Dalla richiesta di una maggiore autonomia per la gestione delle risorse a disposizione delle Regioni in Sanità alle strategie per affrontare il tema spinoso delle liste d’attesa. È un contributo importante quello portato dagli Assessori alla Sanità di Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria intervenuti oggi alla Cernobbio School organizzata da Motore Sanità.
Guido Bertolaso, Assessore della Regione Lombardia, riprendendo il titolo della tre giorni di eventi e tavole rotonde che proseguiranno anche domani a Villa Erba, ha sottolineato la necessità di “passare dalle idee all’azione, dalla politica delle idee alla politica delle cose”. E “la prima delle questioni fondamentali – secondo Bertolaso – è il riparto del fondo sanitario nazionale che viene attribuito per ogni Regione sulla base di alcuni criteri, alcuni giusti, altri discutibili”. Secondo Bertolaso le Regioni “che non hanno i conti in rosso dovrebbero poter avere una maggiore flessibilità sull’utilizzo della fetta loro attribuita dalla torta nazionale dei finanziamenti per poter “portare avanti una serie di politiche e strategie in autonomia. A partire da quelle relative alla prevenzione e agli screening”.
L’assessore alla Sanità e al Sociale della Regione Veneto, Manuela Lanzarin, ha ricordato il peso delll’invecchiamento della popolazione che richiede di cambiare i modelli con cui si affrontano le cronicità. E come questo “richieda un passaggio culturale a cui devono essere pronti anche i cittadini”. “Serve un grande cambiamento culturale – ha chiarito Lanzarin – indispensabile nel momento in cui sarà messa a terra tutta l’infrastruttura prevista dalla missione 6 del Pnrr e il Dm 77, le case e gli ospedali di comunità, le Cot, l’infermiere di famiglia, piuttosto che un’assistenza domiciliare più sostenuta”. Novità fondamentali che, tra le altre cose, “ci dovrebbero permettere di decongestionare i nostri Pronto Soccorso dai codici minori, indirizzando le persone verso i nuovi presidi”. Altro grande tema è quello della medicina territoriale. “Una partita difficile, ma imprescindibile” che si può vincere a patto di sciogliere innanzitutto il nodo della carenza di personale. “Magari – ha proposto l’assessore del Veneto – raggruppando alcune specializzazioni, con una visione diversa rispetto alla formazione”. “Il sistema universalistico – ha concluso Lanzarin – è da difendere fino alla fine ma dovremo utilizzare le risorse il meglio possibile. Se le Regioni che non siano in piano di rientro potessero utilizzare i fondi con maggiore flessibilità, non a silos come avviene adesso, rendicontando ovviamente tutto, forse riusciremmo a dare risposte migliori”.
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Massimo Nicolò, assessore alla Sanità della Liguria, ha sottolineato come la sua regione sia una sorta di laboratorio per immaginare cosa potrà accadere altrove tra 10-15 anni. “In Liguria – ha detto – abbiamo una media del 20-25% di ultrasessantenni, la nostra Regione precorre un po’ i tempi e tutte le criticità che si stanno registrando dal punto di vista della gestione sociosanitaria”. Il problema, ha spiegato “è la gestione del post acuto, quando il paziente diventa cronico e non ha più solo una patologia acuta, ma varie comorbilità. C’è poi la questione cruciale della gestione dell’anziano non autosufficiente nelle Rsa. Problematiche sanitarie che si incrociano inevitabilmente quelle sociali”. Nicolò ha anche parlato di autonomia differenziata: “Ci sono alcuni presidenti – ha detto – come il nostro, che hanno dichiarato la volontà di andare avanti in questo percorso, altri che si sono tirati indietro. Io credo che se siamo in una situazione in cui lo Stato ci dà un salvadanaio e ci dice “questo è il vostro e dovete spenderlo”, intanto bisogna capire se è sufficiente perché non sempre lo è. O meglio, non sempre lo è per alcune Regioni. I nostri costi indiretti – ragiona l’assessore – con l’indice di vecchiaia sono in proporzione nettamente superiori e sono gli stessi che le altre Regioni avranno tra 10-15 anni”. Dunque, una maggiore autonomia sarebbe utile e necessaria. Ad esempio, potendo decidere di “distribuire differentemente questi soldi alle categorie professionali che lavorano in sanità”.
Federico Riboldi, Assessore alla Sanità del Piemonte, ha poi sottolineato “la differenza tra efficienza ed efficacia”. “Noi – ha ricostruito – abbiamo vissuto gli anni difficili del piano di rientro, che richiedeva di pensare all’efficienza, a spendere meno per rientrare nei parametri”. Ma “l’efficacia, in Sanità, è un’altra cosa: ossia spendere meno sulla spesa non clinica e investire su questa più risorse possibili”. Secondo Riboldi, “bisogna tagliare le spese eccessive, affitti per sedi che non servono, migliorare l’impatto degli amministrativi sui reparti, migliorare la logistica. Piccole leve che, uniti possono fare la differenza liberando economie di scala che sono l’unica spesa libera che abbiamo disponibile per mettere al centro il paziente”. Il secondo punto fondamentale, secondo Riboldi, “è curare chi ha davvero bisogno”. E “una Sanità matura non ha paura di essere impopolare”, spiega l’assessore, che ricorda come abbia deciso di far pagare il ticket a chi non si presenta alla visita senza disdire. E poi c’è “l’aspetto sociale, con una chiara sperequazione tra chi ha diritto di accesso alle cure e chi non ce l’ha. In Regioni come la Liguria e il Piemonte abbiamo una forchetta che va dall’8 al 10% di cittadini che non hanno risorse per la sanità privata e non riescono ad accedere per lungaggini e burocrazia alla sanità pubblica. E non serve parlare alla pancia ma occorre agire con azioni concrete, riportando questa forchetta, che in Piemonte riguarda circa 300mila persone che non riescono ad accedervi, nell’alveo della Sanità pubblica. Siamo al bivio. E quindi dobbiamo mettere una marcia in più. Per recuperare le liste arretrate. In Piemonte, dal 22 di questo mese, tutte le 74 strutture sanitarie regionali effettueranno prestazioni aggiuntive la sera, il sabato e la domenica su base volontaria, con un’adesione fortissima”.