcinoma ovarico resistente al platino, una delle forme più difficili da curare. Il progetto è sostenuto da importanti enti di ricerca britannici, tra cui Cancer Research UK, il Medical Research Council e l’organizzazione Breast Cancer Now. Questo supporto testimonia l’interesse globale verso soluzioni terapeutiche innovative contro il cancro ovarico e sottolinea il valore delle collaborazioni tra istituzioni accademiche internazionali. L’azione dell’anticorpo MOv18 IgE si basa sul riconoscimento di un bersaglio specifico, ovvero il recettore alfa del folato, frequentemente espresso nei tumori epiteliali dell’ovaio. Questo rende possibile una terapia altamente selettiva, che colpisce le cellule tumorali risparmiando quelle sane. La specificità del meccanismo d’azione riduce i rischi di effetti collaterali sistemici e potrebbe rappresentare un’alternativa efficace per tutte le pazienti che non beneficiano dei trattamenti standard. L’impatto della ricerca italiana, grazie all’apporto dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, si conferma centrale nello sviluppo di questa nuova generazione di immunoterapie. MOv18 IgE rappresenta infatti un esempio concreto di come l’eccellenza scientifica nazionale possa contribuire a progressi clinici di rilievo internazionale nella cura del cancro ovarico.