I cardiologi lanciano l’allarme: la pandemia ha cambiato e peggiorato gli stili di vita degli italiani in maniera rapida. Sono i giovani a pagare il prezzo più salato.
La salute del cuore degli italiani, insieme a quella di tutto il mondo occidentale, è peggiorata. Basti pensare che circa il 44% del totale dei decessi nel nostro Paese sono dovuti a malattie cardiovascolari come infarto e ictus. Malori – e morti improvvise –- anche tra i giovani. Cosa sta succedendo? I complottisti gridano al vaccino, ma il vaccino non c’entra. C’etra però il Covid-19, c’entrano i 3 anni di pandemia.
“Stiamo vivendo un momento storico particolare”, spiega il Professor Furio Colivicchi, Presidente dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) – Associazione che raggruppa 6mila cardiologici impegnati nella prevenzione e nella cura delle malattie cardiovascolari che lavorano nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale -,in occasione della Giornata Nazionale del Cuore. “Stiamo uscendo in maniera lenta e faticosa dalla fase pandemica, portandoci dietro un carico di problematiche legate al fatto che, nei 3 anni della pandemia Covid-19, le malattie cardiovascolari sono state curate in moltissime realtà in maniera inadeguata”.
Al fine di richiamare l’attenzione della popolazione sui rischi molto seri correlati alle malattie cardiovascolari, per evitare anche che queste creino problemi di sanità pubblica, Motore Sanità ha organizzato l’evento “PNRR, IPERCOLESTEROLEMIA, RISCHIO CARDIOVASCOLARE – TRA BISOGNI IRRISOLTI, INNOVAZIONE E NUOVE NECESSITÀ ORGANIZZATIVE”.
È stata questa anche l’occasione per sottolineare ancora un altro aspetto: ovvero che queste malattie cardiovascolari determinano una disabilità importante in chi sopravvive a un evento di ictus e infarto, incidendo in maniera significativa sulla qualità di vita di queste persone e delle loro famiglie, così come ha evidenziato Fabrizio Giovanni Oliva, Direttore Struttura complessa Cardiologia 1-Emodinamica-Unità di Cure Intensive Cardiologiche, Ospedale Niguarda Milano e Presidente designato ANMCO.
I FATTORI DI RISCHIO
In fase pandemica sono peggiorati gli stili di vita: sono aumentati i fumatori, è aumentata la sedentarietà (anche per colpa dello smart working), l’incidenza dell’obesità e di eccesso di peso più in generale. Fattori che, nel tempo, portano con sé un problema al nostro cuore.
Analisi condotte sul consumo di tabacco e suoi derivati, attestano un incremento significativo di fumatori, che supera il 10% rispetto ai livelli pre-pandemici. “Questo ci fa dedurre che non solo sono aumentati i fumatori, ma anche che chi già fumava adesso fuma di più”, precisa Colivicchi. “Sappiamo inoltre che le persone di sono curate di meno – continua il Professore. “Nel periodo più pesante della pandemia, c’è stato un crollo delle vendite nelle farmacie dei farmaci per la cura dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia di oltre il 20%. Questo si rapporta a un peggioramento complessivo della gestione di questi due fattori di rischio. Lo abbiamo visto anche nelle attività di Pronto Soccorso: per lo scompenso cardiaco, che è la fase finale di sviluppo della malattia, gli accessi sono aumentati di oltre il 25% e la mortalità in ospedale dei pazienti scompensati è salita al 15-20% (nel periodo della pandemia era triplicata)”. Tutti questi indicatori compongono una sorta di mosaico che ci racconta come la situazione delle malattie cardiovascolari in Italia sia in deciso peggioramento. “Non dimentichiamo poi la solitudine e la minor interazione con altre persone, altre eredità negative che ci lascia la pandemia, insieme all’aumento del disagio della fatica di vivere in una realtà complessa come quella che affrontiamo oggi”, conclude il Presidente di ANMCO. “Gli effetti di un contesto sociale impoverito si riscontrano anche nei giovani. In più, c’è anche il fattore di abuso di sostanze stupefacenti, che è esploso in questo periodo. Non dobbiamo dimenticare che tutte le sostanze stupefacenti hanno effetti sfavorevoli sull’apparato cardiocircolatorio e possono precipitare negli eventi acuti. E ciò si vede appunto molto nei giovani, che hanno meno attenzione perché pensano di essere esenti da rischi”.
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