Un fungo di Chernobyl potrebbe essere la chiave per la colonizzazione di Marte. Sono passati oltre 34 anni da quel fatidico 26 aprile 1986 segnato dalla rottura e dalla successiva fusione del reattore n°4 della centrale nucleare di Chernobyl.
Da quel giorno non solo si studiano gli effetti del reattore che ancora oggi scava il suo sarcofago di cemento scendendo sempre più in basso ma gli scienziati di tutto il mondo studiano l’area del disastro nucleare per capire come la natura non solo sia potuta sopravvivere a quel dramma nucleare ma addirittura adattarsi alle radiazioni.
L’ultima scoperta riguarda un fungo che cresce addirittura all’interno del reattore irradiato dai raggi gamma. Gli scienziati hanno scoperto che, allo stesso modo in cui le piante convertono anidride carbonica e clorofilla in ossigeno e glucosio attraverso la fotosintesi, questi funghi hanno assorbito raggi mortali che gli hanno permesso di produrre energia.
Fungo di Chernobyl e radiosintesi
Questo processo – la radiosintesi salutata – ha catturato l’attenzione degli scienziati a causa delle sue implicazioni potenzialmente rivoluzionarie.
Questo strano fungo nero potrebbe infatti consentire ai malati di cancro sottoposti a radioterapia senza esporsi eccessivamente alle radiazioni, agli ingegneri delle centrali nucleari e ai piloti delle compagnie aeree di operare senza il timore di assorbire una mortale dose di raggi. Le implicazioni di questo fungo però possono trascendere la biotecnologia terrestre e diventare la chiave per vivere su Marte.
Infatti il pianeta rosso oltre che essere primo di vita ed inospitale è ricoperto da un elevato livello di radioattività. Gli scienziati ipotizzano che creare delle coperture di circa 21 centimetri di spessore di questi funghi potrebbe isolare un’ipotetica struttura dalle radiazioni consentendo quindi agli esseri umani di viverci